a cura della Redazione
In questa situazione d’attesa (che i pronunciamenti del ministro divengano proposte, che le riforme si rimettano in moto avendo acquistato, si spera, almeno buon senso) continuiamo con vigilanza il nostro lavoro, pronti a “vagliare ogni cosa e a tenere ciò che è buono” secondo il monito paolino. Vagliamo anzitutto qualche episodio. Un collega, insegnante preparatissimo di italiano e latino, ci confida la sua convinzione che sia ormai venuto il momento di professionalizzare il latino e il greco: restringerne lo studio ai soli studenti del classico, che ne hanno capacità e desiderio, e l’insegnamento ai soli docenti di latino e greco, sottraendo il latino, dunque, agli insegnanti d’italiano: l’idea di fondo è quella di una maggiore serietà degli studi, e una maggior efficienza nei risultati. Sul punto relativo ai docenti possono esserci ragioni valide, non di principio ma di fatto: sempre più si procede verso una generazione di docenti d’italiano che non proviene dal liceo classico, ha imparato un po’ di latino all’università e non è sicuramente in grado d’insegnarlo; senza contare che l’insegnamento del latino dovrebbe esigere la conoscenza almeno minimale del greco e della sua letteratura, mentre un laureato in lettere moderne è molto probabile che non abbia mai sentito nominare Teocrito o Apollonio Rodio, e conosca solo di nome Eschilo o Aristofane (o anche Aristotele, se non ha studiato neppure filosofia alle superiori). Tuttavia il problema grave è che uno con questa cultura insegni italiano, non solo latino: sarà costretto ad appiattimenti sincronici, a privilegiare un Novecento del tutto astorico (magari spiegato per tre anni a spese del resto), ad analisi strutturaliste che mascherano povertà di esegesi, a un utilizzo affannoso delle note. Ma queste considerazioni dovrebbero portare ad un allargamento, non ad un restringimento degli studi classici: ad una loro presenza più seria nella scuola superiore (basterebbe applicare realmente orari e programmi nelle scuole che comprendono il latino: qualcuno si è mai chiesto che cosa succederebbe al liceo scientifico se si arrivasse ad un esame di maturità su tutte le materie?), e ad un insegnamento più esigente e culturalmente approfondito nelle facoltà di lettere, compreso l’indirizzo moderno, magari con corsi di cultura greca in traduzione.
Pertanto delle esigenze espresse dal collega di cui si parlava prima ci sentiamo di cogliere sicuramente quella di una maggiore professionalità: ma non certo a rischio di una riduzione. Ciò che ci preme è il permanere della civiltà greco-romana nella nostra società, perchè la società stessa non perda il contatto con le proprie radici, e con una cultura che, pur nei limiti di ogni umana esperienza, ha molto da insegnarci: il quarto tema di maturità classica di quest’anno, benchè formulato in modo un po’ squilibrato, era davvero apprezzabile in questo senso: un piccolo segno positivo.
Un altro segno positivo viene alla luce scavando nei programmi di scuole superiori un po’ emarginate, come la scuola magistrale per maestre d’asilo: un tipo di scuola triennale generalmente presente solo in istituti privati e che rischia di essere soppiantato da quinquenni sperimentali faraonici e dispersivi. L’insegnamento che più caratterizza questa scuola è la storia della pedagogia (con voto scritto e orale): nel primo anno si studia l’età antica. Sembra un’impresa disperante proporre il concetto di uomo nella filosofia greca a ragazzette quattordicenni di non grande levatura culturale: eppure abbiamo avuto modo di apprezzare come l’impegno di un insegnante riesca a creare un approccio non banale, ad esempio, al pensiero di Platone, favorendo così anche in questo tipo di scuola il permanere della memoria di una civiltà che ci ha costituito.
Ancora un segno: una maestra di terza elementare, nello svolgere la storia greca, ritiene importante accostare i bambini a parole sig nificative di quella civiltà; un papà, interpellato in proposito, ci coinvolge: decidiamo per il primo stasimo dell’Antigone. Su richiesta della maestra, che ha preparato i bambini, il testo viene letto prima in greco, poi in traduzione e spiegato nel suo significato di presentazione della grandezza e dei limiti dell’uomo. I bambini ascoltano, sembrano apprezzare e, forse, s’interessano di più che non al nome dei capi d’abbigliamento o all’elenco dei prodotti.
E non vogliamo vedere un segno positivo nella diffusione di testi classici in collane di tascabili a basso prezzo? Francamente c’importa poco che sia un’operazione commerciale, che il testo non sia scientificamente perfetto e l’introduzione approssimativa: importa che Seneca, o Epicuro, o Cicerone, o Plutarco, o anche Luciano e Apicio siano sentiti come scrittori da comprare e leggere, come appartenenti ad un mondo in comunicazione col nostro.
Sarà certo poco. Ma i segni vanno vagliati e apprezzati se buoni o per ciò che hanno di buono. Il resto al nostro impegno e alla Provvidenza.