Poiché la maggior parte dei giallisti sono inglesi o anglofoni, troviamo spesso l’ambientazione in Britannia, coi topoi relativi (la casa rotonda, i Druidi, l’ingombrante presenza romana, in quelli d’età imperiale la presenza dei cristiani).
Lindsey Davis, A body in the Bath House
The Juppiter Myth
Rosemary Aitken Rowe, tutta la serie di Libertus
Kelli Stanley, Nox dormienda
Ben Pastor, La traccia del vento
Ruth Downie, Medicus
Jane Finnis, Get out or die
A bitter chill
Buried too deep
Paula Harmon, Murder Durnovaria
Body in the Bath House e The Jupiter Myth
dalla serie di M. Didius Falco
La scrittrice inglese ha pubblicato venti romanzi con lo stesso protagonista, l’investigatore/informatore politico M. Didius Falco, tutti ambientati nel decennio dell’impero di Vespasiano con cui il protagonista ha un rapporto di lavoro e stima, mentre più difficile è il rapporto coi due figli, Tito e soprattutto Domiziano.
Body in the Bath House e The Jupiter Myth (numeri 13 e 14 della serie) sono ambientati in Britannia e sono la continuazione immediata l’uno dell’altro: prendendo spunto da ritrovamenti archeologici recenti l’autrice si getta entusiasticamente in uno dei topoi prediletti della giallistica inglese (si veda la serie sulla Britannia): i rapporti romano-britanni. Poiché il lettore italiano è meno nazionalisticamente coinvolto, i libri risultano i meno attraenti della serie, complicati, poco credibili e ripetitivi.
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La serie di Libertus
La scrittrice britannica, linguista e già autrice di fiction ambientate nella nativa Cornovaglia, inizia ad occuparsi di fiction sulla Britannia romana con un racconto inserito nella raccolta Classical Whodunnits del 96, Mosaic. In esso compare per la prima volta Libertus, un ex-schiavo celta liberato dal padrone, divenuto cittadino romano e abile mosaicista. Nel racconto risulta che già in precedenza aveva risolto almeno un delitto, ma la novità è che incontra un potente romano amico del governatore, M. Aurelius Septimus (presunto parente dell’imperatore M.Aurelio: le vicende sono ambientate all’epoca di Commodo): questi in seguito diverrà suo patronus e lo assumerà per risolvere altri delitti che possono mettere in pericolo l’ambiente romano di provincia.
Nel 99 esce il primo romanzo della serie, The Germanicus mosaic, che riprende nel titolo quello del racconto nonché Leitmotiv di tutta la serie: un’indagine è come un mosaico, in cui tutti i pezzi devono andare al loro posto: l’aveva già detto Poirot (a proposito di un puzzle). Qui il protagonista diviene l’io narrante, e sappiamo di lui molte altre notizie: era stato rapito dalla sua casa di giovane sposo vent’anni prima, e serba ancora nostalgia della giovanissima moglie Gwellia, anch’ella portata via come schiava e di cui tenta di recuperare notizie. Lo aiuta nel mestiere un ragazzo, Junio, sua spalla anche nell’investigazione. Il plot, piuttosto abile con un protagonista interessante e personaggi minori ben caratterizzati, ha i topoi della giallistica ambientata nella Britannia dell’età imperiale: antiche tradizioni religiose e civili, la presenza dei Cristiani, l’organizzazione romana.
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Nox dormienda – a long night for sleeping, 2008 (trad. ital. con lo stesso titolo, 2011)
dalla serie di Arcturus
Non è ancora propriamente una serie, perché comprende (oltre ad esercitazioni giovanili, se capiamo bene) solo un racconto del 2007, Convivium, e il romanzo che presentiamo. Ma è già serie per come è lanciata: con biografia del protagonista, ricette del suo cuoco, ecc. sul sito dell’autrice, la pubblicità del prossimo romanzo e la promessa di molti altri successivi. Inoltre si insiste molto sulla novità del genere: nonostante il doveroso omaggio a Saylor, l’autrice si presenta come creatrice del noir d’argomento classico, con modelli quali Chandler, Hammett, e la relativa filmografia. In realtà non capiamo bene la necessità degli elementi di maniera presi dal noir: l’arrivo dal “detective” (un medico, in realtà) della ragazza bellissima e capricciosa, un uniforme tono malinconico…Non molto altro che non ci sia anche in altri gialli, dove oltre tutto a volte il detective è proprio un detective (ad esempio Didius Falco e Gordiano). Poiché l’ambientazione è storicamente accettabile, il plot funziona (ben due messaggi in punto di morte, discreti colpi di scena), i personaggi sono ben costruiti, sarebbe meglio semplificare le intenzioni (ma sarà forse che non amo molto il noir). Siamo in Britannia al tempo di Agricola. Il protagonista è figlio di una donna locale e di un soldato romano, ed è stato successivamente adottato da un altro romano, un senatore. Appartiene quindi a due mondi: ha un completo nome romano e un nome nativo, Ardur, latinizzato in Arcturus (Artù?). Medico di Agricola, è coinvolto in un complotto che rischia di screditare il governatore presso Domiziano: lottando non solo per salvare Agricola, ma anche per evitare che siano usati come capri espiatori nativi e schiavi, Arcturus riesce a scoprire chi manovra tutte le fila (una buona scelta del colpevole). Come già si è detto per altre serie, i gialli ambientati in Britannia hanno topoi obbligati: tradizioni religiose e civili dei nativi, la presenza dei cristiani, l’amministrazione romana: li incontriamo anche qui. Eccezionalmente corretto il glossario, discrete anche le parole latine nel testo (non troppe e quasi sempre corrette). Il titolo è esplicitamente una citazione da Catullo (qualche riserva sulla traduzione inglese, che elimina la perifrastica), implicitamente un omaggio al Grande sonno.
La traccia del vento, 2012
dalla serie di Elio Sparziano
L’autrice è una scrittrice italoamericana, nata M. Verbena (da cui Ben) Volpi, laureata in archeologia alla Sapienza di Roma e poi trasferita negli Usa dove ha preso il nome del marito. Nonostante gli studi classici, la sua precedente produzione non ha mai avuto una collocazione nel mondo antico, per cui il primo romanzo The Water Thief (New York, 2007; tr. it. Il ladro d’acqua, Frassinelli 2007) rappresenta una novità e l’inizio di una serie.
Il protagonista s’immagina che sia Elio Sparziano, uno degli Scriptores Historiae Augustae, cui è attribuita fra le altre la biografia dell’imperatore Adriano. Giocando abilmente sulla totale oscurità delle nostre conoscenze riguardo a tale autore, la scrittrice ne fa un personaggio complesso, soldato e studioso, inviato in Egitto da Diocleziano col compito di cercare notizie su Adriano, e in particolare sulle reali circostanze della morte del favorito Antinoo, affogato nel Nilo due secoli prima; accanto a questo incarico storico, Sparziano ne ha altri più politici: controllare l’applicazione del calmiere e i processi ai cristiani. Questi ultimi incarichi servono più che altro come “colore locale”, cioè come accreditamento della collocazione storica, con un’evidente indifferenza tendente all’antipatia verso i cristiani, lapsi o martiri: indifferenza cui si oppone l’indignata compassione verso gli animali destinati al Circo, condivisa dal personaggio e dall’autrice (il romanzo è dedicato to the innumerable creatures, wild and tame, killed for sport throughout history, and to this day). L’incarico principale, di cui per la verità non viene mai spiegato il motivo (quale interesse aveva Diocleziano per questa vicenda, che oltre tutto nella biografia di Adriano della Historia Augusta non è neppure accennata?) diventa più inquietante quando Sparziano scopre che nella tomba di Antinoo è nascosto un documento di Adriano essenziale per la sicurezza dell’impero. Mentre molti di coloro che hanno a che fare con il segreto vengono uccisi, Sparziano cerca in Egitto e in Italia tutti i luoghi in cui Antinoo può essere stato sepolto, affiancato da personaggi di cui fino all’ultimo si ignora la fedeltà o il tradimento, sino alla scoperta finale.
Nel complesso il romanzo può essere visto in più modi: come un whodonit, con un buon colpo di scena; come una fantastoria che rilegge in chiave particolare tutto l’impero romano (fino a Costantino, per il quale, così come per Elena, l’autrice ha una avversione spiccata); come una meditazione sul tempo e sul compito dello storico; come una riflessione sull’uomo in quanto tale, a prescindere da razza, cultura, religione, condizioni sociali e inclinazioni sessuali (e sugli animali, già si è detto); come un percorso di viaggio in Egitto, in mare e a Roma, minutamente descritti; come una riflessione su Adriano, la sua vita, le sue scelte, le motivazioni della creazione della villa tiburtina; e altro ancora (anche una storia d’amore, un po’ sbrigativa nella soluzione finale). Come spesso avviene, c’è dentro troppo: e un po’ ci si annoia.
Seguono tre romanzi di cui La traccia del vento (2012) è il quarto.
(Per il secondo e il terzo clicca qui)
Con una curiosa storia editoriale, questo quarto libro è uscito in edizione e traduzione italiana prima dell’edizione originale americana, tuttora in corso di pubblicazione (la previsione è 2013) col titolo The cave of the winds. Ci si chiede se l’autrice abbia più lettori ed estimatori italiani che nella patria d’adozione, perché in effetti una simile precedenza è inusuale. Il titolo sembra completare il quartetto degli elementi, se la pietra del terzo libro si intende sostituisca la terra.
Il libro è di difficile lettura: i molteplici luoghi della Britannia romana sono faticosi da ricordare ed è necessario ricorrere spesso alla cartina (a proposito: nei ringraziamenti si parla di apparati iconografici, forse usciranno nell’edizione americana, qui c’è solo una cartina, appunto); così pure ci si perde coi vari personaggi, il loro ruolo politico o militare, le loro donne. La storia, che prende spunto da un’ispezione di Sparziano ai fortini al di là del Vallum, si dipana lentissima, con una scrittura come sempre molto curata, forse troppo per un mistery; le riflessioni e le vicende personali del protagonista si inseriscono rallentando ulteriormente, tanto che quando si giunge alla soluzione non si capisce bene né come ci si è arrivati né quali saranno le conseguenze. Apprezzabili un paio di colpi di scena, ma un po’ annegati nell’insieme.
Pesantemente sgradevoli Costantino ed Elena, un povero vecchio sciocco Costanzo Cloro, l’eroe, come sempre rimpianto, Diocleziano.
Medicus, 2006 in UK, 2007 in USA
dalla serie di Rusus
L’autrice inglese è al suo primo romanzo. L’impressione generale è di déjà-vu: una mescolanza di temi quali il rapporto Romani/Britanni in età imperiale (qui siamo all’epoca del passaggio fra Traiano e Adriano), il protagonista decaduto, solitario ma non cinico, oppresso da una serie di famigliari in guai finanziari (evidente richiamo a Didius Falco), l’ambiente militare (Ruso, il protagonista, è medico dell’esercito stanziato in provincia), la ragazza dal carattere difficile ma finalmente innamorata (molti gli archetipi, dalle schiave straniere come la Bethesda di Saylor alle ragazze di spirito indipendente come la Helena della Davis). Inoltre il ritmo è lentissimo, non riscattato dall’umorismo reclamizzato in quarta di copertina ma francamente modesto (sul clima e il cibo inglese ridono giusto gli inglesi). Può piacere o meno il sotteso impegno sociale: in una storia incentrata sull’ingaggio forzato e violento di prostitute il riferimento all’attualità è esplicitamente indicato nell’Author’s note finale.
Nonostante questi limiti, si arriva allo scioglimento con abbastanza interesse, si apprezza il lieto fine condito di una certa realistica amarezza e ci si compiace dell’approccio rispettoso sia alla religiosità indigena sia alla problematicità del romano aperto ad ogni possibilità.
Avvertiamo che vicende editoriali molto scorrette hanno portato questo libro ad uscire con tre titoli: Medicus and the Disappearing Dancing Girls, ed. M. Joseph 2006 (UK), Medicus: a Novel of the Roman Empire, Bloomsbury USA 2007, Ruso and the Disappearing dancing girls, Penguin Books 2007 (UK). Soprattutto chi conosce solo l’edizione americana, dal titolo generico, rischia di ricomprare il libro, pensando ad un altro della serie.
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Get out or die,2003
A Bitter Chill, 2005
Il primo romanzo fa parte di una serie che ha come protagonista una donna dall’improbabile nome Claudia Seferius, iniziata con I, Claudia nel 1995 (evidente parodia di I, Claudius di Graves) e proseguita con altri romanzi e il racconto Honey Moon della raccolta del 2003.
Ambientata nell’età di Augusto, cui fa riferimento quasi solo per la legge che impone alle vedove di risposarsi in tempi brevi, la serie racconta le poco credibili avventure di una ragazza dai costumi molto liberi e disinvolti, sia dal punto di vista sessuale sia economico, seppure con una sostanziale onestà (come si vede, un personaggio letterario piuttosto convenzionale). Nel romanzo il plot giallo è serrato e si fa leggere, ma la soluzione, così come l’insieme delle circostanze, non convince pienamente.
I romanzi della Finnis, una miniserie, appartengono invece alla tipologia dell’ambientazione in Britannia (il racconto della raccolta, invece, si svolge a Roma). Siamo all’epoca di Domiziano: la protagonista e io narrante, Aurelia Marcella, è una profuga di Pompei (nuovamente Pompei!) stanziatasi in Britannia col fratello: questi, impegnato nei servizi segreti, è però sempre in viaggio, mentre lei gestisce una locanda. In Get out or Die la locanda è minacciata da un gruppo di rivoluzionari nazionalisti, il cui leader è sconosciuto: più che un giallo, è un romanzo d’avventure con qualche mistero e un’ambientazione che sa molto di Far West. Nel secondo si intrecciano vicende politiche e vicende amorose.
Buried too Deep, 2008
Buried too deep è il terzo mistery della serie di Aurelia Marcella, che ha avuto evidentemente più successo del previsto e, forse, del valore. La serie, infatti, attualmente comprende già un quarto romanzo, Danger in the wind (2011) e ne è preannunciato un quinto, Blood on the water. Inoltre è iniziata la pubblicazione della serie in Gran Bretagna, per cui avvertiamo che il primo titolo (Get out or die) è diventato Shadows in the night (2012 UK), secondo l’uso di modificare i titoli molto scorretto per i lettori, facilmente distratti e ingannati (l’abbiamo già notato per altri autori).
Questo romanzo mescola nuovamente politica e vicende amorose, con l’aggiunta di una specie di caccia al tesoro. Aurelia svolge il ruolo di improbabile aiuto-detective sia nei confronti del fratello sia dell’amante, investigatore imperiale (di Nerva o di Traiano, sembrerebbe, poiché Domiziano è dato per morto). Loro compito è bloccare le incursioni di pirati galli contro nativi e residenti, nonché mettere pace fra un importante capo britanno e il più autorevole residente romano. Si succedono una quantità di aggressioni e omicidi, che culminano in una drastica riduzione delle due famiglie in lotta e in vari happy end sentimentali.
Plot complicato, con alcuni colpi di scena e personaggi sopra le righe (fra tutti, il Gallo cattivissimo e complessato che taglia un orecchio alle vittime).
Purtroppo ci sono diversi refusi, uno fra tutti quasi ridicolo. Ci viene detto, come colore locale, che il capo britanno pronuncia il proprio nome con finale –os, mentre i Romani gliela cambiano in –us: ma in tutto il romanzo il nome è sempre in –os, fino a giungere a dialoghi in cui un interlocutore corregge l’altro ripetendo il nome nella stessa forma!
Murder Durnovaria, 2019
Paula Harmon è una scrittrice anglosassone di diverse serie variamente ambientate. Questo libro non è propriamente parte di una serie, è però il sequel di un altro poco precedente, Murder Britannica. Entrambi sono ambientati in Britannia, il primo in una città immaginaria, Pecunia, situata dalle parti di Cardiff nel Galles, questo nell’attuale città di Dorchester, nel sud dell’Inghilterra. Hanno le stesse due protagoniste, Lucretia, ricca vedova capricciosa e narcisista, e Tryssa, che era stata fidanzata col fratello di Lucretia morto prima delle nozze ed è vissuta in seguito facendo la levatrice e la curatrice. Nel libro che recensiamo le due donne vengono a Durnovaria, Lucretia per reclamare un’eredità lasciatale da una zia e Tryssa per visitare il fratello e la cognata. Quarant’anni prima Lucretia era stata mandata presso la zia per sposare un cugino, ma l’aveva respinto ed era tornata a casa. Tutta la vicenda si incentra su quanto avvenuto quarant’anni prima, con una carrellata di personaggi già presenti a quel tempo: l’ex fidanzato Deryn, sua sorella Eira dal carattere freddo e chiuso, il marito di lei, Max, che aspira ad una carriera politica ed ha problemi economici, l’augure Favorix a suo tempo coinvolto in uno scandalo economico col padre; inoltre il duovir Amicus, legato a tutti loro, ma che a quel tempo si trovava lontano. Proprio Amicus era particolarmente legato all’amico comune Galen, scomparso in quel lontano periodo e ritenuto colpevole di un furto: e sul ritrovamento di un cadavere che Amicus ritiene sia di Galen la vicenda si dipana, coinvolgendo due scavatori di tombe, una giovane schiava, un mendicante, un vagabondo in cerca della figlia perduta, la giovane ingenua e capricciosa figlia di Eira e Max, e altri. Nell’indagine sull’antico omicidio e su alcune morti sospette che si verificano nel frattempo, Amicus, unico magistrato della cittadina e responsabile quindi delle indagini, è aiutato da Tryssa, con cui inizierà una storia. Libro interessante, con un’ambientazione attraente, plot credibile (forse una vicenda è un po’ sopra le righe). Però stenta a partire, in quanto manca un personaggio chiave nel passaggio da un libro all’altro: a poco a poco si capisce che Lucretia, pur importante nella vicenda passata, è sostituita come centralità dalla coppia Amicus e Tryssa.
dalla serie di Marcus Corvinus
Bodies politic, 2010
Non avendo più Tacito a disposizione, l’autore utilizza la biografia di Caligola di A. Barrett ( e le fonti riportate. Questa utilizzazione è evidente (oltre che ampiamente spiegato nella postfazione) in Bodies politic, uno dei romanzi più decisamente politici della serie. Mettendo insieme facta atque infecta, Wishart ipotizza una complicata macchinazione che coinvolge persone della famiglia Giulio-Claudia, governatori di province, ufficiali, mercanti e poeti. Come sempre, la partecipazione di Corvino è poco credibile (qui si parte da una pseudo lettera post mortem) e l’ostinazione con cui persegue l’indagine, dopo averne ottenuto il permesso da Caligola (cosa già strana in sé), rischiando più volte la vita (e non solo la sua) e viaggiando fino ad Alessandria, ha un po’ del perseverare diabolicum. Alla fine il complotto è scoperto, ma non tutti sono perseguiti, per non andare troppo contro la storia. Plot difficile da seguire, con troppe implicazioni. Certo l’interesse per un periodo importante dell’impero regge la lettura; simpatici i personaggi di contorno, i due fidanzatini (la ricomparsa figlia e il futuro sposo), gli amici con numerosa famiglia, lo stesso imperatore. L’aspetto turistico è piuttosto pesante, non solo per il protagonista. L’altro romanzo appartiene alla serie non politica, in cui il coinvolgimento del protagonista è ancora meno spiegabile. Qui un boss della malavita (già conosciuto) lo costringe a cercare il figliastro, scomparso col suo schiavo. Si succedono diverse morti, fino al discreto colpo di scena finale.
The prophet from Ephesus, 2009
Con un notevole ritmo di scrittura, la Lawrence è arrivata al sedicesimo libro della serie. Le storie sono comunque collocate vicinissime fra loro nel tempo, tutte cioè nell’arco dell’impero di Tito, le cui vicende sono legate alle avventure dei ragazzi già dal quarto libro, come si è visto: ne deriva il fatto che, inizialmente storie singole, ad un certo punto diventano una sorta di romanzo a puntate.
Questa inizia ad Alessandria d’Egitto (a quanto pare di moda), dove i quattro ragazzi si tengono nascosti per evitare di essere arrestati: si capisce da qualche momento di riepilogo che erano stati incaricati direttamente da Tito di recuperare lo smeraldo usato da Nerone come lente, ma sono stati truffati ed accusati del furto della pietra. Raggiunti dal pedagogo, riescono a recarsi in Asia Minore, prima ad Alicarnasso poi ad Efeso e a Hierapolis, sulle orme di un clan di malavitosi, già comparsi in libri precedenti, che rapiscono bambini per avviarli al lavoro minorile o alla prostituzione. Giunti in Asia, incontrano la comunità cristiana riunita intorno a S. Giovanni e ai suoi discepoli: ne deriva una serie di conversioni. Troviamo spesso ambigua nei romanzi la descrizione delle primitive comunità cristiane, anche quando è positiva: un po’ troppo New Age. Forse più originale, qui, la situazione della protagonista, rimasta malinconicamente l’unica pagana. Una volta recuperati i bambini rapiti, restano aperte molte questioni che troveranno la loro conclusione nel prossimo (forse ultimo, se capiamo bene) romanzo: due vicende d’amore (un po’ premature), la scomparsa di un neonato, la situazione di ricercati, l’aiuto a Tito insidiato da Domiziano. Chiaramente l’autrice si è da tempo stancata di raccontare vicende per bambini e si è inserita in un filone più spendibile (effetto Rowling?): l’insieme è però piuttosto bizzarro, anche perché rimane un intento didascalico abbastanza scoperto (tipo: “non ricordo cosa significa questa parola” oppure “vi racconto la storia di…”).
Marcus Aurelius Betrayed, 2014
Terzo romanzo della serie. Ormai è chiaro che le molte digressioni turistico/letterarie sono inevitabili: qui in particolare l’ambientazione di gran parte dell’opera ad Alessandria non può che far prevedere un tour egiziano completo, mentre varie descrizioni e citazioni (comprese barzellette di un’antica raccolta) fanno parte del gusto dell’autore. E’ un peccato. Sfrondata di tutto questo (che porta a saltare pagine o capitoli qua e là) abbiamo una vicenda poliziesca e giudiziaria discretamente interessante: durante un banchetto orgiastico muore avvelenato un ospite invitato all’ultimo momento, a causa di una coppa destinata originariamente al prefetto d’Egitto e bevuta dalla vittima nella confusione generale. Il figliastro del prefetto, Secundus, svolge una rapida inchiesta condannando uno schiavo che sotto tortura aveva confessato l’attentato. Severus è inviato in Egitto da M. Aurelio, attuale imperatore, con l’intento di proteggere l’incolumità del prefetto; ma si rende subito conto che la condanna dello schiavo, estorta con la tortura senza nessuna conferma di altri testimoni, è un crimine contro la lex Cornelia, la legge sillana che garantisce l’equità dei processi. Pertanto fa arrestare Secundus e gli intenta una causa. A poco a poco i testimoni presenti al banchetto scompaiono, mentre le cortigiane affittate per l’orgia dichiarano di non aver visto avvicinarsi lo schiavo alla coppa; alla fine il prefetto toglie a Secundus il processo demandandolo all’imperatore. Tornato a Roma, Severus, che da giudice diviene accusatore, prosegue le indagini e il processo può celebrarsi davanti all’imperatore stesso con esiti che vanno al di là dell’accusa stessa.
L’interesse c’è, il romanzo si fa leggere con il solito stile molto semplice (ma le crude descrizioni dell’orgia non sono certo da libro per ragazzi!).
Furies, 2013
Opera seconda di uno scrittore canadese, è la prima ambientata nel mondo antico. L’impatto è urtante: l’autore avrà sicuramente fatto i suoi studi preparatori, ma non può permettersi errori del tipo: le idi di aprile il giorno 15, la morte di Alessandro Magno in battaglia, gli antichi egiziani definiti fellahin (è arabo!), la lingua egiziana definita demotico (è una scrittura!), pornes come plurale di porne (perché allora hetairai?), Anchise come nome femminile a fianco di una quantità di nomi improbabili, fra cui un mediatore ebreo chiamato Shimon Petrus (forse S.Pietro sotto mentite spoglie? lo sa l’autore che il copyright di questo nome appartiene a Gesù?). Ci sarebbe abbastanza da chiudere il libro.
Però se non lo si chiude ci si imbatte in un plot molto interessante, e qualcosa si perdona. Il protagonista è un romano che vive ad Alessandria durante l’impero di Tiberio con un’attività molto redditizia di commerciante navale. All’inizio lo troviamo però rovinato a causa di una speculazione fallita, apparentemente per una serie di naufragi: lasciato dalla moglie che si porta via anche il bambino, accusato dagli amici che ha trascinato nella rovina economica, sembra trovare l’unica soluzione nell’indagine su un mediatore d’affari intravisto in città mentre dovrebbe essere morto in uno dei naufragi. L’indagine lo porta a interferire col mondo dei potenti arricchiti e delle loro etere, come pure col mondo dei filosofi del Museo, e ad imbattersi in una serie di suicidi veri o presunti e di omicidi forse attribuibili ad un fanatico. A poco a poco, mentre tutte le strade si chiudono con l’aumentare delle morti, l’indagine diviene una povera storia d’amore: in essa ha l’aiuto prezioso di una guaritrice egiziana e l’aiuto a malincuore di due amici, come lui rovinati, e di un magistrato che continua a dargli fiducia. Alla fine c’è un buon colpo di scena (doppio) e un tirare le fila un po’ frettoloso, con qualcosa che rimane non spiegato, forse un’apertura ad un seguito. Ci sentiamo di definirlo un buon libro, sopportando le incongruenze già citate e qualche altra.