a cura della Redazione
In un romanzo della scrittrice anglosassone Anne Perry un giovane appassionato di storia e di studi classici critica così suo fratello: “(He) sees time like a series of little rooms, allo without windows. If you are in today, then that’s all that exists. I see it all as a vast whole” Vede il tempo come una serie di stanzette, tutte senza finestre. Se oggi ci sei dentro, allora è tutto ciò che esiste. Io vedo tutto questo come un grande insieme (A.Perry, The Silent Cry, 1997, pag. 115).
“A vast whole”, un grande insieme, è l’immagine che per noi è il contenuto del liceo classico, e non solo per le nostre materie. Il senso della storia sotteso a molta parte delle discipline dà allo studente una profondità e un respiro straordinari, un interesse per il particolare nel suo nesso con la totalità del reale. “Any day is as important and as real as any other” (Qualunque giorno è importante e reale come qualunque altro, ibd.), prosegue nel libro il giovane, con una sua rilettura del carpe diem oraziano che abbraccia l’oggi e ogni frammento di realtà della storia.
Crisi del classico, Buona Scuola, RAV, CLIL, maturità che cambia o resta, test universitari che ci sono o forse no… sono tutte parole d’ordine con cui ci stiamo confrontando per poter conservare uno spazio culturale ed educativo in cui continuiamo a credere ed operare. Contribuisce in questo anche il recente intervento del Papa a Strasburgo il 26 novembre scorso. Nel ricordare il progetto politico dei padri fondatori dell’UE, Francesco sottolinea come centrale la fiducia nell’uomo, in quanto persona dotata di una dignità trascendente: e citando anche il discorso di Giovanni Paolo II all’Assemblea del Consiglio d’Europa (8 ottobre 1988) afferma che il pensiero europeo (è) contraddistinto da un ricco incontro, le cui numerose fonti provengono dalla Grecia e da Roma, da substrati celtici, germanici e slavi, e dal Cristianesimo che li ha plasmati profondamente dando luogo proprio al concetto di persona. Più avanti utilizza la celebre immagine di Platone e Aristotele nell’affresco di Raffaello: Il primo con il dito punta verso l’alto, verso il mondo delle idee, potremmo dire verso il cielo; il secondo tende la mano in avanti, verso chi guarda, verso la terra, la realtà concreta. Mi pare un’immagine che ben descrive l’Europa e la sua storia, fatta del continuo incontro tra cielo e terra, dove il cielo indica l’apertura al trascendente, a Dio, che ha da sempre contraddistinto l’uomo europeo, e la terra rappresenta la sua capacità pratica e concreta di affrontare le situazioni e i problemi. Parlando invece al Consiglio d’Europa, Francesco ha usato l’immagine tradizionale dell’albero dalle profonde radici, originalmente però prendendo spunto da un particolare testo poetico, Il pioppo di Clemente Rebora: in un certo senso possiamo pensare all’Europa alla luce di questa immagine. Nel corso della sua storia essa si è sempre protesa verso l’alto, verso mete nuove e ambiziose, animata da un insaziabile desiderio di conoscenza, di sviluppo, di progresso, di pace e di unità … Per camminare verso il futuro serve il passato, necessitano radici profonde, e serve anche il coraggio di non nascondersi davanti al presente e alle sue sfide. Servono memoria, coraggio, sana e umana utopia.
Non siamo certi che l’UE cui Papa Francesco si riferisce sia davvero così: più volte da queste pagine ne abbiamo criticato l’incapacità di accettare il passato, di fondarsi su una storia piena di luci e ombre, ma solida nei riferimenti agli apporti importanti da cui è nata e si è sviluppata, come ricordano entrambi i Papi citati (e vorremmo unirvi con affetto e riconoscenza anche Benedetto XVI). Ma c’è in Francesco stesso memoria, coraggio, sana e umana utopia: quella fiducia nell’uomo senza cui non si può costruire la storia, come non si può pensare di educare i nostri ragazzi.