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Editoriale 2020-1

by Mariapina Dragonetti

a cura della Redazione


Con questo numero siamo entrati nel quarantesimo anno della rivista. Siamo molto fieri sia di essere riusciti a rimanere fedeli ai nostri abbonati e lettori in un’epoca in cui molte riviste hanno vita effimera, sia di aver conservato la veste cartacea, seppur affiancata da un sito ricco di sempre nuove aggiunte: riteniamo che il cartaceo abbia ancora utilità e attrattiva.

Finisce un anno scolastico denso di eventi. Il lockdown ha modificato, oltre ad ogni altro aspetto della vita e della morte, la normalità scolastica, dalla modalità delle lezioni agli incontri fra docenti e con le famiglie, agli esiti finali, agli esami di terza media e di maturità. L’accavallarsi di comunicazioni ministeriali, spesso precedute da interviste o esternazioni in diversi ambiti più o meno ufficiali, ha appesantito il lavoro già difficile di quanti operano nella scuola, il cui compito principale è stata come sempre la salvaguardia degli alunni, della loro crescita, della loro serenità, oltre che del loro apprendimento. Ci sembra inutile qui rifare una cronistoria di dichiarazioni e smentite, fino alle indicazioni sugli scrutini giunte quando molti li avevano già fatti, e alcuni anche resi noti. Possiamo solo sperare che un cambiamento venga, Zeus Padre, da te, come nella preghiera di Danae.

Ma c’è molto su cui riflettere circa il lavoro di questi mesi. Intanto rileviamo che il lavoro non è stato uguale in tutte le scuole e in tutti i luoghi. E’ chiaro che la decisione di promuovere tutti e di non calcolare le assenze poggia sulla consapevolezza che per molti studenti è mancata la possibilità di collegarsi, o per motivi tecnici o per inadempienza delle loro scuole; poggia inoltre sul fatto che molti presidi e direttori hanno rinviato l’inizio della DAD, evitato l’appello dei presenti al collegamento e ridotto solo all’ultimo le verifiche dell’apprendimento e delle competenze. Non ammettere all’anno successivo, dare debiti, considerare nel computo delle assenze il rifiuto di collegarsi è stato reso impossibile da molti casi che non avrebbero potuto giustificare tali decisioni. Non ci permettiamo di giudicare: diciamo solo che la possibilità di una scuola autentica e positiva c’era fin dall’inizio.

Ci volevano alcune condizioni. Anzitutto la tempestività. Capire già dai primi di marzo che bisognava riorganizzare l’orario, convocare i ragazzi, garantirsi che tutti avessero i mezzi per collegarsi e le capacità tecniche, la possibilità di fare a meno provvisoriamente di libri, quaderni, appunti lasciati a scuola. Poi la creatività nel gestire sia i video sia soprattutto la lezione in diretta, con modalità che tenessero desta l’attenzione e la comprensione; l’urgenza di fare in modo che tutti partecipassero, la scoperta che ogni lezione doveva partire dal riepilogo fatto insieme della precedente, perché il classico “prendo appunti ma studio per quando ci sarà la verifica” non aveva più senso e rischiava di rendere gli alunni demotivati e inconsapevoli; la valorizzazione della creatività degli alunni, della loro riflessione su quanto vivevano, della loro fatica in situazioni familiari di dolore e solitudine; l’incremento di rapporti coi docenti e fra compagni con tutti i mezzi, interventi a lezione, chat, mail, telefonate, video; la necessità che il lavoro svolto avesse dei riscontri in valutazioni periodiche, secondo le modalità che pure la circostanza offriva.

Nella nostra scuola, come in altre, abbiamo vissuto tutto questo. Come preside ho deciso di intervenire nelle ore di lezione, cosa che non facevo abitualmente per una sorta di discrezione verso insegnanti e studenti; forse l’ “ospitata” a distanza ha reso più facile la partecipazione. Così ho potuto salutare i ragazzi all’appello, ascoltare le lezioni in diverse materie, notare le domande e le risposte, i dubbi liberamente espressi, a volte anche intervenire su qualche spunto. Ho potuto constatare nei ragazzi una “presenza” vivace e serena, ma anche qualche difficoltà, qualche disimpegno, su cui riflettere e intervenire.

Non intendo assolutamente fare l’elogio della DAD. Già da molte parti ci si è sbilanciati nel dichiarare che la scuola online è la scuola del futuro, che finalmente la tecnologia ha eliminato libri e appunti, che la distanza è più utile e pratica della presenza. Non è così: la scuola è luogo di rapporti, di sguardi diretti, di intervalli nei corridoi, di chiacchierate con gli alunni faccia a faccia, di quel tanto di disordine che la rende viva e informale. E’ luogo in cui alcuni aspetti delle discipline, le traduzioni, gli esercizi di matematica, gli esperimenti di fisica e chimica, le lezioni con il madrelingua di inglese, sono insostituibili.

Ma alcune cose che abbiamo imparato in questi mesi, sia nella tecnologia sia nel rafforzarsi dei rapporti, sono un bene prezioso da conservare.