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Convegno internazionale di studi ovidiani

by Mariapina Dragonetti

Sulmona, 20-21 ottobre 2023

a cura di Consuelo Cristofori


Dopo il Convegno di Studi tenutosi nei giorni 7-8 Luglio 2023, in memoria del professor Giuseppe Papponetti, benemerito studioso del poeta Ovidio e sostenitore degli studi classici nella città di Sulmona, si è svolto in questi giorni il Convegno Internazionale del Centro Studi Ovidiani, dal titolo “Gli Strumenti di Ovidio, Ovidio come Strumento”. Egregiamente organizzato dalla professoressa Lisa Ciccone, docente all’Università di Zurigo e presidente del Centro Studi Ovidiani, si è svolto con dovizia di interventi e di relazioni che spaziavano dall’età stessa di Ovidio, fino al Rinascimento. Riporto il comunicato introduttivo della prof.ssa   Ciccone.

“Il Convegno è importante sia per il suo spiccato carattere di internazionalità, sia perché affronta tematiche su cui la ricerca ha ancora molto da esprimersi: da una parte gli strumenti (scholia greci e fonti di altro genere) su cui Ovidio potrebbe aver formato la sua competenza poetica, fatta evidentemente  non soltanto di ispirazione, dall’altra come l’opera di Ovidio sia stata interpretata nel corso dei secoli, perché fornisse gli strumenti utili per la formazione del sapere nel Medioevo e nell’Umanesimo-Rinascimento”. Verrà inoltre preparato un sito (www.centrostudiovidiani.org) “in grado di ospitare i più completi database, offrendo così allo studioso di qualsiasi livello la possibilità di svolgere la sua ricerca su Ovidio”.

La mattinata del primo giorno ha spaziato sulle fonti, soprattutto greche, delle quali si servì probabilmente il poeta, comprese grammatiche e testi mitografici, tramite le relazioni dei professori Luigi Galasso e Jean-Christophe Jolivet, mentre Fabio Stok e Stefano Briguglio hanno esaminato rispettivamente il rapporto fra i commentatori di Ovidio e quelli di Virgilio e l’aspetto erudito delle “Metamorfosi”.
Le relazioni pomeridiane hanno introdotto gli studiosi alla presenza di Ovidio e di alcuni testi a lui attribuiti nelle opere del Petrarca, entrando quindi in un’epoca nella quale il Nostro “viene allegorizzato e moralizzato, facendogli così ottenere grandissima fortuna anche nei periodi successivi” (prof.ssa Ciccone). Ricordo a tal proposito la relazione del professor Vincenzo Fera, sui marginalia petrarcheschi, e quella del prof. Marco Petoletti, che individua alcune leggende nate in ambito cristiano sul Nostro e propone il confronto tra il pensiero petrarchesco sull’amore e sulla solitudine e quello degli autori classici da lui prediletti. In tale contesto, Fabio Forner ha approfondito l’esame di alcuni manoscritti petrarcheschi di studenti transalpini, mentre Sergio Casali ha esaminato il commento alle Metamorfosi di Raffaele Regio, il primo a stampa (1492- 1493), che conobbe notevole successo e numerose ristampe. 

Il secondo giorno ha visto lo sviluppo di questa ricerca nell’ambito dei commenti tardo-antichi, in particolare nel rapporto con il poeta Stazio (professor Fabio Gatti), mentre il prof. Giampiero Rosati ha evidenziato i commenti delle scuole cristiane su Ovidio. Vale la pena di ricordare che, secondo lo studioso, nel V-VI secolo Ovidio veniva letto come poeta di miti e repertorio mitografico; segue poi un lungo periodo di silenzio, interrotto dopo il Mille, sia tramite imitazioni più o meno licenziose, sia tramite critiche esplicite alla sua immoralità. Sta di fatto che, pur parlando di Ovidio poco volentieri, monaci e padri della Chiesa lo copiarono, studiarono ed analizzarono, “facendone uno strumento culturale, uno fra gli auctores maiores”. Vengono portati come esempi Tertulliano, Lattanzio, Arnobio, Fulgenzio, il “reticente selettivo” San Girolamo: l’empietà dei racconti mitologici mina la maiestas divina (“Ipsa turpitudo negat deorum sanctitatem”, Comm. In Ionam 2.2). Viceversa Fulgenzio, discepolo di Agostino, “opera una svolta: rifiuta la nuda lettera mitologica e chiede di cogliere un’altra realtà filosofica e simbolica: apre la lettura di Ovidio nel Medio Evo, quando il poeta viene metabolizzato e portato alla visione che consente di estrarre un valore anche da lui”.
I professori Frank Coulson e Pieroandrea Martina hanno analizzato l’uso di Ovidio nelle scuole medievali, coprendo in pratica tutto il territorio europeo: Francia, specialmente il NordEst, Gran Bretagna, Germania. Da una parte le glosse, marginali o interlineari che siano, vengono usate per far apprendere il lessico latino a studenti che ormai parlano lingue romanze, dall’altra offrono un più vasto significato del lemma in questione. I due studiosi hanno esaminato in particolare alcuni manoscritti, che ci portano al Milletrecento (MS Phillips 1812 ed altri).
L’esegesi ovidiana e il Thesaurus Glossarum et Commentariorum sono stati esaminati dalla prof. ssa Lisa Ciccone, che, studiando il MS Vaticanus Latinus 1479, ha potuto individuare alcuni esempi della translatio del sapere dal testo latino al mondo degli studi medievali e poi rinascimentali: Niobe rappresenta la superbia, Latona la religione, Polifemo è l’uomo tentato e sedotto dal diavolo, mentre Ulisse, come un bravo predicatore, cerca di esortarlo al bene. Vediamo dunque realizzata la lettura simbolica di Ovidio, tramite la persona stessa del poeta: “La poesia non è più una branca della grammatica, l’auctor non è più inferiore al testo, che sembrerebbe così  una creazione collettiva”.
Gli interventi pomeridiani hanno vieppiù approfondito la ricerca sui criteri con i quali i lettori e gli studiosi del Medio Evo affrontavano i testi ovidiani. A questo proposito, il professor Richard Trachsler ha apportato alcuni esempi di manoscritti francesi, provenienti da Orléans, ricordando che solo nel XIV secolo abbiamo la prima traduzione delle Metamorfosi in francese. In genere, si possono evincere due metodi: spiegazione e descrizione, ma senza tradurre, oppure sola traduzione. Ciò che ne risultava era un sapere enciclopedico, comprendente significati, derivationes (etimologie), osservazioni di varia natura. La prof.ssa Julie Van Peteghem non casualmente ha osservato che quelli antichi “sono molto diversi dai nostri testi moderni, perché ci sono più glosse che testo”. La docente ha poi esaminato il racconto di Apollo e Dafne in tre diversi manoscritti, per giungere a lumeggiare la presenza di elementi ovidiani negli scritti danteschi: MS San Marco 25, MS Pluteus 36:18, MS Riccardianus 624. Si può in conclusione affermare che, all’epoca di Dante, l’opera di Ovidio era condivisa anche dai lettori e non solo dagli studiosi, non si trattava più di una conoscenza elitaria, ma diffusa.
“Tessere ovidiane” nel testo di Giovanni del Virgilio sono state evidenziate ed illustrate dal dottor Giandomenico Tripodi, recente scopritore del commento a Virgilio, finora considerato perso in modo irrimediabile, ma rinvenuto in forma di due recollectae negli archivi dellaBiblioteca Apostolica Vaticana e della Biblioteca Universitaria di Padova. L’opera ovidiana più citata è “Remedia amoris”, ma non mancano clausole tratte dai “Fasti”.
La parte finale del convegno ha evidenziato il percorso compiuto nel XV secolo dagli studiosi umanisti, grazie all’intervento della prof. ssa Clementina Marsico, che ha svolto un interessante excursus, da Pietro da Asolo al Guarino, da Lorenzo Valla a Nicolò Perotti e Pomponio Leto: ciascuno di essi esamina le opere dei poeti antichi, aggiungendo sempre nuove opere e nuovi autori e individuando le caratteristiche del latino ovidiano come lingua tendenzialmente elegante e degna di essere considerata come un modello, polisemica perché poetica.
La prof.ssa Hélène Casanova Robin ha criticato il giudizio usuale che fa di Ovidio un poeta esclusivamente facetus, cosa non del tutto vera, in quanto la scienza della natura è molto presente nei suoi scritti. La docente propone un confronto con l’Antico Testamento e ricorda gli studiosi medievali e rinascimentali che ricercarono gli elementi naturali (i cosiddetti mirabilia o fenomeni naturali) nelle opere ovidiane, in particolare Alexander Neckam (1157-1217) e Giovanni Pontano (1429-1506), che si ispirarono anche a lui oltre che a Pitagora, Aristotele, Strabone, Manilio. Il Pontano dispiega la sua preferenza ovidiana commentando il mito delle Iadi e delle Eliadi, in Urania, III, vv. 678-683.

Il convegno è stato concluso dal saluto della professoressa Lisa Ciccone.