Mostra presentata al XXIII Meeting per l’Amicizia fra i popoli (18-24 agosto 2002)
a cura della Redazione
La mostra presentata al XXIII Meeting per l’Amicizia fra i popoli (18-24 agosto 2002) si propone di cogliere alcuni momenti significativi della ricerca di Dio nel paganesimo greco-romano: è l’incontro con alcuni momenti della sensibilità religiosa degli antichi, che documentano l’intensità (e in qualche caso l’angoscia e la sofferenza) con cui nel mondo classico ci si è interrogati sul significato ultimo delle cose e della vita, cercando nel creato le tracce del divino, e nel contempo mostrano come anche al di fuori della tradizione ebraico-cristiana vi siano semi di verità che albergano in ogni cultura e in ogni momento della storia. D’altro canto, per quanto noi possiamo conoscere, tramite l’Annunzio cristiano, le risposte a cui tendevano le domande degli antichi, la ricerca religiosa pagana è utile anche per noi, in quanto ci interroga e ci sollecita a una riflessione sui fondamenti e sulle ragioni della nostra fede. Il titolo si richiama ad Atti 17 (il discorso di San Paolo sull’Areopago) e il logo ufficiale, visibile anche nella copertina del Catalogo (qui a fianco), è tratto dal frammento di una statua di Skopas, che rappresenta un uomo con gli occhi volti verso l’alto.La mostra, nata dall’iniziativa della redazione e del comitato scientifico di Zetesis, è stata realizzata dalla collaborazione di numerosi amici, e si compone di una trentina di pannelli: un pannello introduttivo, il percorso vero e proprio (pannelli 1-27), due pannelli dedicati a luoghi sacri particolarmente significativi del mondo greco e del mondo romano.
Breve descrizione della mostra
In ogni pannello il tema è trattato col richiamo a citazioni di autori classici, seguite da un commento più o meno ampio a seconda delle necessità. Le immagini dei pannelli si propongono di integrarsi col testo, mostrando come anche le arti figurative rechino traccia indelebile della ricerca religiosa dei pagani: si è cercato di dare un collegamento il più possibile esplicito tra i testi prescelti e le immagini, in armonia col carattere documentario del percorso da noi disegnato.
I sezione
I Cristiani dei primi secoli, consapevoli della rivelazione divina che, prima attraverso i profeti e poi attraverso Gesù Cristo, ha comunicato loro con eventi e parole la verità riguardo all’origine e alla fine del mondo, al senso della storia e dell’umanità, hanno guardato spesso con stupore agli uomini del paganesimo greco-romano che avevano cercato in modo sincero e drammatico un significato all’esistenza e che erano giunti ad acute e profonde intuizioni di verità. Hanno colto nella loro ricerca e nei risultati raggiunti un’ulteriore manifestazione della bontà e della potenza di Dio che ha saputo raggiungere gli uomini anche mediante l’ordine e la bellezza della natura e le voci più profonde dell’animo umano.
Arricchiti dall’esperienza e dalla riflessione dei pagani ed ammaestrati dal loro insegnamento letterario, i cristiani hanno però individuato il limite di una ricerca condotta con i soli mezzi umani ed hanno avvertito nelle forme e nei riti pagani il rischio di tradire il desiderio pur vero di rapporto con il mistero e il divino.
II-III sezione
L’esame di alcune parole significative del lessico religioso antico, che compaiono nella II sezione, e di alcune espressione letterarie di grande efficacia riportate nella III sezione illustrano con evidenza il carattere esistenzialmente più immediato dell’esperienza religiosa antica: il senso del mistero e dell’alterità del divino.
L’uomo, unico essere dotato di ragione e di parola, capace di generare strutture sociali ed organismi politici che non solo avevano reso possibile la vita, ma le avevano anche permesso di raggiungere elevati livelli di raffinatezza, si riconosceva tuttavia impotente di fronte a forze a lui esterne e sconosciute che limitavano le sue azioni o addirittura vi si opponevano. C’era quindi “altro” rispetto all’uomo, inteso come singolo o come collettività, che non presentava i suoi limiti e che veniva chiamato hieròs; aveva un suo dominio proprio e, in quanto tale, veniva chiamato sacer. Ed era un “altro” potente che assegnava all’uomo la sua “moira”, il suo destino, in modo insondabile, spesso contraddittorio o addirittura malevolo. E la vita personale e collettiva appariva precaria, disordinata, senza quell’equilibrio e quell’ordine che sembravano invece animare la natura e il cosmo. Netta emergeva la sproporzione tra il mondo umano e quello divino e di fronte a tale percezione l’uomo tentava ora di affermare se stesso oltre i limiti che gli erano fissati, ora di riconoscerli ed accettarli con quella sophrosyne, quella saggezza, che ricreava in uno sforzo teso e attivo l’equilibrio che le circostanze non gli avevano dato.
IV sezione
Questo primitivo sentimento religioso si è concretizzato in una pluralità di manifestazioni, di riti e di espressioni di culto, che pur nella loro diversità nel tempo e nello spazio ci permettono di cogliere due aspetti diversi, ma complementari delle religioni pagane antiche.
Se le divinità caratterizzate spesso dagli stessi difetti degli esseri umani, invidiose e vendicative nei loro confronti, testimoniano il sentimento di angoscia con cui gli antichi hanno guardato alla realtà, nello stesso tempo, proprio con i loro aspetti umani, esprimono evidentemente il desiderio da parte dell’uomo di una divinità che potesse essere incontrata e con cui l’individuo potesse comunicare.
Da qui deriva il carattere antropomorfo degli dèi superiori (IV, 1), che, pur non vivendo sulla terra a fianco degli esseri umani, possono rendersi a loro manifesti e l’esistenza di figure divine che costituiscono una possibilità di mediazione tra dèi ed uomini o in quanto divinità inferiori che vivono sulla terra (IV, 5) o in quanto uomini che per meriti eccezionali sono stati assunti alla dignità divina (IV, 6).
A tutti questi dèi l’uomo può rivolgersi nella speranza di essere ascoltato tramite la preghiera pubblica ed individuale (IV, 2) ed egli può ricevere la comunicazione della loro volontà tramite gli oracoli o altri segni da interpretare (IV, 4). Certamente, tuttavia, la forma religiosa che più attesta il desiderio di entrare in stretta e profonda unione con il mondo divino alla ricerca di una salvezza personale è rappresentata dal fenomeno delle religioni misteriche che percorre tutto l’evo antico, classico ed ellenistico, greco e romano (IV, 3).
V sezione
Nel mondo antico gli uomini si aggregano e si costituiscono in una collettività organizzata non solo in base alla comunanza di lingue, tradizioni e leggi, ma anche in base alla comunanza di culti: dagli dèi ricevono la consacrazione delle loro istituzioni, nonché la protezione per il raggiungimento dei successi politici e militari. Da ciò derivano nel contempo il carattere civile delle cerimonie religiose ed il carattere religioso di tante istituzioni civili, nonché il sopravanzare dell’aspetto politico e collettivo del culto rispetto a quello personale e soggettivo. L’uomo, che nell’età classica s’identifica con il cittadino, entra, infatti, in contatto con gli dèi soprattutto tramite la pratica comune dei riti e delle preghiere ed anche la sua religiosità soggettiva verso le divinità riconosciute dallo stato è sentita come rigoroso dovere di cittadino tanto che ogni violazione nei confronti della tradizione religiosa della città diventa un atto delittuoso nei confronti dello stato. Proprio di fronte all’inevitabile rischio dell’accentuarsi della componente collettivistica e ritualistica a discapito di una più profonda relazione interpersonale con il trascendente, sorgono già in età classica e si diffondono in età ellenistica e romana i culti misterici.
VI-IX sezioni
Le successive sezioni (VI-IX) vogliono rappresentare in modo articolato la ricchezza e la profondità dell’esperienza religiosa del paganesimo antico che, sul nucleo essenziale precedentemente illustrato, ha innestato un graduale e lento, ma innegabile, cammino evolutivo verso un’immagine di divino che in modo sempre maggiore corrispondesse alle più radicate aspettative umane.
Se, infatti, come abbiamo visto, le divinità omeriche rispondevano all’esigenza di superare il divario profondamente ed esistenzialmente sentito dall’uomo rendendosi incontrabili, erano pur tuttavia ancora specchio del limite stesso dell’uomo e della sua realtà: immortali, erano però caratterizzate dai medesimi difetti dell’uomo e nei suoi confronti agivano in modo insondabile, se non capriccioso. Ma dalle elevate e sofferte, spesso contraddittorie voci dei poeti e dei pensatori dei secoli successivi emergono imponenti ora l’aspirazione, ora la fede in una divinità che, giusta, si faccia garante della realizzazione della giustizia tra gli uomini (VI, 1) e che, immune da limiti, offra un esempio ed una speranza di perfezione (VI, 2).
Di fronte alla sofferenza e al dolore, che appaiono comuni ed ineliminabili dall’esistenza terrena, l’uomo antico si apre alla speranza che il divino riveli nei suoi confronti non odio ed invidia, e nemmeno indifferenza, ma un amore paterno che sappia non solo confortarlo (VII, 1) ma anche guidarlo, proprio attraverso la fatica e il patire, seppur misteriosamente, in un cammino positivo e in qualche modo salvifico (VII, 2).
Ma per l’uomo, che riconosce la sua dignità rispetto agli altri esseri viventi e la sua vicinanza al divino nel possesso della ragione, della parola e che è mosso dalla ragione stessa alla conoscenza, l’aspirazione più alta e drammatica è rivolta ad un Dio che egli possa conoscere (VI, 3) e di cui possa cogliere l’azione nella storia; ad un Dio che renda manifesto il suo volere e che guidi l’umanità e la storia intera a realizzarlo (VIII, 1), se non addirittura, aspirazione suprema, ad un Dio che riveli se stesso (IX).
La creatività greco-romana ha rappresentato la potenza di queste aspirazioni ugualmente nobili in due figure: Bellerofonte che, consapevole dei propri limiti umani a risolvere le ingiustizie e a comprenderne il significato, decide temerariamente di salire al cielo per andare a verificare se ci sono davvero gli dèi (VI, 4) e Enea che, devoto ed obbediente, desidera seguire il cammino preparato per lui dalla divinità (VIII, 2).
X sezione
Pur nella continua alternanza di intuizioni e di incertezze, di confidenza nelle proprie capacità cognitive e di disperazione per l’inadeguatezza al tutto da conoscere, il cammino religioso dell’antichità ci ha rivelato un innegabile sforzo di conoscenza e di moralità, vissuto in una tensione vertiginosa, tale da essere umanamente insostenibile senza il sostegno della verità rivelata.
L’ultima sezione illustra, infatti, tre fenomeni dell’esperienza greco-romana che testimoniano i cedimenti in quest’elevata tensione al rapporto con il mistero: la rinuncia alla ricerca della verità, annichiliti dall’inadeguatezza dei propri mezzi d’indagine e privi di ogni speranza nel sostegno divino (X, 1); lo scetticismo nella presenza di un disegno che guidi la storia e la sconfortante certezza che tutto la realtà è in balia di una casualità impersonale (X, 2) ed, infine, l’illusorio affidamento del proprio destino nelle mani di uomini e di rituali magici (X, 3).
XI sezione
La mostra si conclude, nell’XI sezione, con l’annuncio dell’avvenimento cristiano, così come lo proclama Paolo nella Lettera ai Galati. Il passo evoca in modo toccante e suggestivo le parole piene di attesa e di speranza del poeta Virgilio nella IV Egloga, quasi ad affermare che la manifestazione di potenza e di verità dell’Incarnazione giungeva come risposta al desiderio di Dio sincero ed ormai divenuto maturo.
XII sezione
Integrano la mostra due pannelli dedicati ai luoghi del sacro, uno in Grecia (il santuario di Apollo a Delfi) e uno a Roma.
Nell’esposizione realizzata per il Meeting di Rimini, in una sala laterale del padiglione che ospitava la mostra un video offriva tre ampi passaggi di tragedie greche (I Persiani di Eschilo, l’Edipo Re di Sofocle e le Troiane di Euripide) tratti da rappresentazioni di anni passati illustrate dalla presenza di attori famosi (da Gassmann a E.M. Salerno): il video voleva essere un’ulteriore occasione di riflessione su alcuni momenti particolarmente espressivi (ed esteticamente facilmente godibili) della domanda e dell’esperienza religiosa dell’uomo greco.
La mostra è stata arricchita dalla lettura, realizzata dall’attore A. Carabelli, di un’antologia di testi centrati sul tema dell’attesa di Dio.
E’ disponibile il catalogo della mostra, edito da Itaca Libri, che contiene le immagini e i testi (in una forma un po’ più ampia di quella utilizzata per la mostra vera e propria). Ricordiamo che è possibile noleggiare la mostra per utilizzarla in sede locale. Le richieste vanno inoltrate all’Associazione Meeting per l’Amicizia fra i popoli (via Flaminia 18, 47900 Rimini), che è la proprietaria del materiale. Ulteriori informazioni al sito Meetingmostre (cliccare qui).
Riprese
Primavera del 2003 (fino al 31 maggio)
La mostra viene esposta nella Sede Patriarcale di Lisbona. Nel Catalogo (realizzato con una grafica molto vivace per cura del Centro Cultural de Lisboa Pedro Hispano), la rassegna dei pannelli è preceduta da una Prefazione di S. Eminenza il Cardinale Patriarca di Lisbona, in cui si legga tra l’altro: «Dio ha creato l’uomo, chiede di essere incontrato e riconosciuto da lui; di fatti la gioia di un Dio scoperto è infinitamente più pura e più umana di quella di un Dio imposto. La ricerca di Dio è un universale umano. Essa è, nel cuore di ogni uomo, la porta aperta alla manifestazione di Dio. Persino la negazione di Dio è, quasi sempre, il grido angosciato di chi pensa che non sia possibile incontrarLo».
03/04/2003- 17/04/2003
Istituto oOso Mario Corbino, Siracusa
27/03/2006-04/04/2006
Scuola dell’infanzia Maria Immacolata, Bussero (Mi)