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Editoriale 1990-2

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


Il 21 dicembre scorso la Commissione Brocca per la riforma del biennio ha esaurito il suo compito ed ha presentato i risultati dei suoi lavori al Ministero, in attesa dell’iter parlamentare che si prevede assai lungo. Chi scrive ha fatto parte, fra ottobre e dicembre, di una delle sottocommissioni per la revisione dei programmi delle materie d’indirizzo, la cui formazione e convocazione è avvenuta a tempi brevissimi per permettere il completamento dei lavori prima di Natale. Il grosso limite del lavoro delle diverse sottocommissioni è stato senza dubbio la quasi assoluta impossibilità di confrontarsi fra loro (c’è stato ad esempio solo un breve incontro fra le commissioni di latino e greco), e la proibizione di pronunciarsi su problemi che uscissero dalla stesura dei singoli programmi, problemi ad esempio relativi al quadro generale del biennio, all’elevazione dell’obbligo, alle divisioni e alle strutture degli indirizzi, all’orario e alle materie di ciascun indirizzo. Questo ha significato un lavoro a compartimenti stagni, con finalità unificabili solo a posteriori perché formulate separatamente per ogni materia; inoltre il lavorare isolati comportava il rischio di valorizzare eccessivamente la propria materia, caricandola di contenuti e valori, quasi si dovesse propagandarla e raccomandarne l’opzione. Un ulteriore problema è dato dall’assoluta oscurità (salvo qualche voce di corridoio) sul futuro triennio (orari, materie, struttura complessiva) e su chi sarà incaricato di formularne i programmi: non è fuori luogo temere una scarsa coordinazione con i programmi del biennio per quanto riguarda finalità, obiettivi e modalità.

Se vogliamo ora tentare un giudizio complessivo sulla proposta di riforma, dobbiamo ammettere che si presenta attualmente molto meno sconvolgente e velleitaria di quanto temessimo qualche anno fa: scomparsa l’idea del biennio unico, trasformato lo stesso concetto di biennio in quello di primo e secondo anno di scuola superiore, con conseguente eliminazione del rischio di una post-media, la stessa area comune presenta differenze fra i vari indirizzi ed è lasciato un certo spazio (almeno otto ore) per le materie specifiche. L’indirizzo classico perde un’ora di latino (da cinque a quattro), ma conserva le quattro ore di greco (e forse nel triennio si passerà da tre a quattro ore). Il grosso limite riguarda 1’orario settimanale, che arriva a trentaquattro ore contro le ventisette dell’attuale biennio classico: le varie sperimentazioni praticate adesso aggiungono qualche ora ma non arrivano oltre le trentuno (sperimentazione di informatica e fisica); sembra impossibile pensare che dei ragazzi di biennio reggano l’attenzione e l’impegno di 5/6 ore di scuola più il corrispettivo impegno di studio a casa; le materie aggiunte comportano solo lavoro di laboratorio, riflessione e discussione, senza un aggravio di compiti e lezioni, e lo studio a casa sarà approssimativo e dispersivo per tutte le materie, come avviene ora nella scuola media inferiore. Su questo punto, che sicuramente ha creato dubbi e preoccupazioni anche nella Commissione, crediamo sia ancora possibile intervenire, ora che il progetto dovrebbe essere discusso in sede parlamentare: ma bisogna stare molto attenti per evitare che la proposta di ridurre le ore abbia un effetto boomerang, si ritorca cioè sulle materie d’indirizzo invece che su quelle dell’area comune (diritto ed economia, biologia, scienza della terra): chiaramente è preferibile avere otto ore di latino e greco su 34 piuttosto che sette su 33, sei su 32 o peggio (non sarebbe neppure il caso di dirlo, se proposte del genere non fossero state avanzate più o meno ufficialmente da colleghi delle materie!).

Per quanto riguarda gli altri indirizzi, la lunga discussione su quello scientifico che ha impegnato per mesi commissione e ministro è terminata, purtroppo, con la creazione di due indirizzi scientifici, uno col latino, l’altro identico, nel biennio, all’indirizzo tecnico (salvo differenziarsi, presumibilmente, nel triennio: ma per ora non si sa nulla).L’innovazione non fa che perpetuare ed accentuare l’immagine confusa e indeterminata di liceo scientifico: finora era in sostanza un classico semplificato, con un po’ più di matematica; ora, accanto a questo tipo, ce ne sarà un altro più simile ai tecnici, senza che si arrivi mai a definire con chiarezza che cosa si vuole ottenere: il problema, cioè, non riguarda tanto quel po’ di latino che è in programma nel liceo scientifico, quanto l’immagine del liceo, i suoi obiettivi e le sue finalità; il fatto che possa dividersi in due rami dice molto sulla vaghezza della sua fisionomia. Apprezzabile invece è il fatto che gli indirizzi pedagogico (ex magistrale) e linguistico conservino l’insegnamento del latino.

Resta il problema, che ci riguarda, anche se non in modo diretto, in quanto ci occupiamo di scuola, di quanti intenderanno fare solo due anni di media superiore e lasceranno gli studi esaurito l’obbligo. L’attuale insistenza sul fatto che il biennio non è una post-media, ma prepara al successivo triennio ha messo del tutto in secondo piano il problema di questa fascia di ragazzi. D’altro canto la proposta dello SNALS di risolvere il problema dell’obbligo rendendo obbligatorio per tutti un anno di scuola materna e un quarto anno di scuola media inferiore ci pare un escamotage scarsamente produttivo. Occorre insistere perché l’elevazione dell’obbligo si unisca all’individuazione di ampie possibilità di percorsi brevi.