a cura della Redazione
Siamo in epoca di scelte per gli studenti di terza media (secondaria di primo grado), epoca di ogni tipo di openday, incontri, offerte e proposte; epoca anche di segnalazioni delle scuole migliori, in base a criteri prevalentemente di successo universitario. Fa certo piacere incontrare nomi noti di licei, veder valorizzare luoghi vissuti e stimati: ma ci chiediamo se i criteri sono quelli giusti e che cosa veramente deve muovere una scelta. Mi è capitato di conversare con una persona che mi parlava del liceo frequentato venti anni fa: ricordava anzitutto la fatica e la durezza dei docenti, paragonandole all’attenzione di cui una sua parente aveva fruito in una scuola di recuperi. Poi però mi diceva che gli era rimasta di quegli anni un’impressione di bellezza (dei testi letti, delle cose studiate) e in particolare della Divina Commedia l’idea di una visione ordinata del mondo e della storia. Gli ho detto che basterebbe uscire da un liceo con questa ricchezza, e pazienza se offerta con poca grazia; gli ho anche chiesto se la sua parente, oltre alle attenzioni e alla promozione, aveva ottenuto gli stessi ricordi, ma evidentemente nessuno si era posto il problema.
E’ difficile trovare una scuola, un liceo in particolare dato che è il nostro ambito, che offra tutto ciò che possa farla definire “una buona scuola”. Proviamo a dire: una scuola che faccia incontrare la realtà nella sua totalità attraverso quei frammenti che sono le discipline, viste ciascuna in rapporto alle altre e al tutto; che faccia incontrare la bellezza, usare la ragione; in cui i docenti rispettino il lavoro altrui e se possibile cooperino in una visione unitaria, o dialoghino con onestà; in cui ogni ragazzo sia accolto nella sua particolarità, aiutato a porre domande, a personalizzare il suo apprendimento e la sua crescita; in cui il riorientamento, se necessario, sia chiaro e aiutato; in cui sia possibile incontrare amici più grandi che aiutino nel cammino. Tutto il resto è un di più: FCE e teatro, musica, corsi integrativi, recupero e sostegno, DSA, gite, CL… tutto importante, tutto suggestivo, ma di contorno. In quest’ottica anche il successo universitario non è così significativo: può derivare da una selezione iniziale, o nel corso degli anni; dalla particolare insistenza su alcune materie, dall’importanza data al voto, all’esito, allo studio come teso ad un risultato. Non è detto che implichi una reale crescita, con i tempi giusti che non sono gli stessi per tutti.
Insomma una scuola che educhi. Le tragiche vicende di Parigi e i commenti che si sono succeduti in Tv e nei media, francesi e italiani in particolare, non hanno messo in luce soltanto la follia dei terroristi. E’ stata identificata la civiltà occidentale come libertà di vivere la propria vita così come viene, senza renderne conto, libertà del tempo libero, delle scelte di divertimento: ma è tutto qui? È a questa libertà che educhiamo i nostri figli, i nostri allievi? È a questa fragile libertà che affidiamo la tutela del mondo in cui viviamo?
In altri luoghi del mondo non ci sono solo vittime, ci sono martiri, cioè testimoni. Non ci auguriamo certo che anche qui siamo messi così alla prova, noi e i nostri giovani: ma occorre prepararli ad una responsabilità che nasca dalla domanda su di sé, ad un impegno di libertà autentica che inizia dai criteri in base a cui scegliere e vivere l’età formativa.