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Capire e tradurre il Perfetto greco

by Giorgio Zangrandi

di Giulia Regoliosi

(da Zetesis 2006-1)

Premessa

Lo studente che esce dal biennio ha generalmente appreso che l᾿opposizione aoristo/perfetto equivale all᾿opposizione italiana passato remoto/passato prossimo. Anche i manuali (compresi i versionari del triennio) che introducono una trattazione dell᾿aspetto verbale la limitano ad alcune considerazioni teoriche, cui corrisponde quasi sempre la proposta di traduzione consueta. Diventa pertanto difficilissimo persuadere i ragazzi del fatto che: 1. il sistema verbale greco obbedisce ad una logica e ad interessi comunicativi differenti dal sistema latino-neolatino; 2. l᾿opposizione passato remoto ~ passato prossimo italiano riguarda non la lontananza maggiore o minore dell᾿azione, e neppure la sua ricaduta o meno sul presente, ma il permanere o meno del contesto temporale: un attimo fa io andai ~ quest᾿anno sono andato: pertanto non c᾿entra assolutamente niente con l᾿opposizione greca (per non dire che in varie parti d᾿Italia l᾿opposizione non esiste del tutto e il passato remoto è un fossile sconosciuto, per cui proporre questa opposizione significa introdurre uno schema fittizio e incomprensibile); 3) dire “aspetto risultativo” significa dire che l᾿indicativo perfetto è avvertito dai greci come un tipo di presente di cui ha anche le desinenze principali (e nel tema dell᾿aspetto risultativo l᾿opposizione perfetto/piuccheperfetto riproduce l᾿opposizione presente/imperfetto dell᾿aspetto durativo; solo l᾿aspetto puntuale possiede un unico indicativo); 4) tradurre il perfetto significa trovare modalità espressive della lingua italiana al di fuori delle opposizioni offerte dal sistema verbale (ad esempio utilizzando predicati nominali o variando il lessico), salvo rassegnarsi ad una traduzione consapevolmente approssimativa nel caso che, esperite tutte le possibilità, non si riesca a trovare una resa soddisfacente; 5) i vocabolari offrono materiale anche utilizzabile ma espresso per lo più in modo confuso.

 Proponiamo alcune indicazioni e alcuni esempi.

1. I verbi dell᾿essere e del divenire

Γίγνομαι è forse il verbo più interessante, soprattutto se leggiamo testi filosofico-religiosi. E᾿ il verbo del divenire contrapposto ad εἰμί che è il verbo dell᾿essere; indica nel presente/aoristo qualunque passaggio fra il non-essere e l᾿essere (nascere, accadere, esserci) o fra un modo e un altro di essere (divenire); al perfetto indica l᾿essere risultativo che proviene da nascita, accadimento, trasformazione o creazione. Nella traduzione italiana, mancando un᾿opposizione analoga, si può tradurre γέγονα con “io sono”, oppure “ci sono”, “risulto”, salvo che si voglia o possa effettuare una traduzione esplicativa tipo “sono per nascita, per creazione, in seguito a mutamento”, e simili, comunque con un presente.

Possiamo prendere come testo un passo del Timeo platonico:

ταῦτα δὲ πάντα μέρη χρόνου, καὶ τό τ᾿ἦν τό τ᾿ἔσται χρόνου γεγονότα εἴδη, ἃ δὴ φέροντες λανθάνομεν ἐπὶ τὴν ἀίδιον οὐσίαν οὐκ ὀρθῶς. λέγομεν γὰρ δὴ ὡς ἦν ἔστιν τε καὶ ἔσται, τῇ δὲ τὸ ἔστιν μόνον κατὰ τὸν ἀληθῆ λόγον προσήκει, τὸ δὲ ἦν τό τ᾿ ἔσται περὶ τὴν ἐν χρόνῳ γένεσιν ἰοῦσαν πρέπει λέγεσθαι – κινήσεις γάρ ἐστον, τὸ δὲ ἀεὶ κατὰ ταὐτὰ ἔχον ἀκινήτως οὔτε πρεσβύτερον οὔτε νεώτερον προσήκει γίγνεσθαι διὰ χρόνου οὐδὲ γενέσθαι ποτὲ οὐδὲ γεγονέναι νῦν οὐδ᾿ εἰς αὖθις ἔσεσθαι … καὶ πρὸς τούτοις ἔτι τὰ τοιάδε, τό τε γεγονὸς εἶναι γεγονὸς καὶ τὸ γιγνόμενον εἶναι γιγνόμενον, ἔτι τε τὸ γενησόμενον εἶναι γενησόμενον καὶ τὸ μὴ ὂν μὴ ὂν εἶναι. (37 e-38 b)

 Tutte queste cose sono parti del tempo e era sarà sono aspetti del tempo, ma noi senza rendercene conto li riferiamo erroneamente all᾿essenza eterna. Diciamo infatti che era, è e sarà, ma in verità le si addice solo è, mentre è corretto dire era e sarà per il divenire che si muove nel tempo (infatti sono due movimenti, e invece a ciò che è sempre ugualmente immobile non spetta di divenire né più vecchio né più giovane attraverso il tempo né di esserlo mai divenuto, né di esserlo ora, né in futuro)… e inoltre non è corretto dire anche tali cose, che ciò che c᾿è è e ciò che diviene è diveniente e ciò che diverrà è sul punto di divenire e il non essere è non essere.

 Tutto il passo, in cui si contrappone il tempo all᾿eterno, di cui pure è imitazione per volere del demiurgo, è giocato sul contrasto fra l᾿essere immobile nel presente e l᾿opera del demiurgo che ha un᾿origine, un passato e un futuro, un movimento e un divenire (linguisticamente il solo presente di εἰμί è accettato per esprimere l᾿essere, neppure tutta la coniugazione). In questo contesto il perfetto indica un presente risultativo, frutto di una generazione del demiurgo: abbiamo suggerito traduzioni diverse, adattandole al testo estremamente difficile.

Un altro passo utilizzabile è il prologo del Vangelo di Giovanni:

᾿Εν ἀρχῇ ἦν ὁ λόγος, καὶ ὁ λόγος ἦν πρὸς τὸν θεόν,

καὶ θεὸς ἦν ὁ λόγος.

οὗτος ἦν ἐν ἀρχῇ πρὸς τὸν θεόν.

πάντα δι᾿ αὐτοῦ ἐγένετο, καὶ χωρὶς αὐτοῦ ἐγένετο οὐδὲ

ἓν ὃ γέγονεν

In principio era il logos e il logos era presso Dio, e il logos era Dio. Questi era in principio presso Dio. Tutto ebbe origine per mezzo di Lui, e senza di Lui non ebbe origine nulla di ciò che c᾿è.

Anche qui il contrasto è fra Dio a cui si riferisce εἰμί (Giovanni usa l᾿imperfetto per indicare la durata eterna dell᾿essere, a differenza di Platone) e il creato a cui si riferisce γίγνομαι, aoristo per indicare il momento dell᾿origine e perfetto per indicare l᾿esserci di tutta la realtà creata. Notiamo come la Vulgata traduca la frase finale omnia per ipsum facta sunt, et sine ipso factum est nihil quod factum est, non rilevando la differenza fra aoristo e perfetto, oppure rilevandola con due perfetti storici e uno cosiddetto logico, peraltro formalmente uguali. La traduzione ecclesiastica recupera la differenza aspettuale: Tutto fu fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla fu fatto di ciò che esiste.

Confrontiamo le proposte dei vocabolari. Il lemma γίγνομαι del Rocci è così concepito: significati fondamentalinascere, essere, diventare. Successivamente i tre significati sono analizzati minutamente, senza alcuna distinzione aspettuale; solo da qualche esempio molto particolare si potrebbe ricavare il senso del perfetto, come ὁ γεγονὼς ἀριθμός “il numero risultante”.

Il lemma del GI ha, secondo l᾿uso di questo vocabolario, una parte riassuntiva a fondo grigio, poi ripresa con esempi: a) diventare, divenire; b) essere; c) diventare, essere, appartenere; d) nascere, essere creato (segue il valore causativo far nascere, generare della forma ἐγεινάμην impropriamente considerata appartenente al verbo); e) nascere, sorgereprodursi, apparire / trascorrere, passare/ verificarsi, accadere, esserci/ risultare, essere prodotto, provenire. Anche qui non è dato nessun rilievo a differenze aspettuali, ma le differenze sembrano essere legate solo alle diverse reggenze del verbo. L᾿unico accenno all᾿aspetto è un frase parentetica che spiega che il perfetto attivo significa generalmente essere nato: molto confuso. Però vi sono nella parte analitica esempi utili: κάλλιόν τι γεγόνασι “sono di migliore origine”, πλεῖόν τιγεγονότες ἢ τὰ πεντήκοντα ἔτη… “di età superiore a cinquant᾿anni”, γεγονέτω“si supponga, sia dato (in matematica)”. Altri esempi confondono le idee.

Sarebbe dunque il caso di ricostruire per gli studenti un lemma così concepito: nelle forme verbali che indicano azione, cioè nel tema del presente, futuro e aoristo, i significati sono diventare, nascere, accadere, e simili; al perfettosignifica essere (in seguito a divenire), risultare, essere per nascita, ecc.

Analoghe difficoltà s᾿incontrano con altri verbi che al tema del perfetto indicano l᾿essere risultativo, quali πέφυκα e καθέστηκα.

Es. οἱ ῥαδίως τοῖς ἐχθροῖς πιστεύοντες … εὐάλωτοι τούτοις γίγνονται οἷς πρότερον φοβεροὶ καθεστήκεσαν (Aesop.)

Coloro che prestano fede con leggerezza ai nemici divengono preda per coloro per cui prima erano temibili.

Nel Rocci sia φύω sia καθίστημι sono considerati essenzialmente dal punto di vista dell᾿opposizione transitivo-intransitivo: ad esempio sono la voce II intr. di καθίστημι sono inserite tutte le forme intransitive, inizialmente con una distinzione (mi pongo, costituisco, metto; mi presento qu. pervengo; arrivo; giungo; vengo; vado; divento e nel pf. sono divenuto, arrivato qu. sto; mi trovo; sono), al secondo punto senza più distinzione: mi calmo, fermo; sono calmo, stabile, stabilito, fermo, in vigore, in uso; sono; sto. E᾿ evidente che uno studente di medie capacità considererà equivalente tradurre mi fermo e sono fermo, non essendoci indicata la differenza. Gli esempi riportati sono molti e utilizzabili, ma mescolati fra presente medio, aoristo terzo e perfetto, così da confondere i valori aspettuali.

Analogamente il GI nella parte iniziale riassuntiva distingue fra transitivo e intransitivo; per quest᾿ultimo i significati sono essere, stare, trovarsi, essere posto, disporsi, venire innanzi ecc., cioè una mescolanza di azioni e condizioni: nuovamente rileviamo come lo studente medio tradurrà indifferentemente essere posto e disporsi, senza essere messo in grado di cogliere la diversità.

Del resto accade lo stesso col verbo semplice ἵστημι. Nel Rocci si ha anche qui l᾿opposizione transitivo-intransitivo; sotto quest᾿ultima voce si trova subito una parentesi con la seguente indicazione: NB. ἕστηκα, ha ord. sens. di pres. sto; mi trovo;sono, più energico di εἶναι, il ppf εἱστήκειν, come impf. (sic, comprese le virgole). Sembra chiaro dalla curiosa parola energico che l᾿opposizione con εἶναι non è percepita nel suo senso aspettuale-concettuale. Il resto del sottolemma mescola nuovamente i significati aspettuali. Anche per questi verbi sarebbe dunque opportuno ricostruire tutto il lemma inserendo più chiaramente (o inserendo del tutto dove non c᾿è) l᾿opposizione aspettuale.

2. Variare la traduzione

Il caso di essere ~ divenire non è l᾿unico in cui si debba giocare sul variare del lessico.

I. Χρὴ οὖν μεμνημένους τῶν ἡμετέρων λόγων, ἐὰν τι καὶ ἄλλο ἀσκῆτε, ἀσκεῖν μετ᾿ ἀρετῆς, εἰδότας ὅτι τούτου λειπόμενα πάντα καὶ κτήματα καὶ ἑπιτηδεύματα αἰσχρὰ καὶ κακά. Οὔτε γὰρ πλοῦτος κάλλος φέρει τῷ κεκτημένῳ μετ᾿ἀνανδρίας, οὔτε σώματος κάλλος καὶ ἱσχὺς δειλῷ καὶ κακῷ ξυνοικοῦντα πρέποντα φαίνεται. (Pl.)

Dovete dunque, ricordando le nostre parole, qualora esercitiate qualche altra cosa, esercitarla con la virtù, sapendo che senza di ciò sia i beni sia le attività sono brutti e cattivi. Nè infatti la ricchezza procura bellezza a chi la possiede con viltà, né la bellezza e la forza fisica se si trovano in un uomo vile e cattivo risultano appropriate.

Tre verbi in cui è possibile una buona resa del perfetto; oltre al classico οῖδα (sapere vs vedere), anche gli altri due richiedono nella traduzione di variare rispetto alla serie presente-futuro-aoristo: ricordare (come condizione) differenziato da ricordarsi (come azione) e possedere (come condizione) differenziato da acquistare (come azione).

II. Τὰ δῶρα πᾶσι διέδωκε ὥσπερ εἰώθει (Sen.)

Distribuì a tutti i doni come era solito.

Al presente (così come al futuro e all᾿aoristo) il verbo significa prendere l᾿abitudine, abituarsi; al perfetto-piucheperfetto l᾿abitudine è acquisita, quindi essere solito, avere l᾿abitudine.

III. Δέδοικα μὴ οὐκ ἔχω τοσαύτην σοφίαν (Xen.)

Ho paura di non avere una sapienza così grande.

Analogamente δέδοικα significa ho paura, mentre in altre forme il verbo δείδω significherà prendere paura, spaventarsi.

IV. Αὐτὸς μὲν νέος εἰμὶ καὶ οὔ πω χερσὶ πέποιθα / ἄνδρ᾿ἀπαμύνασθαι (Hom.)

Io sono giovane e non ho ancora fiducia nelle mie mani per respingere un adulto.

L᾿opposizione aspettuale è qui fra persuadere e avere fiducia. Al medio il perfetto πεπείσμαι significa sono persuaso, ho la certezza, e questo ci porta al punto successivo.

3. Forme di perfetto e piuccheperfetto medio-passivo di facile resa italiana.

I. Οὕτω γὰρ ἦν ἄπιστος καὶ πρὸς ἅπαντας ἀνθρώπους ἄποπτος καὶ προβεβλημένος διὰ φόβον ὁ πρεσβύτερος Διονύσιος… (Plut.)

Dionigi il vecchio era così diffidente e sospettoso verso tuttι gli uomini e sulla difensiva a causa della paura….

I tre predicativi sono due aggettivi e un participio perfetto: al di là della proposta di traduzione è importante far notare che le tre parole svolgono la stessa funzione, cioè che il participio perfetto indica una caratteristica consolidata, non un᾿azione in corso o avvenuta.

II. Εἰσῄει δὲ πρὸς αὐτὸν εἰς τὸ δομάτιον οὔτ᾿ ἀδεκφὸς οὔθ᾿ υἱὸς ὡς ἔτυχεν ἠμφιεσμένος …

Non entravano in camera da lui né il fratello né il figlio vestiti com᾿erano … (Plut.)

Vestito appartiene alla serie dei participi italiani che indicano una condizione e quindi si prestano particolarmente a tradurre participi perfetti o, in un predicato, indicativi perfetti/piucheperfetti. Αltri: seduto-scritto-appeso-dipinto-aperto-chiuso-acceso-spento-intitolato-chiamato, ecc.

III. Ἐπεγέγραπτο δέ· ἡ καλὴ λαβέτω … Κἀπειδὴ ὁ Ἑρμῆς ἀνελόμενος ἀπελέξατο τὰ γεγραμμένα, αἱ μὲν Νηρείδες ἡμεῖς ἐσιωπήσαμεν. (Luk.)

c᾿era scritto (scil. sulla mela): “La prenda la bella” … E dopoché Ermes raccoltala lesse ciò che c᾿era scritto, noi Nereidi tacemmo.

Scritto appartiene alla serie precedente; il participio sostantivato potrebbe tradursi anche la scrittail testo scritto e simili.

IV. Ὁ Γρύλλος, Ξενοφόντος υἱός, τεταγμένος κατὰ τοὺς ἱππέας … ἰσχυρῶς ἀγωνισάμενος ἐτελεύτησεν (Diog. Laert.)

Grillo, figlio di Senofonte, schierato fra i cavalieri …, morì combattendo accanitamente.

Il participio perfetto indica la collocazione che il giovane aveva durante la battaglia.

 V. Εἰσέπεμψεν οὖν ἁπελεύθερόν τινα ἐς Δελφούς, ἔχοντα κατεσφαγισμένην δέλτον (Plut.)

Mandò a Delfi un liberto con una tavoletta sigillata.

Un altro participio della serie indicata, qui attributivo.

 VI. Μυρσίνη δέ ἐστι Τροιζηνίοις τὰ φύλλα διὰ πάσης ἔχουσα τετρυπημένα (Paus.)

I Trezeni hanno una pianta di mirto con le foglie completamente perforate.

Un altro participio della serie, qui predicativo dell᾿oggetto.

 VII. Οἱ δὲ τὸ σῶμα πικρῶς ᾐκισμένον ἰδόντες ἐδέξαντο (Polien.)

Ed essi vedendo il suo corpo atrocemente devastato lo accolsero.

Ancora un participio dello stesso tipo, pure predicativo dell᾿oggetto.

 VIII. Κέχωσται δὲ πρὸς αὐτὸ μνῆμα Ἱππολύτου (Paus.)

Si erge vicino ad esso (scil. il tempio di Themis) la tomba di Ippolito.

Valore di presente risultativo per indicare la condizione dell᾿edificio visto dall᾿autore.

 IX. Τίς ἂν ῥήτωρ ἱκανὸς γένοιτο καταγορῆσαι τῶν Θηβαίοις ἡμαρτημένων; (Is.)

Quale oratore sarebbe capace di accusare gli errori dei Tebani?

Il participio sostantivato può essere ben reso con un sostantivo. Il cd dativo d᾿agente (non a caso in forma differente dal complemento d᾿agente con l᾿aspetto d᾿azione) viene a tradursi con un genitivo soggettivo.

 X. Ἐξέτασον τοίνυν παρ᾿ἄλληλα τὰ σοὶ κἀμοὶ βεβιωμένα (Dem.)

Esamina dunque l᾿una rispetto all᾿altra la tua vita e la mia.

Qui è possibile una buona resa del participio sostantivato + il cd dativo d᾿agente con un sostantivo + attributo: l᾿italiano vita esprime infatti sia il fatto di vivere, sia le vicende dell᾿esistenza già vissute, ma poste qui all᾿attenzione di un᾿indagine presente.

 XI. Καὶ εὐθὺς ἐπέστελλον τῷ Ἀννίβᾳ πᾶσαν τὴν Ἰβηρίαν ἀδεῶς ἐπιτρέχειν, ὡς τῶν σπονδῶν λελυμένων (App.)

E subito mandarono a dire ad Annibale di percorrere tutta l᾿Iberia tranquillamente, perché i patti erano sciolti.

Un participio della serie predetta al genitivo assoluto.

 XII. Ἐπαινεῖται δὲ τοῦ Σόλωνος καὶ ὁ κωλύων νόμος τὸν τεθνηκότα κακῶς ἀγορεύειν (Plut.)

Si loda di Solone anche la legge che proibisce di parlar male in pubblico di un defunto.

Il verbo θνῄσκω ha largo uso al perfetto soprattutto nel linguaggio solenne dei discorsi ufficiali. Frequente è anche la contrapposizione τεθνάναι / ζῆν, la morte come condizione definitiva e la vita come continuità.

 XIII. Ἀπηλλάχθαι πραγμάτων βέλτιον ἦν μοι (Pl.)

Era meglio per me essere libero da preoccupazioni.

Un esempio di traduzione che utilizza un predicato nominale invece del predicato verbale greco.

 XIV. Οἱ Χαλδαῖοι πολλῶν θανάτους προηγόρευσαν, εἶτα καὶ αὐτοὺς τὸ πεπρωμένον κατέλαβεν (M.Aur.)

I Caldei profetizzarono la morte di molti, poi anch᾿essi furono raggiunti dal destino.

Qui il participio sostantivato ha una traduzione obbligata, essendo uno dei termini del lessico del destino.

 XV. Ἐλθόντος δέ τινος αἰφνίδιον πρὸς αὐτὸν καὶ ἀπαγγείλαντος ὡς τῆς οἰκίας αὐτοῦ αἱ θύραι ἀνεσπασμέναι εἰσι καὶ πάντα τὰ ἔνδον ἑκπεφορημένα, ἐκταχθεὶς ἀνεπήδησε καὶ στενάξας ἀπῄει δρομαῖος τὸ γεγονὸς ὀψόμενος (Aisop.)

Essendo venuto all᾿improvviso uno da lui e avendogli detto che le porte della sua casa erano abbattute e tutto quanto c᾿era dentro saccheggiato, turbatosi balzò su e lanciatoun lamento andò di corsa a vedere l᾿accaduto.

Una frase particolarmente adatta per rilevare i valori aspettuali ed altre particolarità dell᾿uso dei temi temporali. Ι participi aoristi e l᾿indicativo aoristo indicano azione puntuale (turbatosi, balzò su, lanciato un lamento) o egressiva (essendo venuto, avendo annunciato); il participio congiunto al futuro ha valore finale (il futuro ha sempre valore di tempo, anche nei modi diversi dall᾿indicativo); i verbi di movimento, così come i verbi del dire (si veda nella frase X ἐπέστελλον che si è tradotto col passato remoto), prediligono l᾿aspetto durativo, in quanto si tratta di azioni convenzionalmente di una certa durata (andò di corsa corrisponde ad un imperfetto greco); infine le forme di perfetto indicano la situazione così come il messaggero l᾿aveva lasciata e come il proprietario la vedrà. Notiamo infine l᾿uso dei tempi nel discorso diretto.

 XVI. καὶ ταῦτα οὐκ ἂν εἴη μόνον παρ᾿ ὑμῖν οὕτως ἐγνωσμένα, ἀλλ᾿ ἐν ἁπάσῃ τῇ Ἑλλάδι· περὶ τούτου γὰρ μόνου τοῦ ἀδικήματος καὶ ἐν δημοκρατίᾳ καὶ ὀλιγαρχίᾳ ἡ αὐτὴ τιμωρία τοῖς ἀσθενεστάτοις πρὸς τοὺς τὰ μέγιστα δυναμένους ἀποδέδοται, ὥστε τὸν χείριστον τῶν αὐτῶν τυγχάνειν τῷ βελτίστῳ. (Lys.)

E queste cose non sarebbero giudicate in questo modo solo presso di voi, ma in tutta la Grecia: infatti solo per questa colpa sia in democrazia sia in oligarchia è concessa la stessa possibilità di punire ai più deboli nei confronti dei potentissimi, cosicché il più umile ha le medesime possibilità del più nobile.

Questo passo ci introduce nel genere dell᾿oratoria, che più utilizza i perfetti, come si vedrà nel punto successivo. Per indicare la legislazione, l᾿uso, il giudizio stabilmente ricorrente viene utilizzato l᾿aspetto risultativo.

4. Perfetti attivi o deponenti: anzitutto capire

Per la traduzione dell᾿attivo/deponente, specie se transitivo, è difficile dare indicazioni e proposte valide, perché, escludendo la variazione di lessico, l᾿italiano non ha modalità equivalenti. Tuttavia, prima del problema di traduzione, viene la comprensione delle scelte aspettuali dell᾿autore.

I. Σκέψασθαι δὲ χρή, ὦ ἄνδρες δικασταί, διὰ τί ἄν τις τοιούτων ἀνδρῶν φείσαιτο; πότερον ὡς πρὸς μὲν τὴν πόλιν δεδυστυχήκασιν, ἄλλως δὲ κόσμιοί εἰσι καὶ σωφρόνως βεβιώκασιν; <ἀλλ᾿> οὐχ οἱ μὲν πολλοὶ αὐτῶν ἡταιρήκασιν, οἱ δ᾿ ἀδελφαῖς συγγεγόνασι, τοῖς δ᾿ ἐκ θυγατέρων παῖδες γεγόνασιν, οἱ δὲ μυστήρια πεποιήκασι καὶ τοὺς ῾Ερμᾶς περικεκόφασι καὶ περὶ πάντας τοὺς θεοὺς ἠσεβήκασι καὶ εἰς ἅπασαν τὴν πόλιν ἡμαρτήκασιν, ἀδίκως καὶ παρανόμως καὶ πρὸς τοὺς ἄλλους πολιτευόμενοι καὶ πρὸς σφᾶς αὐτοὺς διακείμενοι, οὐδεμιᾶς τόλμης ἀπεχόμενοι, οὐδενὸς ἔργου δεινοῦ ἄπειροι γεγενημένοι; ἀλλὰ καὶ πεπόνθασιν ἅπαντα καὶ πεποιήκασιν ἅπερ πεπόνθασιν. (Lys. Alkib.I)

Come si diceva, l᾿oratoria, soprattutto giudiziaria, utilizza particolarmente il perfetto. E la cosa più importante non diviene qui il tradurre, ma il comprendere il perché di una scelta tanto frequente (qui sono tredici in poche righe). La questione è legata strettamente allo scopo del genere: dimostrare l᾿innocenza o la colpevolezza, la fellonia o le benemerenze attualmente utilizzabili per condannare o assolvere: non i fatti in sè, ma il loro permanere come motivo del giudizio che deve essere dato ora; altrettanto si dica per i discorsi stessi, le testimonianze, le prove: il perfetto indica che servono per il giudizio, che sono, si direbbe, agli atti. Perchè rimestare la vita passata di Alcibiade e della sua famiglia, prostituzioni, incesti, sacrilegi, colpe contro la patria, se non in quanto sono proposti come gravi sulla coscienza dell᾿imputato, atti a caratterizzarne la losca figura? 

II. ὅσα μὲν γὰρ τῶν ἀδικημάτων νόμος τις διώρικε, ῥᾴδιον τούτῳ κανόνι χρωμένους κολάζειν τοὺς παρανομοῦντας· ὅσα δὲ μὴ σφόδρα περιείληφεν ἑνὶ ὀνόματι προσαγορεύσας, μείζω δὲ τούτων τις ἠδίκηκεν, ἅπασι δ᾿ ὁμοίως ἔνοχός ἐστιν, ἀναγκαῖον τὴν ὑμετέραν κρίσιν καταλείπεσθαι παράδειγμα τοῖς ἐπιγιγνομένοις (Lykourg., 9)

 In questo passo i primi due perfetti indicano aspetti della legislazione vigente, mentre il terzo indica la colpevolezza di una persona.

 III. Περὶ μὲν οὖν τούτων τοσαῦτά μοι εἰρήσθω (Lys.)

Τῶν μὲν μαρτύρων ἀκηκόατε, ὦ ἄνδρες (Lys.)

Παύσομαι κατηγορῶν. ἀκηκόατε, ἑωράκατε, πεπόνθατε, ἔχετε῝ δικάζετε. τῷ βελτίστῳ. (Lys.)

Μὴ τοίνυν, ὦ βουλή, μηδὲν ἡμαρτηκὼς ὁμοίων ὑμῶν τύχοιμι τοῖς πολλὰ ἠδικηκόσιν (Lys.)

Frasi tipiche di discorsi giudiziari, che accorpiamo benché la prima sia al passivo. In tre di esse abbiamo dei passaggi da una parte all᾿altra del discorso: su un punto il discorso è terminato, oppure è terminata l᾿escussione dei testimoni, oppure si è alla conclusione: ma quanto è stato detto dal parlante o dai testimoni deve essere messo agli atti, appartiene stabilmente alla causa, non è semplicemente un fatto finito e dimenticabile dalla giuria. La quarta frase afferma l᾿innocenza assoluta del parlante a fronte della molteplice colpevolezza di altri.

 IV. εἶτ᾿, ὦ πάντων ἀνθρώπων φαυλότατοι, δέκα μῆνας ἀπογενομένου τἀνθρώπου καὶ νόσῳ καὶ χειμῶνι καὶ πολέμοις ἀποληφθέντος ὥστε μὴ ἂν δύνασθαι ἐπανελθεῖν οἴκαδε, οὔτε τὴν Εὔβοιαν ἠλευθερώσατε, οὔτε τῶν ὑμετέρων αὐτῶν οὐδὲν ἐκομίσασθε, ἀλλ᾿ ἐκεῖνος μὲν ὑμῶν οἴκοι μενόντων, σχολὴν ἀγόντων, ὑγιαινόντων (εἰ δὴ τοὺς τὰ τοιαῦτα ποιοῦντας ὑγιαίνειν φήσαιμεν), δύ᾿ ἐν Εὐβοίᾳ κατέστησε τυράννους, τὸν μὲν ἀπαντικρὺ τῆς Ἀττικῆς ἐπιτειχίσας, τὸν δ᾿ ἐπὶ Σκίαθον, ὑμεῖς δ᾿ οὐδὲ ταῦτ᾿ ἀπελύσασθε, εἰ μηδὲν ἄλλ᾿ ἐβούλεσθε, ἀλλ᾿ εἰάκατε; ἀφέστατε δῆλον ὅτι αὐτῷ, καὶ φανερὸν πεποιήκατε ὅτι οὐδ᾿ ἂν δεκάκις ἀποθάνῃ, οὐδὲν μᾶλλον κινήσεσθε. (Dem. Chers.)

Questa volta si tratta di oratoria politica. E᾿ stato necessario riportare tutto il passo, per rilevare la differenza fra le forme verbali. Nonostante la disponibilità data dalle difficoltà in cui si era trovato Filippo, gli Ateniesi non avevano mosso un dito per disfare qualcosa di quanto il macedone aveva già compiuto. Dopo una serie di aoristi per rilevare le azioni di Filippo e le inazioni degli Ateniesi, dopo dei genitivi assoluti al presente per rilevare la continuità dell᾿indifferenza ateniese, troviamo tre perfetti: irrevocabile e definitivo è sia il cedimento di Atene nei confronti di Filippo, sia l᾿impressione di inadempienza attuale e futura.

 V.

Χο. πολλαὶ μέν ἐσμεν, λέξομεν δὲ συντόμως.

ἔπος δ᾿ ἀμείβου πρὸς ἔπος ἐν μέρει τιθείς.

τὴν μητέρ᾿ εἰπὲ πρῶτον εἰ κατέκτονας.

Ορ. ἔκτεινα῝ τούτου δ᾿ οὔτις ἄρνησις πέλει. (Aesch., Eum.)

Κρ. Σὲ δή, σὲ τὴν νεύουσαν εἰς πέδον κάρα,

φῄς, ἢ καταρνῇ μὴ δεδρακέναι τάδε;

Αν. Καὶ φημὶ δρᾶσαι κοὐκ ἀπαρνοῦμαι τὸ μή. (Soph., Ant.)

Il linguaggio giudiziario influisce anche sulla tragedia, soprattutto in contesti che imitano situazioni processuali, in questo caso il giudizio di Oreste presso il tribunale dell᾿Areopago nelle Eumenidi e l᾿interrogatorio di Antigone da parte di Creonte nella tragedia sofoclea. Sia Oreste sia Antigone hanno commesso il fatto di cui sono incolpati, l᾿uno il matricidio l᾿altra la sepoltura di Polinice che la legge proibiva: in entrambi i casi gli accusatori pongono la domanda al perfetto, rilevando, come si è più volte ribadito, la colpevolezza inerente all᾿azione, la punibilità cioè dell᾿accusato; in entrambi i casi gli imputati rispondono con l᾿aoristo, ammettendo il fatto ma non le sue conseguenze penali.

VI. λέγει αὐτῷ ὁ Ἰησοῦς, Ὅτι ἑώρακάς με πεπίστευκας; μακάριοι οἱ μὴ ἰδόντες καὶ πιστεύσαντες. (NT., Joh.)

Cambiando del tutto contesto, vediamo come in questo passo evangelico, di fronte all᾿apostolo incredulo, Gesù obietta che la fede ormai raggiunta da Tommaso dipende dall᾿adempimento della richiesta di vedere coi propri occhi e toccare con le proprie mani il Risorto. Contrapposta a questo faticoso raggiungimento è la situazione di chi crede senza vedere: un᾿azione pura e semplice, riferita genericamente a tutti i credenti di ogni epoca.

5. E se provassimo a tradurre?

Poiché esistono molte situazioni in cui la traduzione deve essere effettuata (la scuola, ad esempio, o l᾿editoria) i moltissimi casi di cui al punto 4 abbiamo dato qualche esempio creano imbarazzo: rinunciare all᾿opposizione e tradurre tutto al passato prossimo (ribadisco che al norditalia l᾿opposizione col passato remoto per gli indicativi aoristi è fittizia, non solo scorretta)? Usare giri di parole, col rischio di traduzioni faticose, o anche eccessive nell᾿esplicitare? Non ci sono risposte, ma solo tentativi: a scuola, una volta ribadita l᾿importanza della comprensione rispetto a cui la traduzione è un᾿aggiunta in fondo inessenziale, si può sfidare la classe a trovare soluzioni diverse. Avverto che è molto difficile, anche perchè i ragazzi hanno competenze linguistiche (per lo meno consapevoli) sulla propria lingua generalmente inferiori a quelle che hanno sul greco.

Del resto l᾿editoria ha problemi simili, e non sempre se la cava meglio. Vediamo uno dei due passi di tragedia individuati nel punto precedente in alcune traduzioni.

Aesch. Eum. 587-8

Co. … Di᾿ per prima cosa se sei l᾿uccisore di tua madre

Or. L᾿ho uccisa, questo non lo nego.

(trad. M. e G. Morani, Classici UTET 1986; il perfetto è reso con un predicato nominale e viene conservato il pronome dimostrativo che limita la confessione; una breve nota al passo spiega la questione dell᾿aspetto)

Co … E innanzi tutto dimmi / da chi tua madre è stata trucidata.

Or.  Io l᾿ho uccisa: mi guardo dal negarlo.

(trad. D. Ricci, BUR 1950: la domanda delle Erini sembra incentrata sull᾿identità dell᾿assassino, non sulla colpevolezza di Oreste)

Capo Coro: … Confessi o neghi il tuo matricidio?

Or. Ho ucciso mia madre: non l᾿ho negato mai.

(trad. P.P.Pasolini, Einaudi 1960: il perfetto è reso con un sostantivo)

 Cor. … A questa, per prima: uccidesti tua madre?

Or. La uccisi: non nego.

(trad. M.Valgimigli, classici BUR 1980, ma la traduzione è precedente: l᾿opposizione è saltata completamente; interessante l᾿uso dei due passati remoti, così come l᾿uso dei passati prossimi per l᾿aoristo nelle precedenti traduzioni; nessuno ha conservato l᾿opposizione sancita dalla scuola).

 Co. … Innanzi tutto or dinne / se ucciso hai tu la madre tua.

Or. L᾿uccisi. / Io non lo niego.

(trad. F. Bellotti, ed. Bietti 1978 su una precedente traduzione: il traduttore ha notato l᾿opposizione, ma l᾿ha resa secondo la consuetudine scolastica).

 Vediamo ora qualche nota nell᾿editoria scolastica:

E. Rapisarda (ed. Andò 1963), non ritiene necessario né tradurre né commentare lo scambio di battute; l᾿unica nota al passo riguarda τούτου…πέλει. T.Tommassetti Gusmano (ed. Loffredo per un᾿antologia di tutta l᾿Orestea, titolo Πάθει μάθος, 1967) rileva la collocazione delle parole, il significato letterale di τούτου…πέλει, la forma verbale κατέκτονας ma senza trarne conclusioni e il valore del δ᾿, non avversativo, ma affermativo (in realtà ci pare che serva a rilevare il τούτου rispetto ad ogni altra accusa), e traduce: Dicci per prima cosa se hai ucciso la madre / L᾿ho uccisa: non nego ciò. G.Ammendola (La Nuova Italia 1961) non traduce se non il solito τούτου…πέλει; interessante però il fatto che rinvii al v. 425, in cui il Coro dice di Oreste Φονεὺς γὰρ εἶναι μητρὸς ὴξιώσατο, cioé usa un᾿espressione nominale: essere l᾿assassino. Ida Biondi (Areopago, ed. Bulgarini 1989) spiega in nota correttamente l᾿opposizione fra le due forme verbali, ma traduce banalmente: Di᾿ per prima cosa se hai ucciso la madre / L᾿ho uccisa; di questo non c᾿è negazione. Rileviamo anche da questa breve indagine come l᾿opposizione scolastica passato remoto/passato prossimo non sia presa in considerazione.

Quanto al passo dell᾿Antigone, un᾿analoga indagine su traduzioni e su commenti scolastici non ha prodotto nulla. Tutti si attestano sul tipo Hai fatto? / Ho fatto enessuno sembra accorgersi della questione. Piuttosto i commenti si incentrano sull᾿atteggiamento di Antigone, che, come dice Creonte, ha il capo chino: per vergogna? per pudore? per disprezzo? A noi sembra molto più interessante la sua scelta di parole.

Seguendo il metodo delle migliori traduzioni del passo di Eschilo, si potrebbe tradurre:

 Cr. … ammetti o neghi di essere l᾿autrice del gesto?

Ant. Ammetto e non nego di averlo compiuto.

 oppure:

Cr. … ammetti o neghi che il fatto è opera tua?

Ant. Ammetto e non nego di averlo compiuto.

oppure ancora, accentuando il valore risultativo, si potrebbe sostituire autrice con responsabile, o addirittura colpevole, e analogamente sostuire opera con responsabilità o addirittura colpa. L᾿accentuazione è forse eccessiva, ma è necessario che il lettore della traduzione, o lo studente, sia messo in condizione di cogliere la differenza aspettuale.