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Eschilo e la Sicilia nella Cronaca di Paro

by Mariapina Dragonetti

di Ignazio Concordia

da Cronaca di Paro (Χρονικὸν Πάριον – Marmor Parium), IG 12.5.444, Introduzione,
traduzione e note a cura di Ignazio Concordia, Tricase (Lecce), 20182


Per il testo l’edizione di riferimento è quella di Felix Jacoby, Das Marmor Parium, Berlin 1904, ripresa con modifiche in FGrHist 239 (1929).

Nota introduttiva

Tra i problemi che lo storico dell’età classica deve affrontare, uno dei più ardui è quello della disposizione cronologica degli avvenimenti.

In questo senso, l’analisi critica della cosiddetta Cronaca di Paro o Marmor Parium, di seguito MP, diventa un passaggio fondamentale.

La presente edizione commentata, la prima, per quanto mi risulti, con testo greco a fronte e traduzione italiana, si prefigge lo scopo di offrire un strumento di consultazione a chi opera nel campo degli studi storici, per diletto, passione o mestiere. La complessità dei problemi filologici che l’epigrafe presenta, il lungo arco temporale degli eventi coinvolti, la gran mole di dati a cui si deve trovare riscontro, mi rendono consapevole dei limiti insiti in questo lavoro, e mi inducono, già da adesso, a pensare di dover riprendere il documento per rimediare a sviste, errori ed omissioni, ma soprattutto per rivedere e ampliare sia il commento che i riferimenti bibliografici.

La Cronaca è una iscrizione su marmo, proveniente dall’isola greca di Paro, una delle Cicladi nell’Egeo centrale.

Opera di un cronista rimasto anonimo, il documento rappresenta una cronologia greca con una lista di re e arconti ateniesi, che include però anche brevi riferimenti ad eventi mitici, storici e letterari.

Gli eventi, datati a partire dal mitico re Cecrope (1581/80 a.C.), sono riportati con la brevità ed essenzialità tipica delle iscrizioni, senza distinzione tra il mito, che ovviamente prevale nella fase iniziale della Cronaca (A 1-29), e il dato realmente storico. Sappiamo infatti che racconti e personaggi mitici erano trattati dagli antichi alla stregua di fatti storici, sia pure espressi in forma favolosa e abbelliti talora dal fascino poetico.

Non c’è da meravigliarsi dunque se il Marmo Pario, come del resto succede con altre opere di cronologia, si spinge ben oltre il limite della storia, operando relazioni temporali anche tra miti diversi.

L’iscrizione calcola gli avvenimenti fino all’anno in cui a Paro fu arconte Astianatte e ad Atene Diogneto, cioè fino al 264/3 a. C. Ogni evento inizia con l’espressione temporale ἀφ’ οὗ (da che, da quando) ripetuta in forma anaforica (in alcuni casi con ἀπὸ, vd. A 21, B 5, 25, 8, 12, 13, 23, 24) e si conclude con l’indicazione degli anni trascorsi e il nome dell’arconte.

Dei due frammenti rinvenuti, il primo (Fr. A), mutilo nella prima parte, è conservato nell’ Ashmolean Museum di Oxford, dopo essere stato portato a Londra nel 1627 da Thomas Howard, conte di Arundel. Comprende gli avvenimenti tra il 1581/80 e il 355/54 a. C., anno dell’arcontato di Callistrato (A 79), essendo quasi del tutto scomparse le due ultime linee di scrittura delle 93 che lo compongono.

La metà superiore, perduta, si conosce grazie all’edizione di John Selden (Marmora Arundelliana, Londra 1628-9).
Come è stato notato da J. P. Sickinger (Brill’s New Jacoby 239, sigla BNJ), la frase di apertura serve da introduzione a tutto il documento e ne descrive l’ oggetto e i limiti cronologici.

La forma delle lettere è maiuscola e senza accenti, la lingua usata è la koiné che presenta tracce di ionicismi, imputabili con ogni probabilità a peculiarità linguistiche di alcune delle sue fonti.

La parte superiore della pietra è danneggiata, e le parole iniziali della prima riga sono mancanti. Tra queste, con ogni probabilità, c’erano il nome dell’autore del testo e un riferimento alle fonti a cui aveva attinto, delle quali però non viene mai fatta menzione.

Nessuna traccia del nome è rimasta, ma la sua presenza nel documento è suggerita dall’uso della prima persona aor. del verbo ἀναγράφειν (ἀνέγραψα = incisi, descrissi), la prima parola interamente leggibile di tutta l’iscrizione.

L’ipotesi è avvalorata dall’esempio di storici quali Erodoto, Antioco o Tucidide, che hanno messo il loro nome come sigillo all’inizio della loro opera, nonché dal paragone con simili tipi di iscrizioni, come ad es. il Monumentum Archilochi anch’esso da Paro, ma di data posteriore (IG 12.5.445).

Il verbo tipicamente usato nelle iscrizioni, può riferirsi, per estensione, non necessariamente al momento dell’incisione, ma anche a quello della compilazione del documento.

Tale considerazione porta ad ipotizzare che compilazione ed incisione non debbano necessariamente coincidere, e che la loro datazione possa spostarsi ad anni successivi al 264/3 a. C.

Un secondo frammento (fr. B), su 34 linee, riguarda gli anni dal 336/35 al 299/98 a. C., cioè dall’arcontato di Pitodelo a quello di Euctemone, con un’interruzione (dal 354/3 al 337/6) tra i due periodi e la perdita della cronologia successiva al 298/7, fino all’arcontato di Diogneto.

Questo frammento, ritrovato nel 1897 e conservato al museo di Paro, non fu perciò conosciuto da Müller, che nell’ediz. postuma inserita nei Fragmenta Historicorum Graecorum (vol. I, Firmin-Didot, Parisiis, 1841), presenta solo il fr. A.

A giudicare dalle dimensioni dei frammenti rimasti, l’iscrizione aveva le dimensioni di circa due metri di altezza per 80 cm di larghezza e uno spessore di circa 12 centimetri.

Le date effettive degli eventi sono rappresentate dal nome del re ateniese o arconte eponimo in carica al momento che ha avuto luogo il particolare evento. Il nome è accompagnato da una cifra che segue il sistema di numerazione acrofonica e che indica il numero di anni passato dal momento dell’iscrizione stessa o almeno dal tempo in cui la cronaca fu composta. Non mancano tuttavia le incongruenze: i calcoli basati sull’anno 264/3 a. C. spesso producono questa data, ma talora anni diversi, talvolta in contrasto con quelli riferiti da altre fonti.

Le ragioni di queste incoerenze non sono chiare e hanno dato luogo a varie interpretazioni, nessuna delle quali è totalmente soddisfacente. Una ipotesi è che il compilatore del testo abbia usato due o più diversi anni come punto di partenza per i suoi calcoli.

Un’altra opinione, avanzata da Jacoby e ripresa nella BNJ, è che MP alterni metodo esclusivo e inclusivo di conteggio, cioè che talora escluda e talora includa l’anno di riferimento.

Tra gli eventi considerati, oltre a fatti politico-militari, vi sono, come detto, riferimenti a protagonisti della storia letteraria, specie poeti, che hanno segnato una svolta nel campo artistico: da qui nasce il valore dell’epigrafe, che talora costituisce la fonte unica o la più sicura di importanti notizie, com’è il caso della poetessa Saffo, di cui si dà in esclusiva la notizia dell’esilio in Sicilia (in A 36). Anche in questo caso non si conoscono i motivi di queste scelte, anche se l’intento appare quello di delineare una sintetica storia universale.

Gli avvenimenti descritti nel fr. B (1-27 = n. 101-128) sono incentrati sulle imprese di Alessandro Magno, sulle vicende turbolenti e caotiche che seguirono alla sua morte e che, attraverso le lotte sanguinose tra i pretendenti alla successione, portarono alla formazione e costituzione dei regni ellenistici.

In conclusione dobbiamo ammettere che non pochi dubbi rimangono sulle questioni suscitate dal documento: dall’identità dell’autore a quella delle fonti, dalla strana eterogeneità e disparità storica degli eventi considerati, alle incongruenze nel computo e al vero scopo di una tale compilazione. Un profondo conoscitore della storiografia greca come Jacoby arriva alla conclusione che siamo davanti ad un dilettante, ma ciò non risolve i problemi emersi né chiarisce come uno sprovveduto scrittore possa avere raccolto e utilizzato un numero così vario di fonti.

Tenuto conto che Paro è la patria di un grande poeta lirico come Archiloco, che l’autore dell’epigrafe riserva buona parte della sua compilazione alla produzione letteraria, specialmente di tipo lirico e drammaturgico, e manifesta altresì interesse per scoperte e invenzioni tecnologiche, l’impressione è che ci troviamo di fronte, è vero, ad uno scrittore non esperto di studi storici, ma colto, ad un intellettuale che disponeva di risorse e faceva parte dell’élite culturale del suo tempo, formatosi forse nel fecondo clima culturale di Alessandria, la città più prestigiosa del periodo ellenistico all’epoca di Tolomeo II il Filadelfo. In sostanza si può pensare ad un poeta-erudito con interessi storico-letterari, ma anche scientifici (come furono Callimaco o il suo allievo e conterraneo di Cirene, Eratostene), arrivato, per un ignoto motivo, in questa piccola isola delle Cicladi, analogamente a quanto si può dire di Apollonio Rodio, che dai fasti della capitale tolemaica approdò a Rodi, o di Teocrito, che soggiornò a Cos.

Prospetto dei simboli numerici:

Ι 1    (Εἷς)
Γ =5(Πέντε)
Δ=10(Δέκα)
ΓΔ=50(Πεντήκοντα)
Η=100(῾Εκατόν)
ΓΗ =500(Πεντακόσιοι)
Χ=1000 (Χίλιοι).

Castellammare del Golfo, dicembre 2020.

A 48

(490/89 a. C.)

ἀφ’ οὗ ἡ ἐμ Μαραθῶνι μάχη ἐγένετο Ἀθηναίοις πρὸς τοὺς Πέρσας Ἀρ[ταφ]έ[ρνην τε τὸ]ν Δαρείου ἀδελφιδοῦν κα]ὶ [Δᾶ]τιν στρατηγόν, ἣν ἐνίκων Ἀθηναῖοι, ἔτη ΗΗΔΔΓΙΙ, ἄρχοντος Ἀθήνησιν τ[ο]ῦ δευτέρου [Φ]α[ι]ν[ί]π[πίδου· ἧι ἐν μάχηι συνηγωνίσατο Αἰσχύλος ὁ ποιητὴς ἐτ]ῶ[ν] ὢν ΔΔΔΓ.

da che avvenne a Maratona la battaglia degli Ateniesi contro i Persiani, Artaferne nipote di Dario e lo stratego Dati, nella quale vinsero gli Ateniesi, anni 227, essendo Fenippide II arconte ad Atene.

In questa battaglia combattè il poeta Eschilo a 35 anni d’età.

Il campo di battaglia di Maratona (ROTTMANN, Carl [Heidelberg 17897- München 1850], Marathon, 1848,
Encaustico su pietra, 157 x 200 cm, Neue Pinakothek, Monaco)

Note (A 48)

Maratona. Nella Costituz. di Atene (22.3) l’arconte sotto cui avviene la battaglia di Maratona è chiamato Fenippo.

Eschilo. La partecipazione del poeta alla battaglia è attestata in Suda (s.v.) e nella Vita di Sofocle. L’età di 35 anni fissa la nascita del poeta al 525/4 a. C., data desumibile pure da A 59 e da Suda, secondo cui il poeta inizia la sua attività di tragediografo a 25 anni nel 500/499 a. C. Il valore che gli antichi, e lo stesso Eschilo, attribuirono al ruolo di combattente, maggiore della stessa gloria poetica, si evince dal suo celebre epitaffio tramandato nell’appendice dell’Antologia Greca, Epigram. Sepolcrali (2.17): Αἰσχύλον Εὐϕορίωνος ’Αθηναῖον τόδε κεύθει / μνῆμα καταϕθίμενον πυροϕόροιο Γέλας·/ ἀλκὴν δ’ εὐδόκιμον Μαραθώνιον ἄλσος ἂν εἴποι, / καὶ βαρυχαιτήεις Μῆδος ἐπιστάμενος (Eschilo, figlio di Euforione, Ateniese, questo sepolcro ricopre/ morto nella fertile Gela. / Il suo valore può dirlo il bosco famoso di Maratona / e lo conosce il Medo dalla lunga chioma).

A 50

(485/4 a. C.)

ἀφ’ οὗ Αἰσχύλος ὁ ποιητὴς τραγῳδίαι πρῶτον ἐνίκησε, καὶ Εὐριπίδης ὁ ποιητὴς ἐγένετο, καὶ Στησίχορος ὁ ποιητὴς εἰ[ς τὴν Ἑλλάδα ἀ[φίκετ]ο, ἔτη ΗΗΔΔΙΙ, ἄρχοντος Ἀθήνησι Φιλοκράτους.

da che il poeta Eschilo vinse per primo nell’agone tragico, il poeta Euripide nacque e il poeta Stesicoro giunse in Grecia, anni 222, essendo arconte ad Atene Filocrate.

Note (A 50)

Eschilo. Abbiamo qui un’altra precisazione importante per la vita del poeta: la prima vittoria negli agoni tragici, conseguita nel 485/4. In tutto sono attribuite ad Eschilo 13 vittorie, sia da Suda che dalla Vita, che indicano però discordemente il totale delle opere teatrali, (90 Suda, 70 la Vita), mentre ne conosciamo, tra citazioni ed elenchi, in tutto 88.

Euripide. La nascita di Euripide nel 485/4 è ritenuta dubbia per il sincronismo con la prima vittoria di Eschilo, ma non lontana dalla data autentica.

Stesicoro. La cronologia di Stesicoro, attivo tra VII e VI sec. a. C., non è compatibile con il suo arrivo in Grecia nel 485/4 (Suda pone la vita tra la 37ª e la 56ª Olimpiade, 632/556). Se non si vuole pensare ad un errore di MP, si deve ammettere l’esistenza di un secondo poeta con questo nome. L’altra citazione di Stesicoro (A 73), dove è detto esplicitamente Imerese, complica ulteriormente la questione e fa supporre che di poeti con questo soprannome ce ne furono più di uno (Suda, a proposito del poeta più antico, dice che il suo primo nome era Tisia e che poi fu soprannominato Stesicoro, cioè ordinatore di cori, perché introdusse per primo il coro in una composizione citarodica). Appare probabile dunque che questo soprannome fosse attribuito ad altri poeti che presentassero aspetti professionali simili al primo e più famoso Stesicoro (che è ritenuto l’anello di congiunzione tra la poesia epica e quella tragica) e che poi con lui fossero confusi in alcuni tratti distintivi, biografici ed artistici, come lasciano intendere le incerte notizie fornite dalla Suda (s.v. Στησίχορος), che riporta elementi contraddittori.

A 52

(479/8 a. C.)

ἀφ’ οὗ ἡ ἐν Πλαταιαῖς μάχη ἐγένετο Ἀθηναίοις πρὸς Μαρδόνιον τὸν Ξέρξου στρατηγόν, ἣν ἐνίκων Ἀθηναῖοι, καὶ Μαρδόνιος ἐτελεύτησεν ἐν τῆι μάχῆι, καὶ τὸ πῦρ ἐρύη ἐ[ν Σικελίᾳ περὶ τὴν Αἴτνην, ἔτη ΗΗΔΓΙ, ἄρχοντος Ἀθήνησι Ξανθίππου.

da che ci fu a Platea la battaglia degli Ateniesi contro Mardonio, il generale di Serse, che gli Ateniesi vinsero, e Mardonio morì in battaglia, in Sicilia la lava defluì intorno all’Etna, anni 216, essendo arconte ad Atene Santippo.

Pagina con testo delle Coefore dall’edizione di Eschilo, Venezia 1552, curata da F. Robortello

Note (A 52)

Platea. Località della Beozia meridionale, presso la quale Mardonio si era ritirato al comando delle truppe persiane lasciate in Grecia da Serse.

Etna. Il flusso di lava qui registrato nel 479/8, identificabile con l’eruzione dell’Etna che, nei vv. 366-372 del Prometeo Legato di Eschilo, è profetizzata post eventum dal Titano, costituisce l’evento più sicuro per fissare il terminus post quem per la composizione della tragedia. Il fatto è menzionato anche da Pindaro nella Prima Pitica (vv. 21-4), dedicata a Ierone di Etna vincitore col carro nel 470, e da Tucidide (3.116), che, rendendosi conto di una coincidenza sospetta, usa il verbo λέγεται (si dice) ad indicare una data meno certa: «si dice che la colata (del 425 a. C.) sia avvenuta nel cinquantesimo anno dopo l’eruzione precedente» (475 a. C.).

A 56

(469/8 a. C.)

ἀφ’ οὗ Σοφοκλῆς ὁ Σοφίλλου ὁ ἐκ Κολωνοῦ ἐνίκησε τραγωιδίαι ἐτῶν ὢν ΔΔΓΙΙΙ, ἔτη ΗΗΓΙ, ἄρχοντος Ἀθήνησι Ἀψηφίωνος.

da che Sofocle di Colono, figlio di Sofillo, vinse a 28 anni di età nell’agone tragico, anni 206, essendo Apsefione arconte ad Atene.

Note (A 56)

Sofocle. La notizia qui riferita della vittoria di Sofocle all’età di 28 anni, è importante perché consente di fissare la nascita del poeta al 497/6 (o 496/5 con calcolo inclusivo). Plutarco (Cimone 8.8) conferma l’evento e precisa che quella era la sua prima vittoria, scrivendo che Sofocle, ancora giovane, presentò il suo primo dramma sotto l’arcontato di Apsefione e vinse la gara.

Eschilo, mal sopportando la sconfitta, rimase per un poco ancora ad Atene, ma poi se ne andò risentito in Sicilia, dove morì e fu sepolto a Gela (vd. A 59). Per Eusebio il 469/8 coincide con l’acmé di Sofocle.

A 59

(456/5 a. C.)

ἀφ’ οὗ Αἰσχύλος ὁ ποιητὴς βιώσας ἔτη ΓΔΔΓΙΙΙΙ ἐτελεύτησεν ἐγ [Γέλ]αι τῆς Σικελίας, ἔτη ΗΓΔΔΔΔΔΙΙΙ, ἄρχοντος Αθήνησι * * Καλλέου τοῦ προτέρου.

da che il poeta Eschilo, dopo essere vissuto per 69 anni, morì a Gela in Sicilia, anni 193, essendo arconte ad Atene Callia primo.

Monumento bronzeo a Eschilo nella città di Gela

Note (A 59)

Morte di Eschilo. L’età di 69 anni qui riferita alla morte del poeta nel 456/5, conferma la data di nascita nel 525/4 (A 48). I particolari della morte sono leggendari; Plinio il vecchio (10.3.7), Eliano (La Natura degli animali 7.16) e Valerio Massimo (9.12 ext. 2) dicono che fu ucciso da un’aquila che fece cadere una tartaruga sulla sua testa (Cl. Eliano e V. Massimo aggiungono la notazione scherzosa che l’aquila scambiò la testa calva del poeta per una rupe su cui voleva spaccare il guscio della tartaruga). La morte a Gela in Sicilia, dove Eschilo era stato invitato dal tiranno siracusano Gelone e per il quale aveva composto le Etnee, è ricordata, oltre che nell’iscrizione sopra riportata in A 48, in Plutarco (vd. A 56) e in due epigrammi dell’Antologia Palatina (7.39-40), dove l’epigr. 7.411 sottolinea il carattere innovatore e la maggiore perfezione dei versi di Eschilo rispetto a Tespi.

Da un passo della Vita di Eschilo (11, Herington C. J.) apprendiamo poi che quanti dedicavano la vita alle tragedie onoravano il grande drammaturgo ateniese visitando spesso la sua tomba. Il verbo foitóntes adoperato nel passo mette l’accento sulla frequenza con cui i tragici si recavano al sepolcro di Eschilo quasi a trarne ispirazione per i loro versi.

Callia. Il nome inciso nel marmo (Καλλέου = Callea) è certamente un errore perché le altre fonti hanno Callia (Diod. 11.84.1; Dionisio d’Al. 10.26.1; scoli ad Aristof., Acarnesi 10, Nuvole 971; Vita di Euripide 2).

A 63

(407/6 a. C.)

ἀφ’ οὗ Εὐριπίδης βι[ώσας ἔτη ΓΔΔΔΓΙΙΙΙ ἐτ]ελεύτησεν, ἔτη ΗΔΔΔΔΓ, ἄρχοντος Ἀθήνησι Ἀντιγένους.

da che Euripide morì a 79 anni, anni 145, essendo arconte ad Atene Antigene.

Note (A 63)

Morte di Euripide. L’arcontato di Antigene cade nel 407/6 a. C. (Senof. Elleniche 1.3.1; Diod. 13.76.1; Dionisio d’Al. A. R. 7.1.5). Questa data per la morte di Euripide è quasi sicuramente corretta, mentre il 406/5, proposto da altre fonti, resta sospetto per il sincronismo con l’ascesa al potere di Dionisio I (Timeo, FGrHist 566 F 105), e la morte di Sofocle (Apollodoro, FGrHist 244 F 35), vd. A 64.

Al momento della morte, Euripide si trovava a Pella, ospite di Archelao (vd. A 61). Come per gli altri tragici, la sua morte si arricchì di aneddoti: fu sbranato dai cani (punizione riservata agli atei) e la sua tomba fu colpita dal fulmine (Diod.13.103.5; Vita di Euripide 2).

Anni 145. Jacoby pensa ad un errore (al posto di 144), Boeckh suppone invece che il calcolo sia stato fatto a partire dal 262/1, come in A 58.

A 64

(406/5 a. C.)

ἀφ’ οὗ Σοφοκλῆς ὁ ποιητὴς βιώσας ἔτη ΓΔΔΔΔΔΙΙ ἐτελεύτησεν, καὶ Κῦρος ἀνέβη, [ἔτη ΗΔΔΔΔΙΙΙ, ἄρχ]οντος Ἀθήνησι Καλλίου τοῦ * * προτέρου.

da che il poeta Sofocle morì a 92 anni, e Ciro mosse (contro il fratello), anni 143, essendo arconte ad Atene Callia ** primo.

Note (A 64)

Morte di Sofocle. Una tradizione aneddotica si è formata sulla modalità con cui Sofocle è morto: a causa di un acino di uva che lo avrebbe soffocato, come si desume da un epigramma (Ant. Pal. 7.20), o per la troppa gioia a seguito della vittoria ottenuta con la sua ultima tragedia (Diod. 13.103.4). Questa aneddotica riguarda la morte di tutti e tre i grandi tragici (vd. il commento in A 59 per Eschilo e in A 63 per Euripide). Aneddoti a parte, la morte di Sofocle va posta dopo le Dionisie primaverili del 406, quando il poeta, avendo saputo della morte di Euripide, in suo onore fece recitare gli attori e il coro vestiti a lutto e senza corona (Vita di Euripide 2), e prima della rappresentazione delle Rane di Aristofane nelle Lenee del 405, in cui Sofocle è già dato per morto (vv. 76-7).

L’intervallo di 143 anni è ricostruito per far coincidere la data con l’arcontato di Callia del 406/5, attestato in Senofonte (Elleniche 1.6.1), Arist. (Costituz. di Atene 34.1, che lo posticipa di un anno per errore), Andocide (Sui misteri 77), Diod. (13.80.1) e Dionisio d’Al. (A. R. 7.1.5). L’età di 92 anni per la morte è conciliabile con la data di nascita del 497/6, se si adopera il calcolo inclusivo. Altre fonti riportano 90 (Vita di Sofocle 2; Diod. 13.103.4) o 95 anni (Luciano, Macrobioi 24; V. Massimo 8.7 ext. 12).

Ciro. Non è questo l’anno della spedizione di Ciro contro il fratello Artaserse, ma il 401/0 (Senofonte, Anabasi 1.1.2, Diodoro 14.19, Diogene L. 2.6.55).

Callia ** primo. Il testo è da ritenersi corrotto perché un primo Callia, che per errore MP chiama Callea (A 59), è testimoniato quale arconte per l’anno 456/5. Perciò Müller, seguito da Jacoby, sostituisce πρότερος con δεύτερος (secondo). Questa correzione si giustifica solo se MP ignorava l’esistenza di un altro Callia, arconte nel 412/1 (vd. Diodor. 13.34.1 ed altri), come lascia supporre il fatto che il marmo non riporta eventi accaduti tra il 420/19 (A 61) e il 408/7 (A 62). Se invece MP sapeva di questo secondo Callia, πρότερος andrebbe sostituito con τρίτος (terzo).

A 71

(373/2 a. C.)

ἀφ’ οὗ Ἀστυδάμας Ἀθήνησιν ἐνίκησεν, ἔτη ΗΓΙΙΙΙ, ἄρχοντος Ἀθήνησιν Ἀστείου· κατεκάη δὲ τότε κα[ὶ ὁ ἐν Δελφοῖς ναός].

da che Astidamante vinse ad Atene, anni 109, essendo arconte ad Atene Asteio. In quel tempo bruciò [anche il tempio a Delfi].

Note (A 71)

Astidamante. La grande produzione tragica del 4° sec. è andata interamente perduta, come dimostra la sorte dei due poeti con questo nome, padre e figlio, famosi al loro tempo, oggi poco più che nomi, tra di loro confusi a causa delle scarse notizie. Il padre era nipote di Filocle, a sua volta figlio di una sorella di Eschilo (Suda s.v.) e rappresentò il suo primo dramma nel 399/8 (Diod. 14.43.5), per cui è probabile che la vittoria qui ricordata si riferisca al figlio, come le vittorie del 341 (con l’Achille, l’Atamante e l’Antigone) e del 340 (con il Partenopeo e il Licaone), vd. IG2 2 2320, se è vero che il padre è morto a 60 anni (Diod. 14.43). Aristotele ne ricorda l’Alcmeone (Poetica 14), Plutarco (La gloria degli Ateniesi 349E) l’Ettore, Diogene L. (2.43) dice che gli Ateniesi lo onorarono con una statua di bronzo.

Asteio. È l’arconte del 373/2 anche per Diodoro (15.48.1).

Bruciò il tempio a Delfi. Il testo si conclude con una lacuna che non consente un restauro certo. L’evento della comparsa di una cometa nel 373 (Aristotele, Meteorologica 343b), che Seneca (Quest. Naturali 7.16.2) mette in relazione con la distruzione di Elice e Bura, l’una, sulla costa del Peloponneso settentr. nel golfo di Corinto, sommersa da un maremoto, l’altra nell’entroterra, abbattuta da un terremoto (il fatto è citato anche da Plinio il vecchio, Storia Naturale 2.206, e da Ovidio, Metam. 15.293) è stato sostituito dal Munro, e approvato da Jacoby, con quello di un incendio del tempio di Apollo a Delfi, che si può dedurre, forse, da un passo di Senofonte (Elleniche 6.4.2) in cui si parla di un tributo da versare al tempio di Apollo, e da iscrizioni delfiche che registrano contributi destinati alla ricostruzione del tempio. Un evento simile è l’incendio del 548 a. C. ricordato da Erodoto (1.50).

L’integrazione resta comunque controversa.

Nota Bibliografica

Eschilo: G. Perrotta, I tragici Greci, Bari 1931.

Tragedie e Frammenti, a cura di G. e M. Morani, Torino 1987.

Dello stesso autore e sugli stessi temi ricordiamo le due opere:

 Sicilia antica. Geografia Storica 

(La Sicilia antica nelle fonti letterarie, volume primo),

ebook 2012, disponibile su iTunes Store in formato ibooks per iPad, e su Amazon Store in formato PDF.

Questo libro elettronico riporta le fonti classiche greche e latine più autorevoli e significative sulla geostoria della Sicilia nell’antichità, una documentazione che si estende dal V sec. a.C. (con Tucidide) a Stefano Bizantino (VI sec. d. C.), abbracciando un arco temporale di oltre un millennio. Tutta la raccolta nasce dalla convinzione che per accostarsi alla conoscenza del mondo antico la modalità più obiettiva e coinvolgente è quella di accedere direttamente ai testi che hanno lasciato la loro preziosa testimonianza. Si offre in questo modo – così recita l’introduzione –  al nostro sguardo un quadro retrospettivo sulla realtà dell’Isola più grande del Mediterraneo, che è stata sin dalla notte dei tempi, luogo di approdo e di incontro di culture che hanno fondato la nostra civiltà occidentale, con i suoi abitanti e le sue città, dai primi insediamenti preistorici, avvolti nel mito, ai popoli anellenici, dalla colonizzazione greco-fenicia alla dominazione romana.

Il ratto di Kore

ebook 2012, disponibile gratuitamente su iTunes Store in formato ibooks per iPad e sul sito di Zetesis in PDF.

La Sicilia è una terra piena di miti, che giungono sino a noi dalla notte dei tempi attraverso la voce degli antichi scrittori, o sono impressi nelle vestigia sparse in ogni angolo del suo territorio, o sopravvivono nelle sue tradizioni popolari: alcuni di essi hanno una dimensione prettamente locale; altri, noti a parecchi autori, accolti e assorbiti da ambienti e rituali estranei all’isola, hanno un’importanza e una diffusione riconosciuta in tutto il mondo classico. Tutti esprimono, seppure in forme diverse, il complesso rapporto dell’uomo con la realtà in cui si trova a vivere.

Tra i miti pù suggestivi spicca quello di Kore (o Persefone, chiamata in seguito Proserpina dai Romani), e del suo rapimento avvenuto, secondo la versione più accreditata, in un prato meraviglioso che si estendeva ai piedi del monte su cui sorge la città di Enna, presso le rive del lago di Pergusa, ad opera di Ade, il tenebroso dio dei morti. Questo ratto famoso della figlia di Demetra, che rappresenta un testo chiave per la conoscenza dell’etnologia e della storia delle religioni, ha ispirato autori antichi e moderni, poeti e cultori delle arti figurative, che hanno giustamente trovato in esso motivi drammatici ed amorosi, oltre che simbolici. Ne sono un esempio questi versi dedicati alla Sicilia dal poeta catanese G. Villaroel:

e udisti il grido pauroso e folle
di Proserpina, stretta fra le braccia
del dio infernale, e Cerere, in sua traccia,
piangere errando sulle mute zolle

(Rapsodia mitica, vv. 21-24)