La città ellenistica affascina i giallisti, tanto da ambientarvi parecchie opere delle varie serie, seppure in epoche diverse.
M. Doody, Delitti d’Egitto, 2009
D. Comastri, Montanari, Tabula rasa, 2011
L. Davis, Alexandria
S. Saylor, The judgement of Caesar
The seven wonders
J. Maddox Roberts, The temple of the Muses
D. Wishart, Bodies politic
C. Lawrence, The prophet from Ephesus
A. Scribner, Marcus Aurelius Betrayed
L. Johnstone, Furies
Aristotle and the Egyptian Murders, 2009, tr. Aristotele e i delitti d’Egitto, 2010
dalla serie di Aristotele
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Nei Delitti d’Egitto il legame con l’opera e la scuola aristotelica, rispetto ai precedenti romanzi, diventa quasi inesistente, a parte qualche riflessione iniziale sulla logica, con un esilissimo riferimento al principio di non contraddizione. La vicenda parte da un ipotetico scambio di identità e dalla morte di un neonato e di un povero servitore, che costituiscono in effetti il nucleo della vicenda gialla: il fatto che si svolgano ad Atene rende un po’ discutibile il titolo. In Egitto è inviato Stefanos, un giovane allievo, per acquistare grano dal rappresentante di Alessandro Magno, in occasione di una grave carestia che opprime Atene: qui incappa in una serie di disavventure, causate sia da intrighi locali sia da nemici ateniesi; avrà l’aiuto del maestro, accorso in incognito, e di altre persone a lui legate. Ma l’interesse dell’autrice non è qui. Il lunghissimo romanzo è una carrellata su usi, costumi, luoghi, divinità, miti e quant’altro dell’Egitto classico ed ellenistico: ci si perde e ci si annoia.
Tabula rasa, Mondadori 2011
dalla serie di Aurelio Stazio
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L’ambientazione della serie è romana (evidentemente) all’epoca dell’imperatore Claudio, epoca che l’autrice in varie interviste dice di aver scelto perché simile alla nostra: “In Europa non c’è mai stato un altro momento in cui la società sia stata tanto composita, tanto varia, una grande mobilità sociale, svariati modi di vita, ideologie diverse, religioni diverse, quindi una società estremamente viva” (pag. 135 in appendice a In corpore sano, Il Giallo Mondadori 1991). E rileva che tutti i romanzi storici ambientati nell’antica Roma sono collocati nella prima età imperiale. Questo, se non del tutto vero (vedi i romanzi della McCollough e polizieschi di età repubblicana o tardoantica), lo è certo per titoli famosi quali Quo vadis? o Gli ultimi giorni di Pompei; ed anche altri gialli sono ambientati all’epoca di Tiberio (Wishart), Vespasiano (L. David) o al massimo di Traiano (B. Hambly, Il ratto del Quirinale).
All’interno della prima età imperiale, la scelta dell’impero di Claudio presenta particolari vantaggi: è un’epoca abbastanza tranquilla perché ci si possa occupare di drammi privati invece che di tragedie pubbliche (come sarebbe stata l’età di Caligola o Nerone); possono essere introdotte le comunità cristiane (in Mors tua) ed ebraiche (in In corpore sano) senza la drammaticità delle persecuzioni, per cui sono solo osservate con la curiosità che ispira il diverso, a metà fra ammirazione e disprezzo, da parte dei protagonisti e forse dell’autrice; sono abbastanza vicini i tempi repubblicani perché se ne serbi il ricordo o la nostalgia (vedi i circoli stoici di Mors tua), così come drammatiche vicende quali l’eccidio della Selva di Teutoburgo (in Cave canem), e persino la guerra di Spartaco (ricordata con orgoglio da uno schiavo discendente da uno dei ribelli sempre in Cave canem); Messalina fornisce pettegolezzi alle matrone e avventure erotiche ai protagonisti, mentre Seneca, la cui presenza sarebbe scomoda da gestire, è opportunamente in esilio in Corsica.
Il detective è un senatore epicureo, gaudente e buonista; gli fa da spalla Castore, prima schiavo poi liberto: scanzonato e donnaiolo, non è certo uno Watson o un Hastings, quanto piuttosto un Archie Goodwin, anche per la dipendenza che lo lega al padrone/patrono come Archie dipende da Nero Wolfe; ma il modello fondamentale è sicuramente il servus callidus plautino. Un’altra spalla è una matrona, Pomponia, straripante come mole e affetti, ma soprattutto in grado di sapere tutti i segreti di Roma, modellata, si direbbe, su Ariadne Oliver, occasionale spalla di Poirot. L’ambientazione è discretamente curata, con frequenti riferimenti ad aneddoti o citazioni che dovrebbero rassicurare il lettore, a volte un po’ scoperti e ingenui; anche le frasi celebri che forniscono i titoli non sono sempre legate strettamente alla storia (le più centrate sono In corpore sano, dato che la protagonista è una donna con ambizioni mediche, e Morituri te salutant, perché l’ambiente è quello gladiatorio). L’intrigo giallo è generalmente buono, vario, con colpi di scena inaspettati e un parco utilizzo di elementi topici: ad esempio il messaggio in punto di morte in In corpore sano (un classico di Ellery Queen) o la filastrocca corrispondente ai delitti in Cave canem (un classico di Agatha Christie).
In particolare Tabula rasa, pubblicato negli Omnibus Mondadori, il libro che segna il ritorno della Comastri Montanari è ambientato ad Alessandria d’Egitto (luogo che condivide con Pompei la frequenza di presenze nella giallistica antica). L’epoca è imprecisata, giacché manca l’usuale indicazione della data: l’accenno a Messalina e una sorta di riepilogo più volte ripreso delle vicende precedenti indicano che siamo ancora nel 47. Stazio è inviato da Claudio in Egitto per effettuare controlli su possibili fughe di notizie relative sia ai convogli di grano sia alle macchine da guerra; inoltre è incaricato di colloqui diplomatici con l’inviato segreto dei Parti, che si cela dietro l’ambasceria ufficiale.
Aiutato da un segretario ebreo, che lo pone a contatto con la travagliata comunità ebraica di Alessandria (ma l’ambasceria di Filone, più volte citata, è precedente, non presso Claudio ma presso Caligola), Stazio si muove nel mondo dei culti più strani, dei conflitti fra bande giovanili (tipo: fascisti contro peace and love), dei bordelli (dove ha luogo un’improbabile agnitio), del Museo, dei giochi politici; naturalmente non manca un’avventura amorosa, bizzarra e drammatica. Il libro si fa leggere, abbastanza piacevolmente.
Dobbiamo rilevare che il riferimento al greco è meglio evitarlo. Prostituta in greco è πόρνη (pòrne), non πορνή (porné); plurale, se proprio si vuole, πόρναι. Καλὸς κἀγαθός non significa “il bello è buono” (come da testo e da lessico finale), ma “bello e buono”, cioè le due metà e i due aspetti della perfezione.
Alexandria, 2009
dalla serie di M. Didius Falco
La scrittrice inglese ha pubblicato venti romanzi con lo stesso protagonista, l’investigatore/informatore politico M. Didius Falco, tutti ambientati nel decennio dell’impero di Vespasiano con cui il protagonista ha un rapporto di lavoro e stima, mentre più difficile è il rapporto coi due figli, Tito e soprattutto Domiziano.
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Può darsi che nella mia lettura di Alexandria , 19° libro della serie, abbia avuto un ruolo non piccolo il fatto di aver partecipato ad un convegno nella nuova Biblioteca di Alessandria d’Egitto. In ogni caso il romanzo mi è piaciuto molto, uno dei più gradevoli della serie.
L’occasione è di nuovo legata al cognato studente, che ha lasciato Atene e si è trasferito ad Alessandria. Falco e la sua famiglia, moglie incinta, figliolette e figlia adottiva, decidono di approfittare dell’occasione per un viaggio in Egitto a vedere il Faro e le piramidi (di passaggio anche i resti del colosso di Rodi, per allargare il numero delle meraviglie del mondo visitate); Falco ha anche una sorta di incarico ufficiale da Vespasiano, di cui si parla continuamente ma la cui effettiva esistenza e consistenza risulta solo molto tardi. Ad Alessandria sono ospitati dal losco zio Fulvius (già protagonista di Scandal Takes a Holiday) che vive di oscuri traffici col compagno Cassius e lo stesso padre di Falco (scritto e pronunciato localmente Phalco: una chicca).
Subito avviene un coinvolgimento col personale della Biblioteca, del Museion e della Biblioteca secondaria del Serapeion: prima una morte col topos della camera chiusa, poi altre due morti, una forse naturale l’altra forse accidentale. Falco è incaricato dal Prefetto di indagare e trova due piste: la successione alla carica di Direttore e la sparizione di una parte del patrimonio di testi. Sviluppo avventuroso (anche troppo, visto che comprende l’assalto di un coccodrillo), buoni colpi di scena, personaggi vecchi e nuovi ben delineati; il contesto culturale ha ampio spazio, ma non pesante o pedante: ho apprezzato come l’autrice snobba la visita alle piramidi, un passaggio obbligato delle agenzie turistiche. Interessante, per una parte della detection, l’intervento di Erone d’Alessandria, perché si ha una contaminazione fra il detective inventato in contesto storico e il personaggio storico che funge da detective, in questo caso ben inserito nell’ambientazione: dato che la collocazione cronologica di Erone è molto vaga, può essere accettata la sua esistenza in quest’epoca. Alcune obiezioni: qualche lungaggine quando Falco lamenta la scelta del suo mestiere e i trascorsi della famiglia d’origine e qualche nota di colore di troppo (ma sembrano entrambe dovute all’intento di protrarre la suspense); sconcertante l’indicazione di Callimaco come direttore della Biblioteca (è fin troppo risaputo che non lo è stato!). Inoltre il cognato di Falco, che è figlio di un senatore, dovrebbe conoscere Plinio come uomo politico, amico personale di Vespasiano e (all’epoca o appena più tardi) comandante della flotta al capo Miseno, mentre, trovandone il nome nel carteggio di un frequentatore della Biblioteca, ne parla come di un vecchio studioso sconosciuto.
The judgement of Caesar, giugno 2004
dalla serie di Gordiano
L’autore è uno scrittore americano molto apprezzato in patria e tradotto in varie lingue, da poco anche in italiano. Protagonista e io narrante è un detective privato, Gordiano (nome di vari imperatori, ma un po’ improbabile come nomen gentilizio di età repubblicana: una delle non molte gaffes storiche), che nel primo libro risulta svolgere indagini per conto di avvocati.
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Nel romanzo The judgement of Caesar Gordiano si reca in Egitto, come era preannunciato alla fine del romanzo precedente, dove la moglie intende bagnarsi nelle acque del Nilo e pregare gli dèi dei misteri isiaci. Ma Gordiano porta con sé di nascosto anche le ceneri di Cassandra, la giovane brevemente amata, per gettarle nel Nilo. Il duplice pellegrinaggio, con le vicende ambigue che ne derivano, inserisce il romanzo in un’atmosfera misticheggiante piuttosto insolita. Nel frattempo si svolgono i fatti storici noti: l’arrivo e l’uccisione di Pompeo, l’arrivo di Cesare, la rivalità fra i due sposi-fratelli Tolomei, il trionfo di Cleopatra e l’attesa del piccolo Cesarione. Gordiano e i suoi compagni, il nuovo figlio adottivo e due piccoli schiavi da tempo inseriti in famiglia quasi come figli anch’essi, sono coinvolti in tutte queste vicende, secondo una serie di coincidenze e scelte umorali dei protagonisti storici che risultano un po’ forzate. Data la situazione, anche lo spazio di detection è limitato e strettamente connesso con gli eventi principali: Gordiano deve salvare dall’accusa di aver attentato alla vita di Cesare il proprio figlio Meto, con cui si riconcilia dopo una lunga incomprensione.
Come si sarà capito, manca in questo libro il gioco astuto del precedente, in cui l’evento fondamentale (la battaglia di Farsalo) era visto come di striscio. Attendiamo il ritorno a Roma: si prospettano intrighi familiari (Meto, fervente cesariano, è adesso in crisi col suo protettore, il fratellastro Eco è inserito in vicende politiche per ora appena accennate); speriamo di ritrovare l’interessante personaggio di Cicerone e soprattutto Tirone, scomparsi ormai da tre libri; speriamo soprattutto che Gordiano e/o i figli non siano fra gli uccisori di Cesare, anzi non assistano neppure all’uccisione.
The seven Wonders, 2012
Di nuovo Saylor delude chi si aspettava la prosecuzione della storia, e la morte di Cesare. Evidentemente un plot troppo difficile da sistemare, specie dopo gli spunti appena accennati sulla posizione politica di Eco e Metone (i due figli adottivi di Gordiano). Quindi abbiamo al posto un prequel: la storia del giovane Gordiano fra il 92 e il 90, cioè dieci anni prima di Roman Blood. Il romanzo è stato preceduto dalla pubblicazione di molta parte dei capitoli in diverse riviste di giallistica e fantasy: perciò si inizia a leggere pensando ad un collage messo insieme con un racconto cornice, e per di più una cornice archeologico-turistica. In realtà il romanzo funziona. Si parte dal diciottesimo compleanno del protagonista, festeggiato col padre, anch’egli detective, e l’anziano maestro, il poeta Antipatro di Sidone. Questi ha deciso di fingersi morto, per cui viene organizzato un grandioso funerale alla presenza di Lutazio Catulo, del cui circolo preneoterico Antipatro fu guida e modello: Antipatro vi partecipa travestito da arcimimo, imitando se stesso. Precisiamo che di Antipatro non si sa più nulla dopo il 100, quindi nel 92 presumibilmente era già morto: qui è comunque presentato come molto anziano. Dopo il funerale, maestro (sotto falso nome) e discepolo partono per un Grand Tour: visitare le sette meraviglie del mondo. Va tutto a merito di Saylor il non rendere pesante l’aspetto turistico, che naturalmente non può mancare. Ma tappa dopo tappa il viaggio diventa un percorso d’iniziazione per il ragazzo: culturale, professionale (diversi misteri e delitti scoperti) e amoroso. Nel frattempo giungono da Roma notizie allarmanti: lo scoppio della guerra sociale e la minaccia di Mitridate. Soprattutto quest’ultima emerge sempre di più, fino a giungere al colpo di scena finale, drammatico e inquietante. Rimasto solo ad Alessandria, in attesa di tornare in Italia dove la guerra sociale impedisce il rientro, Gordiano incontra e compera un giovane schiava: ma questo, come dice l’autore, è un nuovo capitolo che inizia.
Nessuna delusione: è un bel libro.
The temple of the Muses (IV), 1992
dalla serie SPQR
Si tratta di una serie scritta da un autore americano autore di molte serie storiche, fra cui quella famosissima di Conan il Barbaro, negli stessi anni della serie di Saylor e ambientata nello stesso periodo, gli anni caldi del I sec. a.C. (anzi questo primo libro è uscito prima del primo di Saylor, che è del 91). Questa serie comincia nel 70 a.C., quindi dopo l’inizio della serie di Gordiano (che, come si è visto, parte dagli anni di Silla). Il protagonista, a differenza del più umile investigatore di Saylor, è un giovane della nobilitas romana, Decio Cecilio Metello il Giovane: un personaggio probabilmente inventato, così come il padre omonimo, anche se con l’ampia famiglia dei Metelli non si può mai sapere; del padre, molto tradizionalista, si dice che aveva combattuto al seguito di Mario contro i Cimbri, ma è comunque chiaramente di partito opposto.
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Nel primo libro il Giovane è all’inizio della sua carriera politica, e fa parte della Commissione dei 26 che si occupa dei vigiles. Osserviamo di passaggio che il glossario a fine libro considera voci e istituzioni notissime ma non parla assolutamente di questa Commissione, le cui funzioni risultano molto nebulose. A distanza di anni il protagonista ricorda quei lontani eventi: così si apre la possibilità per l’io narrante ormai anziano di rievocare altri episodi nei libri successivi. In questo incontriamo fra i protagonisti i consoli dell’anno, Pompeo e Crasso, l’emergente Cesare, Claudio/Clodio e Claudia/Clodia, Milone: tutti personaggi ripresi anche dai libri di Saylor. Certamente almeno nella presentazione di questi personaggi non c’è stata influenza fra i due giallisti, perché risultano caratterizzazioni molto differenti; basti fra tutti il caso di Milone, per Roberts un simpatico avventuriero in opposizione al losco e sgradevole Milone di Saylor.
Il detective (ufficiale, data la sua posizione) è pure lui simpatico e volonteroso, così come i personaggi minori, in particolare gli schiavi salvati dalla sua indagine che lo salvano a loro volta portandolo in una specie di corteo trionfale/scorta di gorilla fino ad Ostia.
The temple of the Muses , 1992
Nel IV libro della serie Decius è inviato ad Alessandria al seguito di un altro parente, Cecilio Metello Cretico, ambasciatore di Roma presso il re Tolemeo. Poco dopo giunge ad Alessandria anche un gruppo di nobili romane, fra cui la fidanzata Giulia e Fausta, la figlia di Silla ora fidanzata con Milone. La vita all’ambasciata è tranquilla e scioperata, ma la colta Giulia (una delle fidanzate/compagne/mogli più intellettuali dei loro uomini, tipo la Perilla di Wishart) spinge Decio a conoscere l’ambiente del Museo e della Biblioteca, e la più estrosa Fausta a partecipare alla celebrazione di un nuovo culto, che promette la manifestazione del dio. Mentre il nuovo culto riempie Decio di disgusto e diffidenza, il tempio delle Muse lo colpisce, nonostante il suo consueto scetticismo: fino all’ultimo questa solenne impressione sarà uno dei motivi delle azioni spesso avventate del protagonista.
Il plot inizia con l’assassinio di uno studioso di fisica e ingegneria, seguace delle idee di Archimede; ne segue un’indagine che mette in luce un complotto politico/militare ai danni sia dell’Egitto sia di Roma. Come sempre, la storia non può essere modificata più che tanto dalla fiction, per cui il principale colpevole ne esce quasi indenne, mentre Decio è allontanato dall’Egitto poco cerimoniosamente.
Si potrebbe rilevare un eccesso di presentazione turistica, ma il plot tiene, i personaggi sono simpatici (un po’ scialbo il servo Hermes), c’è un discreto umorismo e in fondo anche la presentazione turistica è interessante e non troppo posticcia.
Qualche appunto: al quarto romanzo della serie qualcuno ha avvertito l’autore che Decius non è un prenome, ma un nomen gentilizio. Così è costretto a inserire un sogno avuto dal nonno del protagonista in cui i Dioscuri chiedevano di usare questo prenome: totalmente assurdo, anche perché i Decii non saranno stati molto d’accordo. Inoltre: Callimaco non è mai stato direttore della Biblioteca; il glossario confonde parole latine singolari, plurali e parole inglesi. La cartina di Roma è del tutto inutile, mentre una cartina di Alessandria e dintorni sarebbe stata utilissima.
Bodies politic
dalla serie di Marcus Corvinus
L’autore, un insegnante scozzese, crea il suo personaggio e io narrante, Marco Valerio Messalla Corvino, ricavandone il nome e un’evanescente identità dalla numerosa gens citata dagli storici latini, in particolare Tacito, dai cui Annali attinge liberamente facta atque infecta. Corvino è di buona famiglia ed economicamente ben provvisto, a differenza dei detectives di professione di Saylor e Davis: si tiene lontano dalla carriera politica per scelta, provocando disagio soprattutto negli anziani della famiglia, ma resta coinvolto nella soluzione di diversi intrighi quasi suo malgrado, cosa che alla lunga porterà l’autore a creare occasioni sempre nuove e non sempre plausibili. Il personaggio è simpatico (anche se eccessivamente sboccato), con una famiglia ben connotata (padre risposato, madre risposata, zio losco, alcuni schiavi caratterizzati con cura). La collocazione cronologica è l’età di Tiberio.
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Bodies politic, 2010
Non avendo più Tacito a disposizione, l’autore utilizza la biografia di Caligola di A. Barrett ( e le fonti riportate. Questa utilizzazione è evidente (oltre che ampiamente spiegato nella postfazione) in Bodies politic, uno dei romanzi più decisamente politici della serie. Mettendo insieme facta atque infecta, Wishart ipotizza una complicata macchinazione che coinvolge persone della famiglia Giulio-Claudia, governatori di province, ufficiali, mercanti e poeti. Come sempre, la partecipazione di Corvino è poco credibile (qui si parte da una pseudo lettera post mortem) e l’ostinazione con cui persegue l’indagine, dopo averne ottenuto il permesso da Caligola (cosa già strana in sé), rischiando più volte la vita (e non solo la sua) e viaggiando fino ad Alessandria, ha un po’ del perseverare diabolicum. Alla fine il complotto è scoperto, ma non tutti sono perseguiti, per non andare troppo contro la storia. Plot difficile da seguire, con troppe implicazioni. Certo l’interesse per un periodo importante dell’impero regge la lettura; simpatici i personaggi di contorno, i due fidanzatini (la ricomparsa figlia e il futuro sposo), gli amici con numerosa famiglia, lo stesso imperatore. L’aspetto turistico è piuttosto pesante, non solo per il protagonista. L’altro romanzo appartiene alla serie non politica, in cui il coinvolgimento del protagonista è ancora meno spiegabile. Qui un boss della malavita (già conosciuto) lo costringe a cercare il figliastro, scomparso col suo schiavo. Si succedono diverse morti, fino al discreto colpo di scena finale.
The prophet from Ephesus, 2009
dalla serie The Roman Mysteries
L’ autrice ha composto la serie The Roman Mysteries, la cui protagonista è una bambina di dieci anni, Flavia Gemina, che vive ad Ostia affidata ad un pedagogo greco: infatti la madre è morta e il padre è spesso in viaggio. Con lei studiano e vivono avventure altri ragazzi incontrati nel primo libro della serie: un ebreo cristiano di nome Jonathan, una ex-schiava africana chiamata Nubia e un ex-mendicante muto di nome Lupus. Inoltre l’intera famiglia di Jonathan è coinvolta nelle vicende: il padre Mordecai, un abile medico, e la sorella maggiore Miriam, che nel secondo libro si fidanza con lo zio di Flavia.
Negli originali c’è un blando intento didascalico, che l’editrice italiana ha fortemente accentuato aggiungendo rubriche sugli usi e costumi romani. I plots sono gradevoli, il linguaggio scorrevole, i personaggi simpatici e ben caratterizzati.Le storie sono comunque collocate vicinissime fra loro nel tempo, tutte cioè nell’arco dell’impero di Tito, le cui vicende sono legate alle avventure dei ragazzi già dal quarto libro, come si è visto: ne deriva il fatto che, inizialmente storie singole, ad un certo punto diventano una sorta di romanzo a puntate.
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Con un notevole ritmo di scrittura, la Lawrence è arrivata al sedicesimo libro della serie, The prophet from Ephesus, 2009 . Questo inizia ad Alessandria d’Egitto (a quanto pare di moda), dove i quattro ragazzi si tengono nascosti per evitare di essere arrestati: si capisce da qualche momento di riepilogo che erano stati incaricati direttamente da Tito di recuperare lo smeraldo usato da Nerone come lente, ma sono stati truffati ed accusati del furto della pietra. Raggiunti dal pedagogo, riescono a recarsi in Asia Minore, prima ad Alicarnasso poi ad Efeso e a Hierapolis, sulle orme di un clan di malavitosi, già comparsi in libri precedenti, che rapiscono bambini per avviarli al lavoro minorile o alla prostituzione. Giunti in Asia, incontrano la comunità cristiana riunita intorno a S. Giovanni e ai suoi discepoli: ne deriva una serie di conversioni. Troviamo spesso ambigua nei romanzi la descrizione delle primitive comunità cristiane, anche quando è positiva: un po’ troppo New Age. Forse più originale, qui, la situazione della protagonista, rimasta malinconicamente l’unica pagana. Una volta recuperati i bambini rapiti, restano aperte molte questioni che troveranno la loro conclusione nel prossimo (forse ultimo, se capiamo bene) romanzo: due vicende d’amore (un po’ premature), la scomparsa di un neonato, la situazione di ricercati, l’aiuto a Tito insidiato da Domiziano. Chiaramente l’autrice si è da tempo stancata di raccontare vicende per bambini e si è inserita in un filone più spendibile (effetto Rowling?): l’insieme è però piuttosto bizzarro, anche perché rimane un intento didascalico abbastanza scoperto (tipo: “non ricordo cosa significa questa parola” oppure “vi racconto la storia di…”).
Marcus Aurelius Betrayed, 2014
dalla serie di Marcus Flavius Severus
M. Flavius Severus l’incarico di giudice inquirente, quindi un detective in funzione ufficiale. L’autore stesso è stato viceprocuratore distrettuale in USA: insomma fra autore e personaggio siamo nell’ambito delle serie televisive di Law & Order.
L’altra caratteristica di autore e personaggio è l’interesse per lo stoicismo: Scribner ha pubblicato un’opera sulla concezione stoica della vecchiaia e della morte, Severus scrive pagine di diario “a se stesso” come M. Aurelio, è proprietario e amico di uno schiavo di profonda fede stoica e si pone molti problemi di carattere morale, anche in rapporto con la sua carica.
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Terzo romanzo della serie. Ormai è chiaro che le molte digressioni turistico/letterarie sono inevitabili: qui in particolare l’ambientazione di gran parte dell’opera ad Alessandria non può che far prevedere un tour egiziano completo, mentre varie descrizioni e citazioni (comprese barzellette di un’antica raccolta) fanno parte del gusto dell’autore. E’ un peccato. Sfrondata di tutto questo (che porta a saltare pagine o capitoli qua e là) abbiamo una vicenda poliziesca e giudiziaria discretamente interessante: durante un banchetto orgiastico muore avvelenato un ospite invitato all’ultimo momento, a causa di una coppa destinata originariamente al prefetto d’Egitto e bevuta dalla vittima nella confusione generale. Il figliastro del prefetto, Secundus, svolge una rapida inchiesta condannando uno schiavo che sotto tortura aveva confessato l’attentato. Severus è inviato in Egitto da M. Aurelio, attuale imperatore, con l’intento di proteggere l’incolumità del prefetto; ma si rende subito conto che la condanna dello schiavo, estorta con la tortura senza nessuna conferma di altri testimoni, è un crimine contro la lex Cornelia, la legge sillana che garantisce l’equità dei processi. Pertanto fa arrestare Secundus e gli intenta una causa. A poco a poco i testimoni presenti al banchetto scompaiono, mentre le cortigiane affittate per l’orgia dichiarano di non aver visto avvicinarsi lo schiavo alla coppa; alla fine il prefetto toglie a Secundus il processo demandandolo all’imperatore. Tornato a Roma, Severus, che da giudice diviene accusatore, prosegue le indagini e il processo può celebrarsi davanti all’imperatore stesso con esiti che vanno al di là dell’accusa stessa.
L’interesse c’è, il romanzo si fa leggere con il solito stile molto semplice (ma le crude descrizioni dell’orgia non sono certo da libro per ragazzi!).
Furies, 2013
Opera seconda di uno scrittore canadese, è la prima ambientata nel mondo antico. L’impatto è urtante: l’autore avrà sicuramente fatto i suoi studi preparatori, ma non può permettersi errori del tipo: le idi di aprile il giorno 15, la morte di Alessandro Magno in battaglia, gli antichi egiziani definiti fellahin (è arabo!), la lingua egiziana definita demotico (è una scrittura!), pornes come plurale di porne (perché allora hetairai?), Anchise come nome femminile a fianco di una quantità di nomi improbabili, fra cui un mediatore ebreo chiamato Shimon Petrus (forse S.Pietro sotto mentite spoglie? lo sa l’autore che il copyright di questo nome appartiene a Gesù?). Ci sarebbe abbastanza da chiudere il libro.
Però se non lo si chiude ci si imbatte in un plot molto interessante, e qualcosa si perdona. Il protagonista è un romano che vive ad Alessandria durante l’impero di Tiberio con un’attività molto redditizia di commerciante navale. All’inizio lo troviamo però rovinato a causa di una speculazione fallita, apparentemente per una serie di naufragi: lasciato dalla moglie che si porta via anche il bambino, accusato dagli amici che ha trascinato nella rovina economica, sembra trovare l’unica soluzione nell’indagine su un mediatore d’affari intravisto in città mentre dovrebbe essere morto in uno dei naufragi. L’indagine lo porta a interferire col mondo dei potenti arricchiti e delle loro etere, come pure col mondo dei filosofi del Museo, e ad imbattersi in una serie di suicidi veri o presunti e di omicidi forse attribuibili ad un fanatico. A poco a poco, mentre tutte le strade si chiudono con l’aumentare delle morti, l’indagine diviene una povera storia d’amore: in essa ha l’aiuto prezioso di una guaritrice egiziana e l’aiuto a malincuore di due amici, come lui rovinati, e di un magistrato che continua a dargli fiducia. Alla fine c’è un buon colpo di scena (doppio) e un tirare le fila un po’ frettoloso, con qualcosa che rimane non spiegato, forse un’apertura ad un seguito. Ci sentiamo di definirlo un buon libro, sopportando le incongruenze già citate e qualche altra.