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Editoriale 2004-2

by Mariapina Dragonetti

A cura della Redazione


O Pericle, né i cittadini né la città gioiranno per le feste
biasimando sofferenze dolorose:
tali persone, infatti, l’onda del mare molto fragoroso
ha travolto, e abbiamo i polmoni gonfi di pena.

Abbiamo pensato in questi giorni all’antica sofferenza di Archiloco per gli amici travolti dall’onda, davanti all’incalzare di notizie dall’Oceano Indiano. Secondo la saggezza pagana gli dèi hanno donato insieme al dolore la capacità di sopportarlo: quella τλημοσύνη che è forza, non debolezza, attesa del meglio, non resa. E pagana è anche la risposta allo scandalo del dolore innocente come solidarietà nella colpa: innocenti pagano la pena i figli o le generazioni successive, dice Solone.

Per noi cristiani lo scandalo del dolore innocente resta in tutta la sua drammatica sofferenza, che la saggezza umana, pur nella sua massima profondità, può lenire, non risolvere, di cui può parzialmente intuire qualche significato, ma non la totalità del senso. Anche in questo caso comprendiamo come la risposta stia nell’uomo dei dolori: nel Figlio di Dio incarnatosi a Natale per assumersi tutto il nostro soffrire e renderlo corredentore.

Ma l’essere corsi col pensiero ad Archiloco, a Solone ci fa riflettere anche sul nostro rapporto con la scuola. Ci sollecitano alcune circostanze di questi ultimi tempi: un colloquio con un ispettore che decanta l’importanza dei metodi rispetto ai contenuti; una conversazione natalizia con un giovane parente dalle svariate vicissitudini scolastiche che lamenta di non avere mai avuto da alcun insegnante autentiche proposte culturali, suggerimenti di letture, valorizzazioni di interessi; la lettura di un libro appena uscito, La scuola raccontata al mio cane, dell’insegnante-romanziera Paola Mastrocola. I contenuti sono essenziali, rispondo all’ispettore: per incontrare la bellezza, le domande, la saggezza anche nel dolore insensato; per sentirsi uomini in una storia che ci avvolge, in un prima che ci ha generato; per capire meglio le risposte che abbiamo avuto il dono di ricevere. Ma ha ragione, è importante anche il metodo: la fatica di impadronirsi dei testi imparando lingua, linguaggi, metri; la tensione a rispettare gli autori, ascoltando loro prima della critica, o dei riassunti; l’umiltà di confrontarsi con il giudizio di chi è più avanti, senza dare nulla per scontato, verificando quanto ci viene passato; lo sforzo di trovare nessi, operare collegamenti, cercare il prima e il dopo e il diverso, senza percorsi prefabbricati con materiale sminuzzato. Non so se era quello che intendeva l’ispettore, certamente è quello che intende la Mastrocola. Che tuttavia ha un’ immagine utopistica della scuola, non corrispondente ai suoi ricordi se non per qualche raro esempio (nata nel ’56, ha fatto per sua stessa ammissione le superiori negli anni più ideologizzati): proviamo come un fastidio di fronte ad un libro che si legge velocemente, pieni di consenso e condivisione, per poi giungere al nulla, alla proposta di doposcuola individuali in cui i ragazzi, chiusi per ore in stanze silenziose, studiano e leggono carezzando un gatto. Volutamente paradossale, certo: ma non c’è tempo per il paradosso: è il come essere ora, in questa scuola di POF e di FS, di maturità interne e riforma incombente, che conta veramente. Aggiungiamo che la Mastrocola, specialista in italianistica con dottorati e borse di studio, insegna (allo scientifico) anche latino, cosa di cui nel suo libro non c’è praticamente traccia.
E al ragazzo? E’ più difficile rispondergli che a ispettori o colleghi. Sarà vero che ha avuto solo insegnanti così? Non so: certo la sua esigenza, conclamata anche come autogiustificazione per anni perduti, va nella stessa direzione di quanto si diceva prima: fornire letture, autori con cui confrontarsi per vivere con più senso.