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Editoriale 1983-1

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


E’ ancora la parola di Giovanni Paolo II che guida e indirizza il nostro lavoro, illuminandolo e confortandolo nella scelte e negli scopi. Il discorso rivolto agli uomini di cultura riuniti presso l’Università Cattolica di Milano il 21 maggio scorso ci aiuta a riprendere coscienza del contenuto e del fine ultimo della nostra ricerca: “servire l’uomo”: “Non è stata forse questa la convinzione che ha spinto l’uomo, fin dai primordi della storia e poi, via via, nel corso dei secoli, ad avanzare sui sentieri che s’inerpicano, non di rado ripidi e scoscesi, lungo le pendici di quella montagna fascinosa, che ha nome ‘verità’ e la cui vetta s’immerge nella caligine luminosa del mistero stesso di Dio? E’ stato un cammino non facile, nel quale l’uomo ha dovuto pagare di persona prezzi a volte molto alti. Ma nulla lo ha mai potuto arrestare, perché egli intuiva che nella ricerca della verità era in gioco la sua stessa dignità di essere pensante’. ‘Una vita senza ricerca – ha detto bene Platone – non è degna di essere vissuta’. Nella scoperta del vero l’uomo realizza sé stesso. Questa è, dunque, la finalità essenziale di ogni sforzo, volto alla conoscenza di aspetti nuovi della verità nei vari campi dello scibile. L’uomo, illustri signori, è fine del vostro lavoro di professionisti della cultura. Ed è importante che non ci si stanchi di guardare a questo obiettivo finale di ogni fatica intellettuale, perché v’è il rischio – purtroppo non ipotetico soltanto – che 1’orientamento verso una così nobile meta sia smarrito lungo il cammino o, almeno, che altri utilizzino i frutti della nostra ricerca per fini che col vero bene dell’uomo nulla hanno a che vedere.”
Nella nostra vita quotidiana dì “professionisti della cultura” è frequente imbattersi in persone che hanno smarrito questa meta, o perché l’hanno sostituita con altre apparentemente più vicine e accessibili, o perché – forse nella maggior parte dei casi – sono deluse e scontente di una cultura che non riescono più a risignificare, di rapporti umani (con colleghi, con compagni, con allievi) in cui l’umanità sembra smarrita. E anche in molti che si riconoscono con noi, anche in noi stessi – si rilevava nel dibattito del nostro Convegno a Bologna l’8 maggio scorso – il rischio di adottare metodi e tecniche, libri di testo e impostazioni di programmi o argomenti, scelte di autori e di letture, in risposta a criteri diversi e a volte discordanti rispetto al fine proposto è sempre presente. Dobbiamo essere vigili in questo e aiutarci costantemente a non scegliere le vie più semplici – le più efficienti? – né le più scontate, ma ad interrogarci sempre sul senso reale del nostro studio e del nostro lavoro. “Servire l’uomo” significa accostarsi al passato, oggetto della nostra ricerca, non come predatori di una folla di particolari da cui non emerge una verità d’insieme, né come strumentalizzatori di lingue, espressioni d’uomini, usate per altri fini che non la conoscenza di uomini, ma come persone desideroso d’indagare il mistero di altre persone, dì ritrovare, nella loro preziosa diversità, lo stesso nostro bisogno e le stesse nostre domande, e risposte che hanno contribuito a foggiare la nostra storia. Questo desiderio ha mosso il nostro lavoro di questi mesi, incentrandolo su quattro parole-chiave per la comprensione dell’antico: quattro studi che – eccezionalmente – hanno trovato spazio in questo numero sono il risultato di tale lavoro, che sta avendo anche un maggiore allargamento attraverso incontri sugli stessi temi presso il Centro S. Carlo di Milano.
Ma “servire l’uomo” significa anche dare sempre maggiore senso al lavoro di scuola. Come già si osservava nel numero uscito lo scorso dicembre, questo è stato un anno scolastico in un certo senso privilegiato, per l’occasione che ha fornito a moltissimi di noi d’interrogarsi sul proprio lavoro (e poco importa se 1’occasione in sé non è stata delle più felici!),  e l’occasione si ripresenterà con i concorsi dei prossimi mesi. Già nel Convegno di Bologna abbiamo riflettuto su alcune esperienze e proposte: chiediamo a tutti ì lettori di far diventare patrimonio comune, attraverso interventi scritti anche brevi, le proprie riflessioni e i propri giudizi.