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Editoriale 1986-2

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


La nostra preoccupazione più viva, in questo periodo, riguarda la ventilata scomparsa della storia antica dal biennio delle superiori. Già molte voci autorevoli si sono levate contro questa innovazione, soprattutto da parte di istituzioni culturali, accademie, docenti universitari, che vedono con timore la prospettiva di studenti di lettere classiche privi di basi storiche: anche l’articolo che presentiamo in questo numero è opera di un professore associato di storia antica, Cinzia Bearzot. Poco invece, ci pare, è stato detto da parte di insegnanti direttamente interessati, cioè professori di lettere al biennio, di storia al triennio o di latino (o latino e greco) nei trienni. Eppure la prospettiva è assai preoccupante, giacché, realisticamente, si prevede un biennio totalmente sprecato in chiacchiere per lo meno inutili, se non controproducenti dal punto di vista educativo e metodologico, e un triennio farraginoso, con un programma irrealizzabile: inevitabilmente la storia antica sarà ridotta schematicamente a qualche vicenda o concetto-chiave, e altrettanto avverrà per la storia medievale, pena l’impossibilità di raggiungere il Novecento all’ultimo anno. Per non parlare dell’incompetenza de facto, nonostante l’abilitazione de iure, degli insegnanti di biennio nei confronti della storia moderna (in realtà sociologia, economia, storia delle religioni, ecc., dati i programmi) e degli insegnanti di triennio nei confronti di quella antica (in molte facoltà lo studio della storia greca è limitato agli studenti di lettere classiche). Chi insegna latino e greco al triennio, infine, si troverà di fronte a ragazzi totalmente privi di conoscenze storiche e di idee anche generali sulla civiltà antica. Un’ultima osservazione: si è detto che la storia antica è già oggetto di studio due volte nella scuola dell’obbligo, in terza elementare e in prima media: ma è veramente spiegata e appresa nel suo sviluppo cronologico? Non è più spesso risolta con qualche lettura alle elementari (magari dopo mesi dedicati ad una preistoria più o meno fantasiosa, più o meno darwiniana, con qualche “ricerca” alle medie?).

Resta comunque da richiamarci a un impegno. Non solo nel denunciare l’assurdità dell’innovazione, ma anche nel dimostrare coi fatti che veramente la storia antica al biennio è importante e necessaria. A volte l’insegnante di biennio trascura la storia a vantaggio di materie più “importanti”, come l’italiano, il latino, il greco: a volte la lezione è assegnata senza spiegazione, o spiegata negli ultimi minuti di un’ora; non sempre si dà un adeguato spazio ad un’analisi dello stato delle fonti, alla lettura e commento di alcune; come pure si trascura una scelta attenta del libro di testo, perché assicuri un affronto critico della storia, ponga l’uomo e non le strutture al centro della sua trattazione, non fornisca schemi preconfezionati ma neppure confonda lo studente con una folla di ipotesi contrastanti, sia sufficientemente ampio e completo ma permetta di giungere senza fretta e senza salti al V-VI secolo d.C. Sappiamo che un libro del genere non è facile da reperire: appunto per questo riteniamo importante una verifica attenta ed esigente.

E’ inoltre auspicabile un maggior raccordo fra gli insegnanti del biennio e quelli del triennio (italiano e storia, storia e filosofia, italiano e latino, latino e greco, latino e storia, storia dell’arte, a seconda dei tipi di scuola); soprattutto è importante che i ragazzi si rendano conto che esiste un’aspettativa nei loro confronti da parte degli insegnanti che li accoglieranno, che cioè il loro studio storico sarà la base su cui costruire negli anni successivi, per cui deve essere serio e continuamente tenuto presente. Solo così le proteste contro la ventilata innovazione saranno realmente motivate.