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Editoriale 1995-2

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


Due dei testi che presentiamo in questo numero, lo studio su Pasolini e l’esperienza sull’insegnamento ginnasiale, ci pongono con urgenza il problema educativo. Scegliamo, per introdurli, alcuni passi del Rischio educativo di L. Giussani, che ci pare possano guidarci nel nostro cammino:

1. Per educare occorre proporre adeguatamente il passato. Senza questa proposta del passato, della conoscenza del passato, della tradizione, il giovane cresce cervellotico o scettico. (…)

2. Seconda urgenza: il passato può essere proposto ai giovani solo se è presentato dentro un vissuto presente che ne sottolinei la corrispondenza con le esigenze ultime del cuore. Vale a dire: dentro un vissuto presente che dia le ragioni di sé. Solo questo vissuto può proporre ed ha il diritto e il dovere di proporre la tradizione, il passato. (…)

3. La vera educazione deve essere un’educazione alla critica. (…)Per natura, chi ama il bambino mette nel suo sacco, sulle spalle, quello che di meglio ha vissuto nella vita, quello che di meglio ha scelto nella vita. Ma, ad un certo punto, la natura dà al bambino, a chi era bambino, l’istinto di prendere il sacco e di metterselo davanti agli occhi (…) Dunque, il giovane rovista dentro il sacco e con questa critica paragona quel che vede dentro, cioè quel che gli ha messo sulle spalle la tradizione, con i desideri del suo cuore: il criterio ultimo del giudizio, infatti, è in noi, altrimenti siamo alienati. Ed il criterio ultimo, che è in ciascuno di noi, è identico: è esigenza di vero, di bello, di buono.” (pagg. XIII-XIV, ed. SEI, Torino, 1995). E più avanti: “Il rispetto di questo metodo ha caratterizzato fin dall’inizio il nostro inpegno educativo, indicandone con chiarezza lo scopo: mostrare la pertinenza della fede alle esigenze della vita. Per la mia formazione in famiglia e in seminario prima, per la mia meditazione dopo, mi ero profondamente persuaso che una fede che non potesse essere reperta e trovata nell’esperienza presente, confermata da essa, utile a rispondere alle sue esigenze, non sarebbe stata una fede in grado di resistere in un mondo dove tutto, tutto, diceva e dice l’opposto” (ibid. pag. XVI).

Ci sentiamo di proporre anche noi questo compito, perché, come dice ancora Giussani (ibid. pagg. XXII-XXIII), “quanto più avanziamo negli anni, tanto più gusto abbiamo… e la miseria degli uomini, di chi non sa, ci appéna di più il cuore”.