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Inizialmente viene ripresa dallo scorso Sabato la questione dei modelli di Stazio.
- Mi sembra di vedere come modello, oltre a quelli già indicati la scorsa volta, Apollonio Rodio: Polinice ha molti caratteri di Giasone, l’incertezza, l’inefficienza (ἀμηχανίη): non compie azioni eroiche, è perfino sconfitto nelle gare sportive; si pente, vorrebbe rinunciare; d’altro canto Eteocle è crudele come Eeta, in particolare nei confronti del messaggero (il figlio di Frisso-Tideo). Il catalogo dei partecipanti alla spedizione contro Tebe ha somiglianze col catalogo degli Argonauti, in entrambi i casi la spedizione è a vantaggio di uno solo che deve recuperare il trono, ma alcuni partecipano per amore di gloria e di avventura. Potremmo aggiungere coincidenze come la presenza di Ipsipile e la semina dei denti del drago (addirittura Cadmo e Eeta in Apollonio si spartiscono i denti da seminare). D’altro canto le somiglianze con l’Eneide sono estrinseche e poco significative.
- Stazio utilizza diversi modelli, ogni personaggio ed episodio ha qualcosa della tradizione precedente, a partire da Omero, come i giochi funebri o la lotta di Ippomedonte col fiume, che ricorda la lotta di Achille col fiume nell’Iliade.
- Imita Virgilio ma cambiando di segno e introducendo dinamiche psicopatologiche. Ad es. nel I libro, v. 369, Stazio riprende il virgiliano undique et undique coelum trasformandolo in undique et undique frater, per sottolineare l’ossessione di Polinice esule nei confronti del fratello.
- Proprio il cambiamento di segno (cioè di senso ultimo) intendevo parlando di somiglianze estrinseche: invece rispetto ad Apollonio il senso è simile (avventura, crudeltà, ἀμηχανίη), e così pure i caratteri.
- Probabilmente Stazio riprende anche la tragedia latina arcaica, che aveva il gusto del macabro.
- Molti insistono su Antimaco di Colofone come fonte principale.
- su alcuni personaggi: Capaneo è diverso da come Adrasto lo descrive nelle Supplici, con un ritratto del tutto positivo, ma corrisponde alla sua descrizione nelle Fenicie, dove Antigone anticipa nel suo timore le intenzioni di Capaneo.
- L’introduzione di Argia riduce l’importanza di Antigone, che sparisce alla fine del poema, ma presumibilmente si salva.
- Alfieri nell’Antigone riprende la vicenda delle due cognate, ma deve far scomparire Argia (per motivi diplomatici non può essere fatta prigioniera) per valorizzare Antigone.
- La morte di Creonte ucciso da Teseo sembra un’innovazione rispetto alle fonti greche (vedi Supplici e ad esempio Eraclidi); imita il duello fra Turno ed Enea.
- Virgilio concludendo il poema col duello innova rispetto ad Omero; l’innovazione sarà poi ripresa ad esempio da Ariosto.
- La conclusione della Tebaide è molto frettolosa, sembra che voglia liberarsi dalle vicende finali per arrivare al congedo.
- Perché Stazio sceglie un poema mitologico? sconfessa Lucano ma lo riprende nel primo verso.
- Forse vuole riferirsi alle guerre civili concluse con la pace Flavia?
- Comunque Stazio non ha avuto molta fortuna col poema quanto a vantaggi economici rispetto ad altre opere, come dice Giovenale (VII, 82 ss.)
Uno legge Theb. X, 897- 939
- La posizione di Giove è strana: nel primo libro aveva insistito perché ci fosse la guerra, a causa della malvagità degli uomini. Parallelamente all’azione di Tisifone vi era stata quella di Morte, su incarico di Giove. Poi all’inizio del settimo libro Giove rimprovera Marte perché è belli lenis e gli ordina di darsi da fare perché la spedizione dei Sette, che si è così rallentata, si compia. Ora invece rifiuta di ascoltare gli dèi che lo esortano a intervenire. Il suo atteggiamento è caratterizzato da pacem, forse significativa in una vicenda di guerra, anche se viene tradotta ‘serenità’ o simili.
- Aequus utrisque del precedente v. 884 ricorda la posizione dello Zeus omerico o del Giove virgiliano: quest’ultimo però non avrebbe neppure voluto la guerra provocata da Giunone. L’equanimità riguarda gli uomini in guerra o le fazioni degli dèi?
- Gli dèi lo definiscono lentum (‘pigro?’).
- In effetti la punizione di Capaneo inizia senza che Giove lo decida: ipsa…regia, ipsae nubes (913-4).
- Giove non ha paura degli uomini e della loro follia: ipse furentem risit.
- Il riferimento alla chioma è tradizionale e banale.
- Il Giove virgiliano è garante del fato, lo Zeus iliadico sembra indifferente. Ma nell’Iliade ha anche una dimensione tragica (morte di Sarpedonte) e nel XXIV dell’Iliade interviene come garante della pietas. Nel primo dell’Odissea pone la questione del rapporto colpa/punizione, introducendo il tema della ὕβρις che avrà poi una lunga storia successiva.
- Nullane…numina / statis? espressione molto condensata, col verbo in seconda persona e in enjambement. Il verbo ritorna a proposito di Capaneo stesso: 891 stare, 935 stat.
- Piget o pudet? piget sembra lectio facilior.
- Capaneo non vuole riferirsi solo a divinità minori e passa direttamente a provocare Giove.
- Dignus + infinito: ad esempio in Orazio (dignus notari).
- Fortior + infinito in Orazio (Serm. 2, 7, 86). La variante fortius riferita ai due infiniti è chiaramente facilior.
- Turres o thalamos? thalamos è in codici deteriores. Ma non risulta che Giove abbia abbattuto le tor.ri di Tebe, la vendetta è caso mai di Dioniso. Le variae lectiones indicano che gli antichi stessi non capivano.
- Ingemuit … superum dolor: potrebbe essere un’ipallage.
- Un testo traduce ‘esplose il dolore’, efficace, ma non corrispondente al testo.
- Frendens indica il digrignare i denti per la collera e la frustrazione. Vedi Liv. 30, 20, 1 detto di Annibale che obbedisce a malincuore agli ordini di Cartagine.
- Supera ad convexa: in Virgilio caeli convexa (Aen. 4, 451).
- Uno spostamento in dubio pro fulmine? Il dubbio è degli dèi.
- Mirantur: ‘si stupiscono’ o lo ‘ammirano’? Comunque taciti dopo tanti interventi e lamentele.
- Bella la descrizione della tempesta e del fulmine nei diversi aspetti, visivi, uditivi e tattici.
- Procellis nel senso di ‘nuvoloni, nembi’, di solito indica una tempesta in mare.
- Giove interviene solo al v. 927 (toto Iove) dopo l’estrema provocazione.
- Sub pectore nella parte espunta è poco chiaro: la corazza e quel che ne resta è sul petto non sotto. – gusto per il macabro, lo splatter.
- Extremumque in sidera versus anhelat richiama il v. 827 astrigeros Capaneus tollendus in axes, composizione ad anello dell’episodio.
- Sperare e la v.l. meruisse indicano che essere folgorati da Giove è un onore.
- La figura di Mezenzio in Virgilio è poeticamente migliore.
- Capaneo è stato paragonato alla figura di Epicuro in Lucrezio.
Passiamo al secondo brano, XII, 420-446
- Di nuovo il verbo stare, già visto nel passo precedente. Se lo colleghiamo a quello significa non ‘rimanere’ ma ‘ergersi’. Il rogo brucia ancora, quindi si erge, non è crollato come i roghi ormai in cenere.
- nel poema il funerale d’onore è quello di Meneceo, l’eroe salvatore; Eteocle è colpevole (saevos… artus) e a malapena ottiene il rogo funebre.
- Stazio indica quattro possibili motivi perché il rogo bruci ancora: il caso, il volere degli dèi, la Fortuna (personificata, come in Apuleio) e la Furia.
- Servaverat ‘aveva conservato’ accesi i fuochi dissensuros ‘destinati a dividersi’ (anticipa l’esito) o ‘perché si dividessero’ (finale).
- Dissentio è riferito in genere a persone, le fiamme sono umanizzate.
- Advivere ‘vivacchiare’.
- E’ sottilineata l’unità fra le due donne: pariter… simul
- Flebile gavisae: ossimoro; ricorda il δακρυόεν γελάσασα di Il. VI, 484.
- Quicumque o quemcumque? se è il primo è soggetto della subordinata volitiva e gli si riferiscono gli aggettivi; nel secondo caso è l’oggetto di rogant e il soggetto della subordinata è sottinteso. Il primo caso è forse più lineare. Richiama Phars. VIII, 746 ss., il rogo di persona sconosciuta su cui porre Pompeo.
- Primos predicativo: il fuoco sfiora il corpo.
- Ignis edax: cfr. Aesch. Prom. 368.
- Exundant ‘allargarsi’ detto delle fiamme.
- Coruscant regge il complemento oggetto alternos apices.
- Che senso ha il riferimento all’Orcus? è una similitudine? ma il tertium comparationis non funziona, perché Orcus riunisce, non divide. O vuole dire che è come se queste due Furie (Tisifone e Megera, responsabili del duello) si contrapponessero? o si alleassero?
- Uterque… variatio.
- Il riconoscimento della cintura ricorda il riconoscimento del balteo in Virgilio.
- Nelle parole di Antigone il tema dell’inutilità della guerra (nil actum bello) e dell’esilio irrisolto (exul ubique, semper inops aequi).
- Esiste una tradizione precedente a proposito del rogo diviso? In Eschilo Antigone copre di terra Polinice.
- In Alfieri gli danno fuoco con una torcia.
- Bianore in A.P. VII, 396 dice dei figli di Edipo: κείνων χὠ τάφος ἀντίπαλος / καὶ πυρὶ ἤλεγξαν ἐναντίον. Quindi esisteva una tradizione. Peraltro l’ipotesi di Pfeiffer che fosse già in Callimaco pare del tutto campata in aria: il frammento 105 è ridottissimo e illeggibile.