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Editoriale 2019-1

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


Alla fine di questo anno scolastico dobbiamo considerare come dato positivo la tenuta, o anche l’incremento, delle iscrizioni ai licei classici. Vediamo però con una certa preoccupazione il fatto che i criteri di scelta dopo la terza media non siano spesso corretti. Il fatto che un liceo abbia avuto un buon esito nell’Eduscopio, vale a dire fornisca agli studenti conoscenze e capacità adatte per affrontare con profitto gli studi universitari, sembra a volte far dimenticare che una buona scuola non basta: occorre una predisposizione a questi studi e un impegno di lavoro costante che non tutti hanno o si sentono di avere. Così pure il fatto che i licei classici abbiano complessivamente fama di scuole serie e ordinate non sostituisce la serietà dello studente. L’uso insistente e cogente della parola inclusione ha fomentato l’equivoco: che il ragazzo impegnato e ben orientato debba avere ogni aiuto a superare DSA e BES è un fatto accettato, accertato e praticato con buon successo; ma che esistano diverse possibili predisposizioni in termini di capacità e di volontà non è eliminabile: altrimenti perché tanti rami di scuola superiore?

Occorre che l’impegno della Scuola Secondaria di Primo Grado in termini di orientamento più chiaro e più utile: la graduatoria usuale (bravissimi classico, bravi scientifico o linguistico, medi tecnico, scadenti professionale) è ben poco orientativa, perché non entra nelle effettive capacità, interessi, disposizioni del singolo; tende inoltre a deprezzare scuole anche ottime che offrono buone possibilità di realizzazione. Così succede che una scuola confusa e priva di immagine precisa come il Liceo delle Scienze Umane raccolga una folla di aspiranti umanisti che non vogliono (o i cui genitori non vogliono) rinunciare alla magica parola liceo.

Desideriamo che il classico persegua veramente l’inclusione, nel senso di aiutare ciascuno a sviluppare le potenzialità che ha, siano esse modeste o eccellenti. Ma bisogna che tali potenzialità esistano e che ci si aggiunga una capacità di accettare fatica, costanza nel lavoro, qualche delusione, qualche insuccesso.

Sarà compito della scuola, oltre a individuare le reali possibilità del singolo studente, far percepire la grandezza e la bellezza degli studi intrapresi, graduare le difficoltà, raccogliere esigenze e domande di senso, sviluppare il lavoro comune anche in termini di aiuto reciproco. Ma anche il compito più arduo di cogliere i segni di disagio e sapere indirizzare tempestivamente verso studi più adeguati.