a cura della Redazione
Ritorna al tuo pianeta Mongo
torna al tuo sole Gordon,
non vagabondare per universi bui
di una falsa coscienza,
non andare nel freddo
di un niente che speranza più non ha.
Hai staccato il tuo segnale
che ti legava alla terra,
ti sei levato dalla rotta
dell’astronave guida.
Credi di poter andare da solo
nel vero al di là.
Per i pazzi non c’è più pace
e tu sei pazzo Gordon.
Dentro il freddo non c’è vita
e tu sei morto Mongo.
Un fantasma opalescente
maledetto
nel ricordo della sua gente.
(Gordon, di G. Carletti e R.Rossi)
Questa vecchia canzone dei Nomadi ci sembra esprima suggestivamente l’atteggiamento della Costituente europea, con il suo astio per il passato, di qualunque epoca e valore, con la sua paura che le radici, tutte le radici e in particolare quelle classiche ed ebraico-cristiane, condizionino il suo futuro. Il freddo, il niente, l’assenza di speranza, la solitudine, la pazzia, la morte sono tutti segni di un presuntuoso distacco – dal proprio pianeta, dal proprio sole, dall’astronave guida che indica la rotta, dalla propria gente.
Con ben altra profondità analizza la realtà attuale la recente esortazione apostolica di Giovanni Paolo II Ecclesia in Europa: “La cultura europea dà l’impressione di una ‘apostasia silenziosa’ da parte dell’uomo sazio che vive come se Dio non esistesse. In tale orizzonte, prendono corpo i tentativi, anche ultimamente ricorrenti, di presentare la cultura europea a prescindere dall’apporto del cristianesimo che ha segnato il suo sviluppo storico e la sua diffusione universale. Siamo di fronte all’emergere di una nuova cultura, in larga parte influenzata dai massmedia, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello smarrimento della verità dell’uomo come fondamento dei diritti inalienabili di ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una ‘cultura di morte’” (cap. 9). Più oltre si sottolinea il fondamento della cultura europea: “Sono molteplici le radici ideali che hanno contribuito con la loro linfa al riconoscimento del valore della persona e della sua inalienabile dignità, del carattere sacro della vita umana e del ruolo centrale della famiglia, dell’importanza dell’istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di religione, come pure alla tutela legale degli individui e dei gruppi, alla promozione del bene comune, al riconoscimento della dignità del lavoro. Tali radici hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico. Tuttavia si deve riconoscere che queste ispirazioni hanno storicamente trovato nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di armonizzarle, di consolidarle e di promuoverle” (cap. 19).
La realtà europea, così come la nostra società italiana e in particolare i suoi luoghi di educazione, non possono vivere e crescere senza legami col passato, senza una storia che dia spessore e senso al presente, senza un giudizio unificante. Lo abbiamo constatato ancora una volta durante gli esami di maturità, per quell’occasione – pur piccola, discutibile, ambigua – che è il percorso in apertura dell’orale. Si nota subito quando il ragazzo presenta una tematica di cui nel corso della sua vita scolastica, o anche solo dell’ultimo anno, ha colto con emozione e simpatia archetipi, tappe, nessi e richiami, a partire dalle radici dell’occidente fino a giungere al nostro presente o all’immediato passato: anche nel tempo breve dell’esposizione traspare il fascino di una scoperta, il tout se tient che permette anche la valorizzazione di interessi extrascolastici (film, musica) e dell’esperienza vissuta. L’alternativa è il frammento di cui non si coglie l’insieme o, nella peggiore delle ipotesi, la tesina prefabbricata: a ben vedere, fatto salvo il giudizio di moralità scolastica, queste possibilità sono simili: figlie di un tempo senza radici, in cui tutto sembra a portata di mano grazie alla rete informatica, e lo sforzo di osservare, vagliare e giudicare la realtà appare una fatica superflua. “Vagliate ogni cosa e conservate ciò che è bello” è il monito di S. Paolo che dovrebbe essere alla base del nostro metodo culturale e della nostra offerta educativa.