di Moreno Morani e Giulia Regoliosi
Sul re degli Unni è fiorita in ogni epoca una leggenda, ora estremamente truculenta, ora eroica, ora amorosa, ora misticheggiante. Personaggio dai contorni storici imprecisi e in fondo non così determinante per la storia dell’Occidente, Attila ha avuto una straordinaria fama, interpretazioni e fascino difficilmente eguagliabili. Fra le biografie romanzate che citiamo in altra parte del sito, ad esempio, troviamo la rilettura di Louis de Wohl, Attila the Hun, 1949: il romanziere parte dal dato storico della reiterata e mai esaudita richiesta di Attila di avere come moglie Onoria, sorella dell’imperatore Valentiniano III: tale richiesta, non tanto strana dato che la stessa madre di Onoria, Galla Placidia, era stata moglie del re dei Visigoti, aveva evidentemente motivi politici, ma de Wohl vi costruisce una storia d’amore finita tragicamente, passando in secondo piano ogni altra vicenda salvo il ruolo salvifico del Papa. Più recentemente Michelle Loi incentra il suo romanzo sulla figura di Ezio (Attila mon ami. Mémoires d’Aetius, 1997): un’autobiografia fittizia in cui il controverso generale spiega le sue scelte politiche e il suo rapporto di amicizia/inimicizia col capo degli Unni cercando quasi disperatamente di presentare sia se stesso sia il rivale in modo positivo.
Nei due romanzi citati emergono due aspetti che ritroviamo nell’opera verdiana: l’elemento amoroso e l’ambiguità del generale Ezio.Verdi aveva avuto notizia di una tragedia di Zacharias Werner dedicata ad Attila [testo tedesco: qui] leggendo De l’Allemagne di Madame de Stael, che ne riportava un riassunto. Il libretto venne affidato a Temistocle Solera, anch’egli personaggio non poco bizzarro e controverso, il cui padre era stato rinchiuso allo Spielberg. Nel 1842 Solera aveva già composto il libretto del Nabucco, rispetto a cui vi sono nell’Attila evidenti somiglianze, data l’accentuazione del tema dei profughi in esilio. Durante il 1845 Verdi compose le musiche su un libretto incompleto perché Solera, partito per la Spagna, non aveva terminato l’opera, alla cui conclusione provvide infine Piave (peraltro mai citato come coautore). La prima rappresentazione avvenne il 17 marzo del 1846 a Venezia, in un clima che già faceva presentire i moti risorgimentali e pochi mesi prima dell’elezione di Pio IX, il Papa che doveva destare tante speranze.
Il prologo si svolge inizialmente ad Aquileja, conquistata e distrutta dagli Unni che ne hanno ucciso in battaglia il signore. Mentre il Coro canta l’elogio di Attila, questi arriva su un carro tirato da prigionieri e scorge con stupore un gruppo di giovani donne, serbate in vita nonostante i suoi ordini. Fra loro c’è Odabella, figlia del sovrano defunto, che esalta l’eroismo patriottico delle donne italiche contro la viltà di quelle barbare. Attila se ne innamora, le dona la sua spada e la ospita con ogni onore. Da subito si rivela, in un a parte, la decisione di Odabella di fingere di compiacere Attila, in attesa di vendicare la morte del padre.
Viene introdotto Ezio, inviato dell’imperatore. Ha già incontrato Attila nella battaglia dei Campi Catalaunici (Chalons), e l’ha sconfitto: per questo Attila l’accoglie con rispetto. Ma Ezio gli propone in segreto di tradire gli imperatori di Oriente e di Occidente, col patto che l’impero vada ad Attila e l’Italia a lui stesso. Respinto con sdegno da Attila, che ne rifiuta la slealtà, Ezio tenta di riproporsi come ambasciatore imperiale ma viene cacciato e se ne va minacciando guerra.
La scena si sposta su una laguna abitata da eremiti sopra povere palafitte: vi giungono i profughi di Aquileja che vi fonderanno Venezia. Loro guida è Foresto, che è diviso fra la fede dei compagni e degli eremiti e l’ angoscia per l’amata Odabella e per la patria distrutta.
Il primo atto inizia con l’incontro segreto fra Foresto e Odabella: la donna, accusata di tradire l’innamorato, gli rivela l’intenzione di uccidere Attila con la sua stessa spada, emulando l’eroismo dell’antica Giuditta; Foresto sembra accettare e i due si rallegrano del loro amore. Nella notte precedente l’assalto di Roma, Attila sogna che un vecchio lo trattiene dal penetrare in una terra che appartiene a Dio; si desta turbato, poi decide ugualmente di affrettare la partenza. Ma si ode da lontano il canto del Veni Creator e appare una processione guidata da Papa Leone (nel libretto però indicato solo come vecchio romano). Mentre il Papa ripete ad Attila le stesse parole del sogno, il re ha la visione di due figure fiammeggianti che lo respingono e si prostra fra lo stupore scandalizzato degli uni e commosso degli altri.
Il secondo atto è estremamente convulso. Si apre con la protesta di Ezio richiamato a Roma dall’imperatore dopo la pace con Attila, alla cui festa dovrà per di più partecipare; ma gli si avvicina Foresto proponendogli di tenere nascosto l’esercito durante la festa: quando Attila morirà avvelenato i soldati interverranno a fare strage degli Unni. A sera le fiamme sacre si spengono indicando funesti presagi. Ezio fa un ultimo tentativo di convincere Attila ad allearsi con lui, ma mentre il re lo respinge nuovamente lo schiavo Uldino, cui è affidato il compimento del tranello, gli porge la coppa avvelenata; ma Odabella, sdegnata perché le è stata sottratta la vendetta, avverte Attila del veleno. Foresto si presenta come l’antico nemico del re e si dichiara colpevole, salvando Uldino; salvato a sua volta da Odabella, che ne chiede il possesso al re, fugge maledicendola, ancora una volta senza capirne il progetto.
Nel terzo atto Attila, riconoscente, decide di sposare Odabella. Foresto ed Ezio tramano nuovamente l’assalto al campo degli Unni, ma Foresto è soprattutto furente per le nozze dell’amata. Odabella giunge da loro fuggendo il talamo nuziale dove le è apparsa l’ombra del padre: Attila che l’insegue si trova di fronte tutti e tre i personaggi e li accusa di perfidia: Dolabella affrancata dalla schiavitù, Foresto lasciato in libertà, Ezio di cui ha risparmiato la patria. Ma tutti e tre respingono le sue accuse ricordandone le colpe, mentre si odono i fragori dell’assalto romano al campo unno. Odabella colpisce Attila offrendone la morte al padre defunto; il re grida il tradimento e muore con le parole di Cesare: E tu pure…?
Va detto che la morte di Attila, pur con numerose varianti, è sempre stata legata in qualche modo alle sue nozze. Il cronista contemporaneo Prisco l’attribuisce ad un’emorragia durante la prima notte di nozze con la pannonica Krimhilda; il successivo cronista Marcellino ne dà una versione più truculenta (noctu muliebri manu cultroque confoditur) senza specificare se l’assassina fosse sua moglie o un’altra donna; le leggende nordiche aggiungono anche il nome della donna, la moglie Gudrun. Solera, o meglio la sua fonte tedesca, ha ricreato la vicenda attribuendo alla donna il movente patriottico e filiale e assimilandola alla biblica Giuditta. Ne risulta un personaggio ben costruito, con qualche voluta ambiguità se giunge fin quasi a dividere il talamo con Attila; come ben costruito è il personaggio del protagonista. L’antagonista Foresto è invece irrisolto e scialbo, totalmente incapace di capire le situazioni.
Per leggere il libretto:
http://www.librettidopera.it/zpdf/attila_ts.pdf
La partitura integrale dell’opera si può trovare al seg. link:
http://hz.imslp.info/files/imglnks/usimg/2/25/IMSLP279669-PMLP32306-attiladrammalir00mfull.pdf
Nel sito di youtube si possono trovare filmati integrali di rappresentazioni dell’opera.Citiamo per esempio:
https://www.youtube.com/watch?v=86LmRB0i_Yo (Teatro alla Scala di Milano, 1990)
https://www.youtube.com/watch?v=auYSximGOZM (Teatro comunale di Bologna 2016)
Il seguente link punta a un’esecuzione del Preludio diretta da Riccardo Muti: