Un tema frequente sia nell’ambientazione greca sia in quella romana. Ampie allusioni anche nell’ultimo romanzo della Doody, ambientato in Asia ma in cui si parla dei giochi olimpici in occasione della proclamazione del contestatissimo decreto di Alessandro sul rientro degli esuli (presumibilmente le Olimpiadi del 324 a.C.)
- Thanos Kondylis, Omicidio a Olimpia (trad.it.)
- Violaine Vanoyeke, Meurtre aux jeux Olympiques
- Danila Comastri Montanari, Olympia, indagine ai giochi ellenici
- Lindsay Davis, See Delphi and die.
- Alain Surget, Menace à Olympie.
- Gary Corby, Sacred Games
Έγκλημα στην Αρχαία Ολυμπία, Atene 2007, tr. it. Omicidio a Olimpia, Casa Editrice Nord 2009
Siamo a metà del secolo quinto a.C.
Un aristocratico ateniese, allontanato dalla vita politica per il prevalere dei democratici, si reca ad Olimpia per assistere i giochi. Poco dopo un atleta spartano viene ucciso, in una situazione da camera chiusa. Nel generale scandalo, che potrebbe portare ad implicazioni gravi per la pace fra le poleis, il protagonista viene incaricato delle indagini insieme ad un rappresentante di Sparta, con cui stringe amicizia dopo un’iniziale diffidenza.
L’autore è uno studioso greco dai vari meriti accademici, ma come giallista si direbbe alle prime armi. Il romanzo è pesantemente e scopertamente didascalico (storia, politica, istituzioni, storia dell’arte, mitologia, ecc.), e oltre tutto non sempre attendibile. Il plot di fantastoria è pieno di avventure e colpi di scena, ma non convince, perché la scrittura è noiosa e banale e le vicende risapute. In più c’è una vicenda romantico/erotica (tipo Harmony) con una bella spia, con l’aggiunta di un’altra del tutto assurda.
L’edizione italiana aggiunge di suo (oltre alla copertina che indica il IV secolo invece del V) un’irritante modalità di riportare i nomi propri di persone, dèi e luoghi secondo la trascrizione italiana della pronuncia greca moderna. Quindi: Periklìs, Vereniki, Ekàvi, Aretì, gli dèi Ira, Diki, Tichi, Aris, Ifastos, Ermìs, la città Pissa, ecc. Ma perché mai? Non è la grafia greca (che è rimasta quella originaria, con la distinzione grafica fra η ed ι, e l’uso della β), non è la pronuncia del sec. V a. C., non è il modo con cui il lettore italiano conosce i nomi: o il traduttore li ha trascritti senza sapere che cos’erano?
Meurtre aux jeux Olympiques
Si è un po’ imbarazzati a presentare questo romanzo, dopo aver preso visione di vita ed opere dell’autrice: docente di liceo e poi di università, accanita sostenitrice degli studi umanistici (sappiamo con quanta difficoltà in una Francia che li ha già boicottati da vari decenni), pubblicista, poetessa, autrice di romanzi, biografie, saggi divulgativi, rubriche televisive. Possiamo solo dedurre che l’intento divulgativo abbia preso il sopravvento o che l’eccesso di produzione abbia dato luogo ad un prodotto meno valido…In ogni caso questo romanzo è molto brutto. Protagonista è Alexandros: anzi il sottotitolo è Les enquêtes d’Alexandros l’Egyptien, come se si trattasse di una serie; ma nella bibliografia non risultano altri romanzi della serie, e questo è inserito fra i molti romanzi d’ambientazione egiziana, non greca. Comunque: Alexandros è figlio illegittimo di Tolemeo II Filadelfo (definito Faraone), è stato allevato da uno zio materno in Macedonia ma poi riconosciuto dal padre, che lo vorrebbe come erede al trono. Ad Alessandria ha sposato Héléna, figlia di Zenodoto, il primo direttore della Biblioteca: insieme si sono trasferiti a Pergamo per studiare, con grande irritazione dei loro padri. In occasione delle Olimpiadi i due giovani si recano in Grecia accompagnando la delegazione alessandrina degli atleti, curati da due allenatori, Costas e sua moglie Rosalis; è presente anche Bilistiché, atleta lei stessa in attesa di partecipare, di lì a qualche mese, ai giochi femminili, e attuale concubina di Tolemeo. Il re stesso li raggiungerà all’inizio dei giochi. Alla fine sappiamo tutto dei giochi: luoghi, edifici, statue, miti, aneddoti, regole, metodi, punizioni. Persino nei litigi più convulsi s’inseriscono discorsi su qualche aspetto delle Olimpiadi. Così l’esilissima storia (un delitto annunciato e poi effettivamente compiuto) diviene poco più di un pretesto. Qualche topos mutuato dai romanzi d’ambientazione romana: la moglie ostinata e in gamba che vuole partecipare e si mette a rischio (ma alla lunga siamo sempre a Tommy e Tuppence), persino l’ “adozione”, qui paradossalmente di una scimmietta rimasta senza la padrona. Si salva, a nostro parere, solo la figura del poliziotto, cocciuto e tenace anche quando sembra sconfitto, prima diffidente e poi sostanzialmente collaborativo coi detectives dilettanti.
Olympia: indagine ai giochi ellenici, Hobby & Work 2004
dalla serie di Aurelio Stazio
L’ambientazione della serie è romana (evidentemente) e si riferisce all’epoca dell’imperatore Claudio, epoca che l’autrice in varie interviste dice di aver scelto perché simile alla nostra: “In Europa non c’è mai stato un altro momento in cui la società sia stata tanto composita, tanto varia, una grande mobilità sociale, svariati modi di vita, ideologie diverse, religioni diverse, quindi una società estremamente viva” (pag. 135 in appendice a In corpore sano, Il Giallo Mondadori 1991). E rileva che tutti i romanzi storici ambientati nell’antica Roma sono collocati nella prima età imperiale. Questo, se non del tutto vero (vedi i romanzi della McCollough e polizieschi di età repubblicana o tardoantica), lo è certo per titoli famosi quali Quo vadis? o Gli ultimi giorni di Pompei; ed anche altri gialli sono ambientati all’epoca di Tiberio (Wishart), Vespasiano (L. David) o al massimo di Traiano (B. Hambly, Il ratto del Quirinale).
All’interno della prima età imperiale, la scelta dell’impero di Claudio presenta particolari vantaggi: è un’epoca abbastanza tranquilla perché ci si possa occupare di drammi privati invece che di tragedie pubbliche (come sarebbe stata l’età di Caligola o Nerone); possono essere introdotte le comunità cristiane (in Mors tua) ed ebraiche (in In corpore sano) senza la drammaticità delle persecuzioni, per cui sono solo osservate con la curiosità che ispira il diverso, a metà fra ammirazione e disprezzo, da parte dei protagonisti e forse dell’autrice; sono abbastanza vicini i tempi repubblicani perché se ne serbi il ricordo o la nostalgia (vedi i circoli stoici di Mors tua), così come drammatiche vicende quali l’eccidio della Selva di Teutoburgo (in Cave canem), e persino la guerra di Spartaco (ricordata con orgoglio da uno schiavo discendente da uno dei ribelli sempre in Cave canem); Messalina fornisce pettegolezzi alle matrone e avventure erotiche ai protagonisti, mentre Seneca, la cui presenza sarebbe scomoda da gestire, è opportunamente in esilio in Corsica.
Il detective è un senatore epicureo, gaudente e buonista; gli fa da spalla Castore, prima schiavo poi liberto: scanzonato e donnaiolo, non è certo uno Watson o un Hastings, quanto piuttosto un Archie Goodwin, anche per la dipendenza che lo lega al padrone/patrono come Archie dipende da Nero Wolfe; ma il modello fondamentale è sicuramente il servus callidus plautino. Un’altra spalla è una matrona, Pomponia, straripante come mole e affetti, ma soprattutto in grado di sapere tutti i segreti di Roma, modellata, si direbbe, su Ariadne Oliver, occasionale spalla di Poirot. L’ambientazione è discretamente curata, con frequenti riferimenti ad aneddoti o citazioni che dovrebbero rassicurare il lettore, a volte un po’ scoperti e ingenui; anche le frasi celebri che forniscono i titoli non sono sempre legate strettamente alla storia (le più centrate sono In corpore sano, dato che la protagonista è una donna con ambizioni mediche, e Morituri te salutant, perché l’ambiente è quello gladiatorio). L’intrigo giallo è generalmente buono, vario, con colpi di scena inaspettati e un parco utilizzo di elementi topici: ad esempio il messaggio in punto di morte in In corpore sano (un classico di Ellery Queen) o la filastrocca corrispondente ai delitti in Cave canem (un classico di Agatha Christie).
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Nell’anno delle Olimpiadi di Atene (2004) la Comastri Montanari ci propone un romanzo ambientato appunto alle Olimpiadi. Ma evidentemente si è trovata di fronte ad un problema cronologico, in aggiunta al problema sull’evoluzione dei personaggi già rilevata per i libri precedenti. Perché le Olimpiadi hanno delle date: e in particolare dopo il 47 (anno in cui sono situati i romanzi immediatamente precedenti) le prime si svolsero nel 49. Ma scegliere queste significava andare troppo veloci, saltare un anno, e che anno! nel 48 Claudio condanna a morte Messalina, chiudendo così un’epoca che fa da sottofondo a tutte le storie di Aurelio Stazio. Di fronte alla prospettiva di “sprecare” il 48 saltandolo e di avvicinarsi troppo agli anni più cupi del principato di Claudio (gli anni di Agrippina) la Comastri sceglie il flashback: non le Olimpiadi del 45, che ci riporterebbero ad anni già trattati, ma addirittura quelle del 41, cioè precedenti di due anni rispetto al primo romanzo.
Tutto questo è pura illazione: non è fatto notare da nessuna parte, nei risvolti, nel quarto di copertina, nella dedica o nelle spiegazioni finali che il romanzo è collocato prima di tutti gli altri: naturalmente c’è all’inizio la data, come sempre, ma non era il caso di rilevarlo in qualche modo? Il lettore non attentissimo comincia a leggere senza accorgersi di nulla: c’è Stazio che gareggia alle Olimpiadi con i cavalli di Pomponia, e data l’irremovibilità dei personaggi potrebbe essere benissimo appena partito da Pompei. Poi si trova che è appena diventato senatore, che Claudio è imperatore da poco, che Castore è ancora schiavo e non liberto e ci si accorge della cronologia. Ma è rischioso per l’autrice che i suoi libri siano in fondo pressoché interscambiabili.
Il plot è discreto, con cambi di prospettiva e colpi di scena interessanti, tali nel complesso da far accettare i consueti difetti. C’è tuttavia un’eccessiva insistenza nel sottolineare differenze di mentalità e moralità fra Greci e Romani, differenze in realtà molto meno accentuate nell’età imperiale.
See Delphi and Die
dalla serie di Didio Falco
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Nel diciassettesimo libro della serie un gruppo di familiari parte per la Grecia per visitare il giovane studente e per indagare su uno, o forse due, casi di omicidio da lui segnalati e avvenuti in giri turistici organizzati da una losca agenzia. Le indagini portano Falco e i suoi da Olimpia a Corinto, a Delfi, a Lebadia, ad Atene, mentre si aggiungono altre morti. L’opera è disarmonica e, a nostro parere, poco riuscita, poiché si tratta di una mescolanza di: 1. topos del piccolo gruppo costretto a stare insieme da cause esterne e funestato da successive morti (il topos dei dieci piccoli indiani); 2. civetterie quali My name is Falco, Didius Falco; 3. apparentemente scanzonata ma in realtà pesantissima e inutile descrizione dei siti turistici e della loro storia (del resto già il titolo, costruito ovviamente su “vedi Napoli e poi muori” fa il verso al turismo); 4. demitizzazione insistita e al fondo piuttosto sgradevole della religione greca; si aggiunge anche un episodio in cui compaiono i cristiani, noiosi e appiccicosi sul tipo dei Testimoni di Geova. A proposito dei punti 3. e 4., constatiamo la negativa influenza che l’ambientazione greca esercita sui giallisti, portati a puntualizzare, razionalizzare, ecc., come se fossero in soggezione (l’ambientazione in Germania, oriente o Africa di opere precedenti era molto più gradevole). Aggiungiamo che il colpevole è sospettabilissimo, per cui non c’è praticamente suspense. Di positivo rileviamo la caratterizzazione di molti personaggi minori e, per quanto sia del tutto assurdo, il colpo di scena finale, che dà ragione dei lunghi racconti mitologici disseminati abilmente qua e là.
Menace à Olympe, 2013
Un romanzo scopertamente didascalico, con molte informazioni sia sulle Olimpiadi sia sulle istituzioni e vicende ateniesi dell’età di Pericle; ci sono molti termini greci accuratamente traslitterati e brevi note storico/istituzionali.
Per contro la vicenda è poco credibile: un giovane artigiano che sta per partire per le Olimpiadi sente un colloquio che contiene progetti di accuse o violenze contro due persone; viene scoperto e per tutta la vicenda olimpica (dove vince al pentathlon stupefacendo i lettori date le cattive prove nell’allenamento) è spiato e oggetto di attentati; nel frattempo la sorella gemella prosegue le indagini travestendosi, partecipando di nascosto all’ecclesia, cercando Aspasia e Pericle, sfuggendo ad un attentato in casa, catturando di notte un ladro sull’acropoli…tipica ragazza ateniese del V secolo!
Si riscatta con un paio di sorprese finali. Un po’ patetica l’amicizia fra giovane ateniese e giovane tebano.
Sacred Games, 2013
dalla serie La storia di Nicolaos
Terzo romanzo della serie. Stanno per iniziare le Olimpiadi del 460 a.C. dove il miglior amico di Nicolaos, Timodemus, deve gareggiare nel pancrazio, la brutale lotta che l’ha già visto vincitore ai giochi Nemei. Nicolaos si reca ai giochi col padre, che spera di ottenere un ordinativo per una scultura, la quasi moglie Diotima e il fratellino Socrate. Già durante il giuramento degli atleti Timodemus litiga col principale rivale, lo spartano Arakos: nella notte Arakos viene ucciso in un bosco dopo un feroce pestaggio. Timodemus viene arrestato e rischia un giudizio immediato, ma Pericle ottiene un rinvio e incarica Nicolaos di scagionare l’accusato e salvare così il buon nome di Atene; gli spartani incaricano uno dei loro cavalieri, Markos, dell’indagine. E’ subito chiaro che la rivalità fra Atene e Sparta è implicata nella vicenda e che l’esito può provocare un conflitto fra le due città e i loro alleati. A poco a poco risultano chiari anche altri conflitti: all’interno di Sparta fra i re e gli efori, dietro cui si cela la misteriosa società segreta krypteia; fra i pancraziasti, poiché Timodemo è accusato di avere barato ai giochi Nemei; fra il capo dei giudici e la figlia Klimene, sacerdotessa dei Giochi e amante di entrambi gli atleti, vittima e accusato; fra Timodemo e la sua famiglia, che l’ha costretto a puntare alla vittoria; infine fra i padri di Nicolaos e Diotima, che oppongono difficoltà sociali ed economiche alle nozze.
Nicolaos, aiutato da Diotima e a tratti da Socrate, svolge l’indagine mentre si svolgono le giornate dei giochi e uno degli aurighi muore per la rottura imprevista della quadriga. Inevitabilmente le sue indagini si intersecano con quelle di Markos, e a volte i due collaborano, mentre avviene un altro omicidio. Alla fine la soluzione è veramente inattesa, un bel colpo di scena.
Davvero un bel plot, a cui perdoniamo le inevitabili lunghe descrizioni di leggende, luoghi e regole delle Olimpiadi. Curiosa l’introduzione di personaggi storici, Pindaro benevolmente ironizzato, Empedocle deriso per le fissazioni vegetariane (però il bue di pane è pitagorico) ma che suggerisce uno spunto di riflessione per l’indagine, il padre di Ippocrate (lo stesso Ippocrate neonato è presente) con le sue lezioni sulla cicuta che colpiscono il curioso Socrate. Socrate stesso è ormai un personaggio interessante, con una caratterizzazione che regge. Nicolaos è ancora un po’ scialbo, Diotima ha più spessore anche se non si riesce a dimenticare la sovrapposizione col personaggio platonico.
Nuovamente suggeriamo di evitare di cimentarsi sol greco. L’autore, dopo avere insistito su pornoi plurale di porne, spiega un po’ goffamente che indica così entrambi i sessi ma non convince; porne nel senso di “passeggiatrice” è un’etimologia bizzarra, invece della derivazione dalla radice che significa vendere; taraxippos interpretato come tara (paura)+ xippos (cavallo) poteva essere evitato con un semplice vocabolario anche online; krypteia è sostantivo femminile, non neutro plurale (i segreti) né maschile singolare (un krypteia). E tanto basti.