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Editoriale 1981-1

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


Zétesis è parola greca che significa ‘ricerca’, e soprattutto ricerca della verità, del significato profondo della vita e dal proprio operare: riteniamo che gran parte della cultura antica (e certo la parte più vera, più originale e meno caduca) abbia vissuto in modo appassionato questa tensione verso l’alétheia, cioè verso lo svelarsi, all’occhio dell’uomo, di fatti e sensi che prima rimanevano celati al suo sguardo. La conquista di una verità comporta un appagamento per l’uomo, e quanto meno questa verità è parziale, quanto maggiormente cioè essa può rendere conto del senso di noi stessi e dei nessi esistenti tra sé e li mondo, tanto maggiore è la soddisfazione dell’uomo. In questo suo tentativo di conoscere continuamente delle nuove verità, di imparare, di vedersi scoprire dinanzi agli occhi gli arcani della realtà in cui vive, nella scienza come nell’arte, nel pensiero come nella religione, l’uomo antico ci è tuttora maestro, e può segnare più di un punto di vantaggio rispetto a tante culture moderne, tese non alla ricerca della verità, bensì al dubbio sistematico, alla disgregazione della persona umana in tanti fattori fra loro separati ed incomunicanti, al di là dei quali nulla esiste capace di dare un senso unitario ai gesti, ai pensieri, alle tensioni dell’uomo.
Genus humanum arte at ratione vivit: è una frase di S. Tommaso ripresa dal S. Padre Giovanni Paolo II nel discorso all’Unesco del 2 giugno 1980: “l’uomo è se stesso mediante la verità, e diventa più se stesso tramite la conoscenza sempre più perfetta della verità”, richiamava ancora il Papa in un altro punto dello stesso discorso. “L’uomo che, nel mondo visibile, è l’unico soggetto antico della cultura, è anche il suo unico oggetto e il suo termine. La cultura è ciò per cui l’uomo diventa più uomo, “è” di più, accede di più all’essere”.
Questo richiamo al desiderio, connaturato all’essere stesso  dell’uomo, di cercare la verità, alla capacità che l’uomo desidera avere dl capirsi sempre più profondamente, è motivo ispiratore non solamente di questo fascicolo, ma de1la maggior parte del nostro lavoro. Come persona impegnate nella scuola e nella ricerca, operanti in un ambito che tanta parte della cultura moderne, in buona o in cattiva fede, per scopi più o mano nobili e disinteressati, ha cercato in ogni modo di screditare presso la pubblica opinione, cioè nell’ambito degli studi riguardante il mondo antico greco-romano, tentiamo dl richiamarci a questo ideale di cultura che pone come centro e come fine l’uomo. L’autorevolezza della parola del Papa già citata ci è di conforto a di aiuto in una situazione difficile e delicata come quelle attuale; da una parte nel monde della scuola, dopo la sterili e velleitarie parole d’ordine sessantottesche, provocatrici di livellamenti verso il basso demagogici e di distruzione assai più che di edificazione di novità, di assiste, negli ultimi tempi, a una ripresa di un efficientismo fine a sé stesso, teso a un funzionamento apparentemente migliore delle istituzioni, ma incapace di riflettere alla presenza e al peso che ha, al1’interno dell’istituzione stessa, la persona umana, colla sua dignità (docenti e studenti) e, coseremmo dire, col suo mistero; dall’altra parte, nel mondo delle ricerca, in una tensione continua e una specializzazione sempre più grande, ma sempre meno capace d’intuire il fine e lo scopo della ricerca stessa, con un conseguente e inevitabile inaridimento dello studio e un progressivo perdere di vista le ragioni stesse che lo fanno ancor oggi valido, non solo come ornamento culturale per l’individuo, ma soprattutto come strumento sociale, essendo, secondo noi, la conoscenza del passato fattore di progress e di capacità critica.
Mossi da questi intenti, cerchiamo con questo fascicolo un colloquio con quanti altri si riconoscono in questo tentativo, privo di pretese e conscio dei propri limiti, ma, a nostro avviso, cosciente che non è una perfetta e sempre più raffinata competenza che aiuta questi studi a sopravvivere, bensì il giocare tutti sé stessi, col proprio entusiasmo, la propria identità culturale, la propria persona in una parola, in un tentativo di lettura del mondo antico che cominci a divenire, oltre che astrattamente interessante o affascinante, anche carico di significato.

Questo fascicolo riporta una serie di interventi, dunque, che si muovono nella linea fin qui descritta. Esso si articola, come risulta già da uno sguardo sommario dell’indice, in diversi momenti: dalla necessità di accostarci al testo con una capacità critica che, nel momento in cui formula al testo delle domande, sia anche consapevole dei limiti e della precarietà con cui i testi antichi (e non soltanto antichi) ci sono pervenuti, all’esigenza di interrogarsi sul valore e l’importanza reale, al di là di mode a di slogan, che alcuni nuovi strumenti d’interpretazione, come l’antropologia culturale, possono avere per una cultura centrate sulla persona umana, all’esigenza di porci al corrente su quanto in Italia e all’estero si produca sulla questione che maggiormente ci tocca (perché e come studiare l’antico?), al tentativo di dare un giudizio il più possibile serio e documentato su alcuni strumenti fondamentali del nostro lavoro quali sono per l’appunto i testi scolastici (in questo caso le antologie latine per il biennio), alle comunicazione dl esperienze e tentativi didattici.

Non riteniamo che alcuno degli scritti presentati possa ritenersi esauriente o “definitlvo”: lasciamo ad altri questa presunzione di poter dire l’ultima parola su un argomento, per quanto piccolo o limitato possa essere. E del resto non è lo scopo che ci siamo proposti: quello che vorremmo non è chiudere dei problemi, bensì aprirli, e soprattutto aiutarci e aiutare, in una disponibilità continua alla collaborazione e alla critica, a suscitare delle domande che troppo spesso oggi vengono eluse o addirittura censurate.