(1) Seguiamo in questo G. Mazzoli L’oro dell’asino, art. cit., p. 77: “Bisogna muovere dal prologo al libro I, indispensabile chiave di lettura di tutte le stratificazioni e implicazioni semantiche dell’opera”.
(2) Molto pertinenti le osservazioni di N. Fick in Art et Mystique dans les Metamorphoses d’Apulée, op. cit., p. 529, la quale ci conferma nel capitolo intitolato Nexus che “ les [mots] signifiant le lien ou son contraire sont employés [dans les Metamorphoses] avec une constance exceptionnelle”.
(3) Si veda di J. Annequin Magie et organisation du monde chez Apulée, in AA.VV. Religion pouvoirs, rapports sociaux, Paris, 1980. In particolare p.177: “Clos, fixe, contant, ce monde est celui de la solidarit qui lie de façon permanente tous les éléments naturels les uns aux autres en de longues chaînes de correspondance; toute vie, tout être, tout objet, se trouve, par son existence même, inscrit dans une série d’êtres, qui met en relation l’existence la plus fragile et la divinit elle-même.”
(4) Si veda Th. l. L., vol. II, p. 992 ss: particula propria est obiciendi, ut oportet ex usu dialoghi scaenici … inde explicatur rhetoricus usus occupandi vel refutandi et communis omnium scriptorum maiore vel minore vi opponendi vel potius contra ponendi res homines sententias. Non raro (maxime praecedente si, si non, si minus sim.) id valet quod tamen certe saltem, quae particulae cum at conuingi solent.
(5) F. Calonghi Il prologo delle Metamorfosi di Apuleio in RFIC n°43, 1915, p.31.
(6) Per un confronto con l’incipit della bella fabella (IV, 28) cf. R.L. Hijmans-R.Th. van der Paardt, Apuleius Metamorphoses, Groningen 1977, p. 267 e le acute osservazioni di J.J. Winkler, Auctor & Actor. A Narratological Reading of Apuleius’s The Golden Ass, Berkley-Los Angeles-London 1985 in part. pp. 55-56. Partendo semplicemente dall’at dell’incipit e da quello nel prologo della favola di Amore e Psiche, dove la anicula parla a Carite (IV, 27), la analogia poi si amplia notevolmente:
At ego tibi – sed ego te
fabulas – fabulis
Milesio sermone – anilibus
lepido – lepidis
permulceam – avocabo
varias fabulas – narrationibus … fabulis
Questo ci permette di evidenziare un parallelo che svilupperemo meglio a proposito del lepido susurro.
(7) G. Genette Figure. Discorso del racconto, III, Torino 1976, pp. 208 e segg., per il concetto di narrazione omodiegetica e eterodiegetica.
(8) Cf. J. Annequin, op. cit., p.198 : “ C’est l’heure mystique où le monde est rendu lui même, la nature sa réalité, et où Lucius re-naît à sa condition humaine – l’homme éveillé à la vie, débarassé des fantasmes, rencontre la nature purifiée.”
(9) Cf. A. Pennacini Tecniche del racconto nelle Metamorfosi di Apuleio. Analisi dei libri 1, 2, 3, in A. Pennacini, P.L. Donini, T. Alimonti, A. Monteduro Roccavini, Apuleio letterato, filosofo, mago Bologna 1979, p.26.
(10) Cf. F. Calonghi, op. cit., p.25.
(11) Si pongono in questo quadro le osservazioni di P. Grimal riguardo le Metamorfosi come satura. Si veda P. Grimal Apulée: Metamorphoses IV, 28-VI, 24, Paris, Presses Universitaires de France, 1963, p.24.
(12) Per un’analisi pi dettagliata, che qui non ci compete, cf. A. Scobie Aspects of the Ancient Romance and its Heritage, Meisenheim am Glan 1969, pp.33 ss.
(13) Cf. J. Molager Les verbes “parler” et “dire” en latin, thèse de Doctorat la Faculté de Lettres de l’Universit de Lyon, 1951, pp. 169 ss: “ Fabulor est un dénominatif de Fabula, substantif dérivé de Fari et qui désigne … une conversation d’où le sujet récit. Il se dit en particulier d’un récit dialogué et mis sur scène. Visant un récit mensonger ou fictif, il s’oppose parfois à factaˮ.
(14) Per l’adynaton come elemento della favola cf. Diego Lanza-Oddone Longo Il Meraviglioso e il Verosimile, Firenze 1989, in particolare A. Zinato Possibile e Impossibile nella favola esopica, p. 245 nota 12 e p. 248.
(15) Cf. F. Calonghi, op. cit., p.24. Anche il tema dell’assurdo e del suo concretarsi unisce certamente le due forme letterarie.
(16) Cf. A. D. Nock La conversione. Società e religione nel mondo antico, Bari 1974, pp. 109-121.
(17) Cf. A. Pennacini, Tecniche del racconto nelle Metamorfosi di Apuleio. Analisi dei libri 1,2,3, in op. cit., pp. 50 e ss.
(18) Cf. I, 20 Immo mi Thelyphron -Byrrena inquit- et subsiste paulisper et more tuae urbanitatis fabulam illam tuam remetire, ut et filius meus iste Lucius lepidi sermonis tui perfruatur comitate.
(19) Cf. G.F. Gianotti Romanzo e ideologia. Studi sulle Metamorfosi di Apuleio Napoli 1986, p. 1o6 nota 26: “Lepido susurro forse un piccolo capolavoro di montaggio ossimorico, se ci ricordiamo che lepidus designa l’eleganza espressiva di un linguaggio raffinato e urbano (cfr. Hor. Ars Poetica 273), mentre susurro evoca il mondo preoccupante, e certamente non circoscrivibile negli spazi delle eleganti forme di comunicazione urbana, della magia”.
(20) Cf. P. Scazzoso, op. cit., p. 53.
(21) Riguardo l’elemento dell’oralit aggiunge notizie interessanti A. Scobie, op. cit., p.21-23 e nt. 50, dove nel capitolo The story-Teller, riprendendo Plinio Ep.II, 20,1 assem para et accipe auream fabella, l’autore ipotizza un’eco del grido dei cantastorie nel titolo Asinus aureus. Per una trattazione completa del problema del titolo si veda G. Mazzoli, L’oro dell’asino, in «Aufidus» n°10 1990.
(22) Cf. L. Zurli Anus, sed admodum scitula. Modello e racconto in Apuleio Met. I, 6-19, in Semiotica della Novella latina, Roma 1986, pp. 143 ss.
(23) Per l’ipotesi che Panfile debba anch’essa rientrare fra le aniculae, sed admodum scitulae si veda A. Scobie Apuleius and Folklore, London 1983, in particolare il capitolo Witch, Man and Animal in the Metamorphoses, p.92.
(24) Birrena rivela a Lucio che Panfile omnem istam lucem mundi sideralis imis tartaris et in vetustum chaos submergere novit (II, 5).
(25) Interessanti le osservazioni di M. Oldoni inIStreghe medioevali e intersezioni da Apuleio, in Semiotica della Novella latina, op. cit. p. 277: “Potremmo dire che le capacità di Meroe hanno il comune schema di rovesciare, per contrapposizione reciproca, i caratteri della natura: la strega Meroe abbassa il cielo ~ innalza la terra, condensa le sorgenti ~ liquefa i monti, sublima i demoni ~ inabissa gli dei, spegne le stelle ~ illumina il Tartaro. In più, Meroe inverte le propriet delle strutture e, ad esempio, serra le porte e le finestre, cioè chiude quello che fatto per aprirsi, ed eleva case, o le sposta innalzandole, mentre invece la casa esprime saldezza e staticità. Dunque la Meroe raccontata da Aristomene potrebbe essere facilmente definita una strega con grandi capacit di agire sui contrari dell’essere, sull’inversione dei ruoli.”
(26) È interessante rilevare un parallelo con l’incipit della Storia vera di Luciano. Si veda a questo proposito le attente osservazioni di A. Beltrametti Mimesi parodica e parodia della mimesi in Il Meraviglioso e il Verosomile tra antichit e medioevo, Firenze 1989, pp. 128 ss: “Sul punto di entrare nel vivo della racconto, il lettore ha la sola certezza di avere a che fare con uno scrittore … che praticherà tutti i temi del meraviglioso prendendone tuttavia ironiche distanze”. Se per Luciano “il narratore si dichiara assolutamente sincero nel rivelarsi integralmente bugiardo”, in Apuleio avviene proprio il contrario: il principio affermato all’inizio del romanzo, di radicale scetticismo verso la magia, verrà negato di fatto da tutto quello che seguirà.
(27) Sembra rispondere a una precisa stretegia dell’autore il sorriso di questo ironico e disincantato razionalista le cui parole, apparentemente negandolo, ci aprono il sipario sulle meraviglie dell’impossibile e della magia.
(28) Cf. A. Pennacini, op. cit., p.26
(29) I, 3 Tu vero crassis auribus et obstinato corde respuis quae forsitam vere perhibeantur; minus hercules calles pravissimis opinionibus ea putari mendacia, quae vel auditu nova vel visu rudia vel certe supra captum cogitationis ardua videantur; quae si paulo accuratius exploraris, non modo compertu evidentia, verum etiam factu facilia senties.
(30) M. Bachtin Estetica e Romanzo, Torino 1979, pp. 267 e ss.
(31) Cf. P.G. Walsh The Roman Novel. The Satyricon of Petronius and the Metamorphoses of Apuleius, Cambridge 1970, pp. 60 e 61.
(32) J.J. Winkler, op. cit., in particolare il capitolo The Prologue as Conundrum pagg.187 e p.195 nota 28.
(33) Cf. J.J. Winkler, ibidem, p.187.
(34) Cf. N. Fick Art et Mystique dans les Metamorphoses d’Apulée, Paris 1991, pp. 528 e ss.
(35) Cf. J.J. Winkler, ibidem, p.189
(36) Ci sembra interessante rilevare un contatto con la favola di Eros e Psiche. Anch’essa, perduto l’amato e cercatolo vanamente, diviene schiava. Come radice comune è possibile vedere il Fedro platonico, quando l’anima perde le ali e, caduta sulle terra,” è pronta a farsi schiava” (252 a) pur di ritrovare l’amato.
(37) Notiamo che anche Fotide si dichiara schiava di Lucio – o forse solo un inganno? – in II, 10: Ad haec illa rursum meo deosculato: “Bono animo esto” – inquit –. Nam ego tibi mutua voluntate mancipata sum, nec voluptas nostra differetur ulterius.
(38) Fozio, Bibliotheca, cod.129.
(39) Cf. Christine Harraurer und Franz Romer, Beobachtungen zum Metamorphosenprologus des Apuleius, in «Mnemosyne», 38, 1988, p. 363: “ In diesem letztgenannten Abschnitt werden also Metamorphosen angekundigt, es geht jedoch nicht nur um physische Verwandlungen von Menschen und ihre Ruckverwandlung.” Di seguito i termini della questione sono indicati come condicio e sors.
(40) Per il concetto di Fortuna videns = Providentia si veda in Apuleio letterato, filosofo, mago l’articolo di A. Monteduro Roccavini La nozione di Fortuna nelle Metamorfosi, in particolare p. 175: “ [In Apuleio] … la fortuna che prevede e provvede a ogni cosa sembra accostarsi alla nozione di Provvidenza. Non è qui una identificazione arbitraria, ma una ipotesi che si basa su motivi linguistici. La Fortuna, finché incalza Lucio, è crudele, ma rivela il suo intento provvidenziale quando lo stesso Lucio giunge alla beatitudine.”
(41) L VII, 14 Tunc propere familiares miserae Charitis accuratissime corpus ablutum unita sepultura ibidem marito perpetuam coniugem reddidere.
(42) Questo sarà per noi un interessantissimo oggetto di studio, sia per l’aspetto della tenebra che si sostituisce alla luce, come quando le lucerne e le fiaccole del corteo nuziale si spengono e Psiche viene lasciata al suo destino di morte, sia per le analisi che Artemidoro costruisce su questo tema nei suoi Onirocritica.
(43) Da rilevare la differenza rispetto al semplice anàpalin del corrispettivo testo greco.
(44) Molti sono i momenti di meraviglia e di stupore nell’undicesimo libro. Al terzo capitolo è detta miranda l’immagine della dea che si offre agli occhi di Lucio, tanto bella che questi non sa se riuscirà, per la povertà del linguaggio umano, a descriverla: Eius mirandam speciem ad vos etiam referre conitar, si tamen mihi disserendi tribuerit facultatem paupertas oris humani vel ipsum numen eius dapsilem copiam elocutilis facundiae subministraverit. Nel tredicesimo capitolo, invece, è il sacerdote che porge la corona di rose a Lucio a essere stupefatto, in quanto ogni cosa si è svolta secondo le precise indicazioni del sogno in cui si è manifestata la dea. Poco oltre troviamo anche i fedeli di Iside che, ammirati, venerano la trasformazione di Lucio come un segno della potenza della dea.
(45) C. Harraurer-F. Romer, op. cit., p.365.
(46) K. Burger, Zu Apuleius, in «Hermes» n°23 1888 pp.489-498 ss.
(47) F. Calonghi, op. cit., pp. 1-33.
(48) J.J. Winkler, op. cit., p. 138.
(49) Notiamo che nel corso delle sue peregrinazioni anche Psiche dovrà raggiungere il regno di Proserpina e lo farà attraverso il Tenaro. Così in VI, 18: Lacedaemon Achaiae nobilis civitas non longe sita est, huius conterminam deviis abditam locis quaere Taenarum. Inibi spiraculum Ditis, et per portas hiantes monstratur iter invium, cui te limine transmeato simul commiseris, iam canale directo perges ad ipsam Orci regiam. Il passo è costruito parallelamente a Eneide VII, 568: hic specus horrendum et saevi spiracula Ditis \ monstrantur ruptoque ingens Acherunte vorago \ pestiferas aperit fauces.
(50) Cf. a questo proposito J.J. Winkler, op. cit., p.12 e P.G. Walsh The Roman Novel. The Satyricon of Petronius and the Metamorphoses of Apuleio, Cambridge 1970, p.192.