Home Didattica delle lingue classiche Settepunti. Promemoria di sintassi greca e latina per gli studenti.

Settepunti. Promemoria di sintassi greca e latina per gli studenti.

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione

I punti che più facilmente si sbagliano


1. μέν … δέ (μέντοι)

Ricordarsi che prima di decidere come vanno tradotti bisogna prestare attenzione alla loro esistenza, che determina la struttura coordinante di un periodo. Indicano sempre contrapposizione fra le parole dopo cui sono posti: il primo elemento (μέν) non si traduce, giacché non esiste struttura coordinante analoga in italiano; la proposta usuale di tradurre con “mentre” trasforma la coordinazione in subordinazione, con qualche differenza logica e con il rischio di non saper più ricostruire il periodo; l’altra proposta frequente “da una parte” appesantisce il periodo, accentua arbitrariamente la contrapposizione e a volte dà luogo a risultati ambigui o grotteschi, tipo “l’esercito da una parte era coraggioso, dall’altra male armato”, quasi si trattasse di due settori dell’esercito; quanto a δέ, di volta in volta si vedrà se si tratta di un elenco (einoltre), o di una opposizione (del tipo ma o del tipo invece: attenzione alla differenza fra “io sono venuto, ma tu non eri in casa” e “io sono andato di qua, tu invece sei andato di là).

Il latino classico ha ricreato l’opposizione usando quidem al posto di μέν e l posto di δέ atqui, autem, contra, sed, tamen, vero, verum.

N.B. Tutte queste parole non vanno cercate sul dizionario, che tende a fornire traduzioni tipo veramente, invero, realmente, dunque e simili termini assolutamente fuori posto.

2. Coordinazioni doppie

τε …καί costituiscono un’unica coordinazione molto stretta, e indicano una coincidenza. Si traducono con la sola giacché in italiano non esiste coordinazione analoga: ma si bada nel tradurre la frase a riflettere sul legame fra le due parole coordinate (“sono venuti Paolo e Maria”: con τε …καί significa che sono venuti insieme e probabilmente c’è un legame fra loro). Il latino a volte riproduce tale coordinazione con -que et, ma più spesso col solo -que unito al secondo elemento.

τε … τε indica un’elencazione che può rendersi con … (“sono venuti e Paolo e Maria” ma anche “Paolo e Maria” semplicemente, salvo che non erano insieme). In latino et…et; raramente, per imitazione, -que… -que.

καί … καί indica un’elencazione più marcata che può rendersi con sia  sia. In latino cum tum.


3. Posizione attributiva

Qualunque parola o complemento preceduto dall’articolo del nome a cui si riferisce acquista significato di attributo (o apposizione) di quel nome, cioè risponde alla domanda “quale?”

Avremo dunque:

Articolo/ parola o complemento in questione/ nome

oppure:

Articolo/ nome/ articolo ripetuto/ parola o complemento

oppure:

Nome/ articolo del nome / parola o complemento

Qualunque parola sia in tale posizione attributiva si traduce con un attributo (o un’apposizione se è un sostantivo) o un complemento di specificazione o una frase relativa.

Particolare attenzione va riservata ad avverbi e complementi di tempo e luogo in posizione attributiva qualificano (come tutto ciò che è in posizione attributiva) il sostantivo di riferimento: rispondono pertanto alla domanda quale? e non alla domanda dove? o quando? Quindi  οἰ ένθάδε ἄνθρωποι si traduce gli uomini locali, gli uomini di qui, gli uomini che stanno qui. All’interno di una frase l’errore è facilissimo: “Gli Ateniesi vinsero la battaglia di Maratona” sembra analogo a “vinsero la battaglia a Maratona”: in realtà risulta un complemento del nome nel primo caso (quale battaglia?) e del verbo nel secondo (dove vinsero?).

N.B. La scelta della frase relativa è rischiosa, perché il verbo va rapportato al tempo della frase; spesso l’uso del vocabolario (che traduce al presente) porta all’errore.

Si ricorda che gli aggettivi dimostrativi non sono mai in posizione attributiva, anche se nella traduzione risultano attributi; il complemento al genitivo, qualunque sia il suo valore, si trova indifferentemente in posizione attributiva o predicativa.

4. Participio.

In posizione attributiva:

ὀ βιῶν ἄνθρωπος: participio attributivo; si traduce con un participio, un aggettivo o una frase relativa (“l’uomo vivente, vivo, che vive-viveva-visse…”: cfr. la raccomandazione precedente riguardo al tempo della relativa)

ὀ βιῶν: participio sostantivato: “il vivente, colui che vive-viveva-visse…”. Due participi coordinati si riferiscono alla stessa persona se hanno un solo articolo, altrimenti a due persone diverse: ὁ βιῶν καὶ λέγων : “colui che vive e parla”; ὁ βιῶν καὶ ὀ λέγων : “chi vive e chi parla”.

N.B. Il greco come ammette sostantivi senza articolo, così participi sostantivati senza articolo, nel senso di “persone che fanno una certa cosa”: βιοῦντες “persone che vivono”. Si capirà dal contesto se è un participio sostantivato senza articolo o se si riferisce in posizione predicativa ad un altro termine (v. sotto).

Nel caso di espressioni tipo ὀ μὲν βιῶν … ὁ δὲ λέγων ……, si pone il problema se vadano interpretate come articoli con valore pronominale seguiti da participi congiunti (v. sotto. Trad.: “l’uno vivendo…l’altro parlando”) o participi sostantivati (“chi vive…chi parla..”). Anche in questo caso, che è piuttosto difficile, si tratta di vedere dal contesto se si attribuiscono azioni a persone già citate in precedenza (es. “Tizio e Caio servirono la patria, l’uno vivendo, l’altro parlando”) o se si definiscono categorie di persone (es. “chi vive fa questo, chi parla fa quest’altro”).

In posizione predicativa:

ὀ ἄνθρωπος βιῶν …/ βιῶν ὀ ἄνθρωπος…: participio congiunto; corrisponde ad una proposizione indiretta; si traduce con un gerundio o una proposizione, a seconda del contesto (“l’uomo, vivendo…” oppure “l’uomo, quando, mentre, finché, poiché, se, benché vive, viva, viveva, vivesse, visse…). Con ὄτε  ha valore obiettivo (“in quanto vive”), con ὠς soggettivo (“come se vivesse, pensando di vivere…”).

βιοῦντος τοῦ ἀνθρὠπου: genitivo assoluto; corrisponde ad una proposizione indiretta col suo soggetto; può essere preceduto da  ὄτε  o da ὠς i valori già detti. Si traduce “vivendo l’uomo” oppure “quando, mentre, finché, poiché, se, benché l’uomo vive, viva, ecc.”

ὀρῶ τὸν ἄνθρωπον βιοῦντα: participio predicativo dell’oggetto; completa il predicato. Trad. “vedo vivere l’uomo”

ὁ ἄνθρωπος παύεται βιῶν: predicativo del soggetto. Trad. “l’uomo cessa di vivere”.

N.B. Ricordarsi che esiste una serie di verbi che si completa col participio predicativo del soggetto o dell’oggetto.

In latino l’assenza dell’articolo non permette di marcare il valore attributivo o predicativo: perciò homo vivens può essere attributivo, o congiunto o predicativo.

Ricordarsi che un participio congiunto può tradursi anche con una coordinata (e a volte è quasi inevitabile): es. hominem captum necavit “prese l’uomo e lo uccise”; αὐτὸν ἐκέλεθε ἐλθὀντα λαβεῖν, “ordinò che andasse e prendesse…” (ma anche: “ordinò di andare a prendere…”)

5. Il pronome di terza persona.

In attico, a differenza dello ionico e del dialetto epico, non esistono pronomi non riflessivi di terza persona; viene pertanto usato in tal senso αὐτός che, in quanto pronome, va tradotto “egli, ella, esso, essa, lui, lei, loro, gli, le, lo, la, li, le, ne, ecc.”. In modo analogo al latino is, il genitivo può corrispondere ad un aggettivo possessivo (“suo, loro”). La traduzione col pronome dimostrativo “questo, quello” è scorretta.

Come aggettivo, in posizione attributiva significa “medesimo” (e sostantivato “il medesimo”); in posizione predicativa significa “stesso, in persona”: può riferirsi ad un soggetto sottinteso corrispondente ad un pronome personale, nel qual caso significa “io stesso, tu stesso, egli stesso, ecc.” come si ricava dalle desinenze del verbo.

Il latino ha sviluppato da is i due composti idem e ipse.

6. Pronomi subordinanti

I pronomi relativi e interrogativi indiretti vanno rilevati con particolare attenzione perché svolgono funzione subordinante nel periodo: sbagliarli comporta fraintendere la struttura del periodo. Diamo un prospetto dei principali nelle due lingue:

ὄςqui
ὄσοςquantus, quam multi, quot (rel.)
οἷοςqualis (rel.)
ὄστιςqui, quicumque, quis
ὄπὀσοςquantus, quam multi, quot (interr.)
ὁποῖοςqualis (interr.)
ὁπὀτερος     uter

N.B. In ogni serie di pronomi greci il gruppo -οσο- marca la quantità, il gruppo -οιο- la qualità, il suffisso -τερο- l’alternanza fra due. I pronomi interrogativi indiretti possono essere sostituiti dai corrispondenti diretti, cioè dai semplici τίς, πόσος,  ecc.

7. L‘uso di ἄν

I.  Ἄν può essere usato in frase principale

– con l’ottativo cui conferisce valore potenziale;

– coi tempi storici dell’indicativo cui conferisce valore d’irrealtà.

Un uso estensivo è quello delle apodosi di terzo e quarto tipo.

II. In frase dipendente

– con l’infinito e il participio con valore potenziale o irreale a seconda che corrispondano ad un ottativo o ad un tempo storico dell’indicativo indipendenti;

– con congiunzioni ipotetiche o temporali, con pronomi relativi o relativi indefiniti più congiuntivo: conferisce a congiunzioni o pronomi valore eventuale o iterativo, a seconda del contesto. Es. ἐάν “qualora”, ὅταν,   ἐπειδάν “qualora” oppure “ogniqualvolta”, ὄς ἄν, ὅστις  ἄν”chiunque”.

Un uso estensivo è quello della protasi di secondo tipo.

N.B. La tendenza a confondere valore eventuale e potenziale nasce da una confusione nello studio del latino. In greco non solo sono diversi i modi, ma anche il tipo di frase, indipendente o dipendente.