1964, tr. it. Giuliano, 2003
a cura di Giulia Regoliosi
Scritta dal famoso autore americano molto discusso per le scelte politiche, culturali e personali, quest’opera si legge in realtà con grande interesse. L’inizio è collocato nel 380, quando all’anziano retore Libanio, pagano e legato alle religioni misteriche, giunge la notizia che l’imperatore Teodosio si è fatto battezzare ed ha emesso un editto favorevole alla fede cristiana secondo il credo di Nicea. Desolato per questo fatto che sembra distruggere definitivamente il mondo in cui è vissuto, Libanio inizia uno scambio di lettere col retore e filosofo Prisco, allo scopo di riordinare e pubblicare il diario di Giuliano, di cui Prisco è in possesso dall’epoca della morte dell’imperatore in Oriente. La fiction vera e propria consiste quindi nell’autobiografia di Giuliano, che giunge fino alla vigilia della partenza per la spedizione contro il re Sapore di Persia e si completa con appunti presi dall’imperatore nel corso della campagna. Per evitare il rischio di ogni autobiografia fittizia (un’opera per sua natura soggettiva scritta da altri), il testo di Giuliano è intercalato da commenti di Prisco e Libanio, che correggono, spiegano, polemizzano con l’autore e fra loro; le ultime vicende di Giuliano sono narrate da Prisco, prima attraverso i suoi ricordi, poi con un’indagine che porterà ad un colpo di scena. Infine Teodosio proibirà la pubblicazione del diario e Libanio, abbandonato bruscamente da Prisco che rifiuta di insistere nell’impresa, contemplerà con tristezza la fine del mondo amato.
«Una splendida aubade» è la definizione di Henry de Montherlant. E in effetti, al dilà della banale e ideologica postfazione dell’edizione italiana, l’opera è un omaggio alla cultura classica, i suoi filosofi, i suoi poeti, i suoi storici, i suoi oratori, le sue intuizioni religiose; inevitabilmente nelle parole di Giuliano, Prisco e Libanio il cristianesimo risulta una “follia per i gentili”, e le polemiche dottrinali qualcosa di incomprensibile (un appunto: l’immacolata concezione non è il concepimento verginale! una gaffe imperdonabile). Una folla di personaggi storici, pagani e cristiani (fra questi ultimi Basilio di Cesarea, Gregorio Nazianzeno, Giovanni Crisostomo), romani, greci e barbari è fatta rivivere con uno stile che avvince e tiene sempre desto l’interesse.