Un tema ricorrente è quello dell’acquedotto
Lindsay Davis, Three Hands in the Fountain (1997)
Robert Harris, Pompeii (2003)
Montse Barderi, Los arcos del agua (2015)
Fabian Lenk, Die Spur führt zum Aquadukt (2003)
dalla serie M. Didius Falco
La scrittrice inglese ha pubblicato venti romanzi con lo stesso protagonista, l’investigatore/informatore politico M. Didius Falco, tutti ambientati nel decennio dell’impero di Vespasiano con cui il protagonista ha un rapporto di lavoro e stima, mentre più difficile è il rapporto coi due figli, Tito e soprattutto Domiziano.
Alcuni romanzi costituiscono delle miniserie: la prima che ha un metallo nel titolo, e l’altra che ha un numero nel titolo.
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Three hands in the Fountain (1997)
Con Three hands in the Fountain (1997) inizia la miniserie “numerica”. Benché il primo macabro ritrovamento avvenga in effetti in una fontana, e altri nel Tevere o nella Cloaca Massima, il luogo più importante, anzi il vero protagonista del romanzo, è l’acquedotto, descritto minutamente e appassionatamente. Si potrebbe anzi dire che esiste un tema per aficionados della grande edilizia idrica romana: si vedano Pompeii di R. Harris, Los arcos del agua di M.Barderi e per i ragazzi Die Spur fuhrt zum Aquadukt di F.Lenk, alle cui recensioni si rimanda. Il tema comporta l’introduzione del personaggio storico Giulio Frontino, autore dell’opera De aquae ductu urbis Romae ma qui exconsole incaricato dell’indagine sui resti umani in collaborazione con Falco e Petronio: un bel personaggio. Il plot s’intreccia con le vicende personali di Petronio, lasciato dalla moglie e sospeso dal lavoro per la sua relazione con la figlia del boss della malavita di Time to depart, la cui famiglia è variamente coinvolta nella vicenda, e con le vicende amorose dei fratelli di Helena. Libro interessante, con buone scene ad effetto e un buon colpo di scena finale; ma molto lungo e a tratti un po’ noioso.
Pompeii, 2003, tr. it. Pompei, Mondadori 2003, anche in ed. tascabile
Il romanziere inglese ambienta il suo giallo a Pompei all’epoca dell’eruzione del Vesuvio, ma in realtà il grandioso, affascinante protagonista dell’opera non è il vulcano e nemmeno la città, ma l’acquedotto, l’Aqua Augusta voluta da Agrippa che si snoda attraverso la Campania. M. Attilio, il nuovo aquarius in sostituzione del predecessore misteriosamente scomparso, appartiene ad una famiglia da sempre dedicata alla costruzione e al controllo degli acquedotti: attraverso di lui siamo portati ad appassionarci a queste opere dell’ingegneria romana, e a cogliere l’importanza estrema (anche il plot è in fondo incentrato su questo) dell’acqua nella vita delle città e nel prestigio dei ricchi basato sui vivai di pesci e sulle terme. La crisi dell’acquedotto, che ha avuto un guasto alle pendici del Vesuvio, porta Attilio a trasferirsi da Miseno, dove sorveglia la grande cisterna Piscina Mirabilis, a Pompei: la ricerca del guasto si mischia con gli interessi di nuovi ricchi, con una vicenda amorosa, con l’incombere di segni che preannunciano fenomeni tellurici gravi e con macchinazioni omicide. Fra i personaggi spicca Plinio il Vecchio, scienziato curioso e uomo malinconico, accompagnato dal giovane scialbo nipote. La descrizione dell’eruzione è efficace, come pure la conclusione che vede la salvezza dei due innamorati raccontata come uno degli incredibili prodigi tramandati popolarmente; ma ribadiamo che il fascino del libro risiede nella passione con cui è fatto vivere l’acquedotto.
Los arcos del agua, Barcelona 2015
Primo romanzo storico di questa scrittrice, già autrice di saggi in spagnolo e catalano. Il romanzo prende spunto dai resti dell’acquedotto di Segovia: l’autrice immagina che l’architetto designato, Aristide, sia stato barbaramente ucciso e che al suo posto sia stato inviato un suo allievo, Lucio Antioco Postumo, giovane inquieto, diviso fra la solitudine studiosa della campagna di Tarquinia, il disordine animato di Roma e il desiderio di emergere nella professione. Lucio si reca in Spagna per proseguire l’opera del maestro e cercarne l’assassino: è subito oggetto di attentati e boicottaggi, attribuiti ora a tribù indigene antiromane ora ad una setta religiosa di adoratori del Sole. Deluso dalle autorità locali e dall’aiutante di Aristide, si appoggia a tre persone “anomale”: uno schiavo fedele poi liberato, un eunuco, Atos, e una ragazza albina, Amal, che erano stati discepoli di Aristide a Segovia. Quasi al termine della costruzione, dopo varie traversie, i colpevoli dell’uccisione di Aristide vengono scoperti, con esiti di grande effetto. Lucio torna a Tarquinia con la ragazza di cui si è innamorato, lasciando Atos a guidare una casa di accoglienza per ex prostitute e neonate abbandonate. In una lettera ad Atos Amal acclude una serie di lezioni di Aristide su diversi temi.
Romanzo molto prolisso, non molto credibile come plot, un po’ noioso nonostante le varie scene truculente.
Die Spur fuhrt zum Aquadukt, 2003
Il libro fa parte di una collana di gialli per ragazzi ambientati in epoche del passato (Egitto, Grecia, Roma, Medioevo): Tatort Geschichte (“Scena del crimine – storia”). Discreta la collocazione storica: siamo a Nemausus (Nimes) all’inizio dell’impero di Adriano; s’incontrano due veterani della spedizione di Traiano contro i Daci, dove uno di loro ha conquistato un’onorificenza per essere salito per primo sulle mura di una città assediata. Mentre questi conversa con l’antico commilitone, dei malviventi rapiscono la sua figlioletta. Lucius e Sestius, figli dodicenni dei due amici, si danno all’inseguimento e, dopo molte peripezie a cui finiranno per partecipare anche i genitori, salvano la bambina e scoprono il motivo del rapimento.
Il libro non sarebbe male se non fosse così scopertamente didascalico: vengono descritti case, templi, anfiteatro, riti religiosi, pasti, ecc. e naturalmente l’acquedotto del titolo, a volte con assurde interruzioni della storia (un lauto pranzo mentre la bambina è in pericolo). Dopo ogni capitolo c’è un indovinello particolarmente sciocco (ci sono persino le risposte in fondo!). Seguono un glossario, una cronologia, una breve trattazione storica e una cartina.
dalla serie di Marcus Corvinus
Bodies politic, 2010
Non avendo più Tacito a disposizione, l’autore utilizza la biografia di Caligola di A. Barrett ( e le fonti riportate. Questa utilizzazione è evidente (oltre che ampiamente spiegato nella postfazione) in Bodies politic, uno dei romanzi più decisamente politici della serie. Mettendo insieme facta atque infecta, Wishart ipotizza una complicata macchinazione che coinvolge persone della famiglia Giulio-Claudia, governatori di province, ufficiali, mercanti e poeti. Come sempre, la partecipazione di Corvino è poco credibile (qui si parte da una pseudo lettera post mortem) e l’ostinazione con cui persegue l’indagine, dopo averne ottenuto il permesso da Caligola (cosa già strana in sé), rischiando più volte la vita (e non solo la sua) e viaggiando fino ad Alessandria, ha un po’ del perseverare diabolicum. Alla fine il complotto è scoperto, ma non tutti sono perseguiti, per non andare troppo contro la storia. Plot difficile da seguire, con troppe implicazioni. Certo l’interesse per un periodo importante dell’impero regge la lettura; simpatici i personaggi di contorno, i due fidanzatini (la ricomparsa figlia e il futuro sposo), gli amici con numerosa famiglia, lo stesso imperatore. L’aspetto turistico è piuttosto pesante, non solo per il protagonista. L’altro romanzo appartiene alla serie non politica, in cui il coinvolgimento del protagonista è ancora meno spiegabile. Qui un boss della malavita (già conosciuto) lo costringe a cercare il figliastro, scomparso col suo schiavo. Si succedono diverse morti, fino al discreto colpo di scena finale.
The prophet from Ephesus, 2009
Con un notevole ritmo di scrittura, la Lawrence è arrivata al sedicesimo libro della serie. Le storie sono comunque collocate vicinissime fra loro nel tempo, tutte cioè nell’arco dell’impero di Tito, le cui vicende sono legate alle avventure dei ragazzi già dal quarto libro, come si è visto: ne deriva il fatto che, inizialmente storie singole, ad un certo punto diventano una sorta di romanzo a puntate.
Questa inizia ad Alessandria d’Egitto (a quanto pare di moda), dove i quattro ragazzi si tengono nascosti per evitare di essere arrestati: si capisce da qualche momento di riepilogo che erano stati incaricati direttamente da Tito di recuperare lo smeraldo usato da Nerone come lente, ma sono stati truffati ed accusati del furto della pietra. Raggiunti dal pedagogo, riescono a recarsi in Asia Minore, prima ad Alicarnasso poi ad Efeso e a Hierapolis, sulle orme di un clan di malavitosi, già comparsi in libri precedenti, che rapiscono bambini per avviarli al lavoro minorile o alla prostituzione. Giunti in Asia, incontrano la comunità cristiana riunita intorno a S. Giovanni e ai suoi discepoli: ne deriva una serie di conversioni. Troviamo spesso ambigua nei romanzi la descrizione delle primitive comunità cristiane, anche quando è positiva: un po’ troppo New Age. Forse più originale, qui, la situazione della protagonista, rimasta malinconicamente l’unica pagana. Una volta recuperati i bambini rapiti, restano aperte molte questioni che troveranno la loro conclusione nel prossimo (forse ultimo, se capiamo bene) romanzo: due vicende d’amore (un po’ premature), la scomparsa di un neonato, la situazione di ricercati, l’aiuto a Tito insidiato da Domiziano. Chiaramente l’autrice si è da tempo stancata di raccontare vicende per bambini e si è inserita in un filone più spendibile (effetto Rowling?): l’insieme è però piuttosto bizzarro, anche perché rimane un intento didascalico abbastanza scoperto (tipo: “non ricordo cosa significa questa parola” oppure “vi racconto la storia di…”).
Marcus Aurelius Betrayed, 2014
Terzo romanzo della serie. Ormai è chiaro che le molte digressioni turistico/letterarie sono inevitabili: qui in particolare l’ambientazione di gran parte dell’opera ad Alessandria non può che far prevedere un tour egiziano completo, mentre varie descrizioni e citazioni (comprese barzellette di un’antica raccolta) fanno parte del gusto dell’autore. E’ un peccato. Sfrondata di tutto questo (che porta a saltare pagine o capitoli qua e là) abbiamo una vicenda poliziesca e giudiziaria discretamente interessante: durante un banchetto orgiastico muore avvelenato un ospite invitato all’ultimo momento, a causa di una coppa destinata originariamente al prefetto d’Egitto e bevuta dalla vittima nella confusione generale. Il figliastro del prefetto, Secundus, svolge una rapida inchiesta condannando uno schiavo che sotto tortura aveva confessato l’attentato. Severus è inviato in Egitto da M. Aurelio, attuale imperatore, con l’intento di proteggere l’incolumità del prefetto; ma si rende subito conto che la condanna dello schiavo, estorta con la tortura senza nessuna conferma di altri testimoni, è un crimine contro la lex Cornelia, la legge sillana che garantisce l’equità dei processi. Pertanto fa arrestare Secundus e gli intenta una causa. A poco a poco i testimoni presenti al banchetto scompaiono, mentre le cortigiane affittate per l’orgia dichiarano di non aver visto avvicinarsi lo schiavo alla coppa; alla fine il prefetto toglie a Secundus il processo demandandolo all’imperatore. Tornato a Roma, Severus, che da giudice diviene accusatore, prosegue le indagini e il processo può celebrarsi davanti all’imperatore stesso con esiti che vanno al di là dell’accusa stessa.
L’interesse c’è, il romanzo si fa leggere con il solito stile molto semplice (ma le crude descrizioni dell’orgia non sono certo da libro per ragazzi!).
Furies, 2013
Opera seconda di uno scrittore canadese, è la prima ambientata nel mondo antico. L’impatto è urtante: l’autore avrà sicuramente fatto i suoi studi preparatori, ma non può permettersi errori del tipo: le idi di aprile il giorno 15, la morte di Alessandro Magno in battaglia, gli antichi egiziani definiti fellahin (è arabo!), la lingua egiziana definita demotico (è una scrittura!), pornes come plurale di porne (perché allora hetairai?), Anchise come nome femminile a fianco di una quantità di nomi improbabili, fra cui un mediatore ebreo chiamato Shimon Petrus (forse S.Pietro sotto mentite spoglie? lo sa l’autore che il copyright di questo nome appartiene a Gesù?). Ci sarebbe abbastanza da chiudere il libro.
Però se non lo si chiude ci si imbatte in un plot molto interessante, e qualcosa si perdona. Il protagonista è un romano che vive ad Alessandria durante l’impero di Tiberio con un’attività molto redditizia di commerciante navale. All’inizio lo troviamo però rovinato a causa di una speculazione fallita, apparentemente per una serie di naufragi: lasciato dalla moglie che si porta via anche il bambino, accusato dagli amici che ha trascinato nella rovina economica, sembra trovare l’unica soluzione nell’indagine su un mediatore d’affari intravisto in città mentre dovrebbe essere morto in uno dei naufragi. L’indagine lo porta a interferire col mondo dei potenti arricchiti e delle loro etere, come pure col mondo dei filosofi del Museo, e ad imbattersi in una serie di suicidi veri o presunti e di omicidi forse attribuibili ad un fanatico. A poco a poco, mentre tutte le strade si chiudono con l’aumentare delle morti, l’indagine diviene una povera storia d’amore: in essa ha l’aiuto prezioso di una guaritrice egiziana e l’aiuto a malincuore di due amici, come lui rovinati, e di un magistrato che continua a dargli fiducia. Alla fine c’è un buon colpo di scena (doppio) e un tirare le fila un po’ frettoloso, con qualcosa che rimane non spiegato, forse un’apertura ad un seguito. Ci sentiamo di definirlo un buon libro, sopportando le incongruenze già citate e qualche altra.
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