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Editoriale 2017-2

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


Nelle scorse settimane si è svolto a Santiago del Cile il convegno biennale di studi classici: un convegno tipicamente neolatino, cui partecipano sudamericani e italiani, a volte portoghesi, e i relatori parlano ciascuno nella propria lingua. E’ sempre impressionante trovarsi dall’altra parte del mondo, fra le Ande e l’Oceano Pacifico, a parlare e ascoltare di φύσις e natura, di Omero e Platone, dei tragici e di Teocrito. Si crea un senso di unità non solo intellettuale, un legame di origini e humanitas ogni volta stupefacente.


 
C’è però un altro aspetto. Abbiamo chiesto ai docenti universitari qual è lo sbocco professionale dei loro studenti: ci rispondono che sperano abbiano la possibilità di proseguire come ricercatori, altrimenti andranno nelle scuole (si ridurranno, sembrano dire) a insegnare altro.
 
Uno studio specialistico, quindi, senza incidenza sulla scuola: questo implica la non incidenza sugli studi successivi, la non creazione di una forma mentis, una modalità di lavoro, un metodo. Ma anche un’assenza nella società della storia cui tutti noi “occidentali” apparteniamo; come poi possa sopravvivere senza radici nelle università è quasi un miracolo.
 
Sappiamo che questo non avviene solo in Chile: sempre più la cultura classica è emarginata nelle scuole. Per questo è necessario valorizzare ogni tentativo che ne presenti l’importanza. In gennaio ci sarà a Milano un convegno proposto da un ex studente di liceo classico ora docente universitario di altra disciplina: scopo del convegno, fatto proprio da docenti universitari e liceali operanti non solo in Italia, è mostrare l’importanza dei nostri studi per comprendere il presente e aggirarvisi in modo efficace: al logos, cioè alla scoperta e all’uso consapevole della ragione, si aggiunge la valorizzazione della sophìa, quella complessa dote che tanta parte ha nella storia della cultura greca, capace di agire creativamente sulla realtà.  
 
Altri segni positivi vengono allo scoperto: la ripresa di corsi di latino o di cultura classica nella scuola media, ad esempio, se a volte risponde ad esigenze di mercato o a preoccupazioni anche eccessive dei genitori, può tuttavia avere un’utilità non solo orientativa e non solo finalizzata a facilitare i futuri liceali: sappiamo di progetti interessanti, rivolti a far incontrare una civiltà che la riforma ha eliminato dalla secondaria di primo grado sopprimendo la storia antica. Proseguono anche gruppi di lavoro fra insegnanti, con un ampio spettro che va dalle letture comuni ai tentativi editoriali. C’è un mondo di classicisti che vive e si muove, con pazienza e senza sfiducia.