Home Antichi detectives Paul Doherty, La serie del medico Telamon

Paul Doherty, La serie del medico Telamon

by Mariapina Dragonetti

di Giulia Regoliosi


The house of Death, 2001


L’autore firma col suo nome una serie che mantiene il sottotitolo della precedente, A mystery of Alexander the Great, e ne è idealmente la prosecuzione: la vicenda di Alessandro, lasciata al tempo della distruzione di Tebe, è ripresa a partire dalla sosta a Sesto, in attesa dell’imbarco per la conquista dell’oriente. Ma protagonista della serie è ora un altro ex-compagno di studi di Alessandro, il medico Telamon, inviato da Olimpias al campo di Sesto per divenire il medico e l’amico di fiducia del re. Durante la lunga sosta, causata da vaticini infausti, avvengono una serie di morti misteriose, alcune delle quali appartengono (come nella serie precedente) al tipo della camera chiusa. Telamon, forte della logica appresa da Aristotele, risolve gli enigmi e scopre chi crea il panico nell’accampamento, permettendo ad Alessandro di partire per la spedizione. Si aggiunge una ragazza tebana, sopravvissuta alla strage e scelta da Telamon come aiutante nel suo lavoro di medico.
Il romanzo ha il suo punto di forza nel racconto della battaglia del Granico e nella presentazione del carattere mutevole e affascinante del re: buona anche la scrittura e la caratterizzazione dei personaggi minori. L’autore introduce molte citazioni da Omero e dai poeti attraverso la conversazione fra i personaggi, e fa precedere ogni capitolo da citazioni di storici, Arriano, Curzio Rufo, Diodoro, pseudo-Callistene; peccato che la citazione iniziale, l’unica anche in greco, sia zeppa di errori.

The Godless Man, 2002

La vicenda storica parte dall’ingresso di Alessandro ad Efeso: il re si trova coinvolto nelle lotte e vendette politiche fra oligarchici e democratici. Dopo aver concesso processi sommari contro gli oligarchici filopersiani, ordina di fermare le stragi e garantisce protezione nel tempio di Eracle ad un gruppo di superstiti. Con un nuovo ricorso all’enigma della camera chiusa, l’autore fa avvenire nel tempio un macabro assassinio multiplo: gli indizi misteriosi portano ad una setta di assassini, detti Centauri, che sembrava estinta e la cui sede si diceva contenesse un tesoro. Mentre si moltiplicano le morti e gli attentati, Alessandro prepara la conquista di Mileto;. prima però chiede a Telamon di scoprire il o i colpevoli e di aiutarlo a sostenere il suo legame con la dea di Efeso, Artemide. Anche in questo romanzo il punto di forza è la vicenda storica, il colpo di mano di Alessandro per prendere Mileto. La soluzione dell’enigma è accettabile, ma l’indizio che porta alla scoperta del colpevole quasi sfugge e non è comunque molto probante, mentre la lunga spiegazione nell’ultimo capitolo è noiosa e in fondo superflua: la stessa frase finale, che dovrebbe dar ragione del titolo, non ha molto senso. Il rapporto fra Telamon e la sua compagna resta da chiarire (Telamon soffre ancora per la perdita di una donna amata), per cui il ruolo di aiuto-detective assunto dalla ragazza sembra più che altro un omaggio alle moltissime coppie di detectives della letteratura gialla.
Anche in quest’opera sono molte le citazioni, con qualche gaffe nell’attribuzione. I pochi (per fortuna) passi in greco sono pieni di errori; una misteriosa iniziale che sembra un triangolo o una A viene spacciata come una D senza che si spieghi che sarebbe una Δ.

The Gates of Hell, 2003

Mετὰ δὲ ταῦτα τοῦ ᾿Αλεξάνδρου φιλοτιμουμένου τῷ (πατρὶ) τὴν ἰδίαν (ἀνδραγαθίαν ἐνδείξασθαι …)
Parto con la frase di Diodoro Siculo (16, 86) messa come sempre in inizio di libro. Questa volta la citazione non solo manca di tutti gli accenti ma elimina anche le parole che ho messo fra parentesi per cui è priva di senso. Naturalmente la traduzione (all’indicativo) funziona. Ancora una volta notiamo l’uso disinvolto del greco: anche il cifrario su cui si regge parte del plot è costruito sull’alfabeto inglese, ma si finge costruito su quello greco. Peccato. Il libro è veramente bello: il racconto della conquista di Alicarnasso, fortificata e protetta dalla flotta persiana, ha veramente toni epici, a partire dallo spiegamento di forze descritto come il catalogo omerico. Grandiosa la costruzione del ponte sulla trincea, la sortita persiana, l’assalto notturno preparato dall’incursione all’interno. La presenza involontaria di Telamon, medico e non guerriero, costituisce un contraltare all’entusiasmo distruttivo di Alessandro, fino all’amara riflessione finale che chiude il libro e, presumibilmente, la serie. Il plot giallo s’incentra anche qui su un enigma della camera chiusa, la morte di uno degli incaricati di decifrare il testo che dovrebbe contenere notizie utili per la conquista di Alicarnasso.Si succedono altre morti collegate, o forse no, con la prima, fino alla soluzione che sembra un po’ fragile. La presenza di un attore comporta la declamazioni di testi tragici, in particolare dell’Antigone, con qualche riferimento scorretto ma con effetto fra il comico (il coro è costituito da rozzi guerrieri Galli) e il suggestivo.

Anna Apostolou, La serie di Miriam Bartimaeus

A murder in Thebes, 1998

Con questo curioso pseudonimo di donna greca P. C. Doherty, un autore dai molti alias, firma una breve serie costituita da A murder in Macedon e ; i romanzi hanno come sottotitolo A mystery of Alexander the Great e prendono spunto da episodi della vita di Alessandro Magno: la detection è affidata ad una donna ebrea, che insieme al fratello gemello sarebbe stata compagna di studi di Alessandro sotto la guida di Aristotele e poi sarebbe divenuta, sempre insieme al fratello, sua segretaria e consigliera, nonché investigatrice dei delitti via via incontrati. Il libro che ho per ora potuto leggere è il secondo della serie, A murder in Thebes, ambientato a Tebe nella circostanza della distruzione della città da parte dei Macedoni: nell’immane tragedia comune (da Plutarco l’autore estrapola uno dei pochi episodi noti, quello di Timoclea), Miriam si trova a dover risolvere due enigmi della camera chiusa: il caso del comandante della guarnigione macedone nella Cadmea trovato morto ai piedi di una torre in seguito alla caduta da una stanza chiusa dall’interno e sorvegliata, e il caso di una corona sparita da un santuario nonostante le guardie e trappole invalicabili. I due enigmi, cui si aggiungono numerosi altri delitti, vengono risolti da Miriam con un lavoro d’indagine e con il ricorso alla logica aristotelica: il lettore attento ha a disposizione per il primo una certa reminiscenza da Chesterton e per il secondo un indizio apparentemente non collegato ma piuttosto evidente. Il contesto storico sembra abbastanza credibile, mentre risultano molto bizzarri i riferimenti mitico/religiosi: che a Tebe ci fosse un culto di Edipo con un collegio di sacerdotesse e la venerazione della corona ferrea dell’antico sovrano lascia perplessi (oltre tutto l’ansia di Alessandro di cingersi la corona ferrea è molto napoleonica!); stranissimo è il ruolo di Miriam, specie nel confronto con uomini quasi tutti omosessuali (più un fratello inetto e scialbissimo).