a cura della Redazione
Sentiamo il bisogno – in questo inizio d’anno scolastico così confuso – di ripeterci ciò che più ci sta a cuore, l’urgenza che mobilita o che dovrebbe mobilitare, il nostro lavoro di insegnanti e di studiosi.
Le sollecitazioni esterne sono molte e spesso fuorvianti. Il nuovo esame di maturità ha suscitato in ogni scuola riunioni per materie, per classe, per gruppi di classi presumibilmente abbinabili, collegi docenti, commissioni miste: si cerca anzitutto di capre il senso – la lettera e lo spirito – della legge; in secondo luogo di organizzare una preparazione alla prima prova scritta, alla terza, al colloquio, attraverso accordi ed elaborazione di modelli. In alcune scuole si provvede a distribuire tesine ad ogni studente, ad organizzare un percorso per l’orale; i documenti via Internet sono analizzati più che come esempi come oracoli. Si assiste cioè ad una riedizione dell’affannosa girandola di inventive provocata dall’abolizione degli esami a settembre e dall’introduzione dei corsi di recupero: girandola che si perpetua comunque anche quest’anno, giunta alla sua quinta edizione (infatti i maturandi di quest’anno hanno goduto di tutte le innovazioni!) solo che no se ne parla più: la quadratura del circolo – tutti ormai ne sono più che persuasi – non è possibile, i recuperi comunque tentati hanno portato più problemi che risultati, indietro nessuno tornerà mai, si sposta quindi l’inventiva su altre questioni più fresche e altrettanto insolubili.
Non sono tanto le soluzioni intelligenti che ci interessano, anche se rientra negli scopi della rivista proporre metodi e fornire materiali di lavoro: con spirito di servizio, senza presunzioni esclusive o miracolistiche. Ci teniamo di più a esprimere la preoccupazione che i contenuti e i valori delle singole discipline non vadano ridotti e dispersi. Temiamo che – se non proprio quest’anno, in tempi comunque brevissimi – l’ultimo anno sia programmato per la preparazione degli esami eliminando quanto è pur sempre presente nei programmi ministeriali ma non è organico al tipo di prove: a che serve, ad esempio, leggere con cura e attenzione la tragedia, o anche Seneca, Tacito, Plauto, quando difficilmente si può immaginare nell’esame uno spazio per verificarli? Al più si può ipotizzare che ci sia posto per le letterature, sempre che ci si riesca ad inserire in un colloquio (o in un test) pluridisciplinare in cui inevitabilmente saranno privilegiate questioni letterarie/scientifiche/filosofiche di vera o presunta attualità (ci inseriremo con domande frettolose tipo “ti par che questo lo dicesse anche Seneca? o Lucrezio?” frastornando completamente lo studente di medie capacità e reazioni?). E poco vale dire che quanto non risulta all’esame è stato valutato allo scrutinio: o l’esame è la verifica di un lavoro o il lavoro è vilipeso e alla lunga viene meno.
Dobbiamo pertanto lavorare nelle scuole perché si conservino le specificità delle materie, i programmi e le verifiche tradizionali, e le prove d’esame siano pensate il più possibile – nei limiti della legge – come verifica delle singole discipline. Lo studente parta al colloquio da ciò su cui è più preparato, ma non da una “tesina” prefabbricata che finirebbe per orientare pesantemente l’esame e che non è materialmente possibile che sia un lavoro alla portata di ciascuno e seguito singolarmente dai docenti. Se crediamo al valore educativo di ciò che insegniamo non possiamo abdicare ad una parte così rilevante quale il programma dell’ultimo anno.
Chiediamo anche agli insegnanti di latino dei licei scientifici e delle varie forme di magistrali di ripensare ad una materia che – al liceo scientifico in particolare – è stata pesantemente penalizzata per trent’anni: l’esame pluridisciplinare può essere un’occasione per riflettere sul proprio insegnamento e recuperarne il va/ore.
Una seconda sollecitazione ci viene da proposte metodologiche che stanno diventando parole d’ordine nell’insegnamento del latino in particolare, in seguito a vari corsi d’aggiornamento e soprattutto al prestigio dell’IRRSAE Emilia-Romagna. Didattica breve, traduzione contrastiva, uso dell’informatica e altro sono proposte che ci interessano, che abbiamo in parte preso in considerazione in questi ultimi due numeri e che ci proponiamo di riprendere prossimamente. Su alcune di queste tematiche abbiamo ampiamente lavorato anche in passato (si veda ad es. M. Dragonetti, La sintassi dei casi: contributi della moderna linguistica alla didattica del latino, Zetesis 2-3/82 o A. Brenna, Utilità e limiti delle nuove tecnologie: il punto di vista di un insegnante, Zetesis 2-3/92) anticipando idee e proposte che sembrano affatto nuove. Tuttavia ripetiamo che i contenuti ci importano più dei metodi e che laddove i metodi divengano essi stessi contenuti o prevalgano su di essi occorre essere vigilanti. Non ci sembra casuale che si assista ad una massiccia sparizione di testi scolastici che arricchivano il catalogo di molte case editrici (o che sono ancora in catalogo ma, una volta adottati, risultano introvabili): sono sparite (cioè non sono adottabili neppure nelle edizioni più modeste) molte tragedie, molte commedie, alcuni libri di Omero; è difficilissimo scegliere un’antologia di Seneca, di Tacito, di Livio. A poco a poco gli editori spingono ad imboccare vie obbligate, a ridurre varietà e interessi.
Un’ultima sollecitazione: ci saranno finalmente i concorsi. È una occasione buona per confrontarsi sul proprio lavoro, sia per chi deve-sostenere i concorsi sia per chi terrà corsi di preparazione o parteciperà alle commissioni. Un buon lavoro a tutti.