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H. Fast, Spartacus

by Mariapina Dragonetti

1951/52, trad. ital. (con lo stesso titolo), Rizzoli 1980


Si tratta di un romanzo reso famoso dall’omonimo film del 1960 diretto da Stanley Kubrik, con Kirk Douglas nella parte del protagonista, Laurence Olivier in quella di Crasso, Charles Laughton in quella del politicante Gracco e Peter Ustinov in quella del lanista. La sceneggiatura del film, peraltro curata dallo stesso Fast, accentuò fortemente la componente sentimentale, facendo dell’amore di Spartaco per Varinia (interpretata da Jean Simmons) il motivo dominante della sue scelte: mentre nel romanzo prevale in modo pesantemente ideologico l’utopia politica.

La narrazione parte quasi dalla fine. Alcune persone della Roma-bene giungono ad una villa sulla via Appia percorrendo la strada lungo la quale sono crocifissi gli schiavi superstiti della rivolta di Spartaco. Vi sono il vincitore Licinio Crasso, il giovane cinico e ambizioso Cicerone, e alcuni personaggi di fiction: il politico disilluso Lentulo Gracco, il padrone di casa Antonio Caio con la moglie sfiorita e smaniosa, il giovane vizioso Caio Crasso con la sorella Elena, avida di esperienze, e l’enigmatica amica Claudia Mario (notiamo l’assurdità di molti nomi propri presenti nel romanzo, che mescolano prenomi e nomi gentilizi per gli uomini e non tengono conto dell’uso romano riguardo ai nomi femminili).

La vicenda di Spartaco appena conclusa viene raccontata in frammenti: narrata da Crasso al giovane amante, ripensata da Caio che ha assistito all’ultimo combattimento del gladiatore, proseguita dall’autore come debole legame con un sogno di Elena, ricordata da Gracco che aveva avuto dal senato l’autorità di inviare l’esercito contro gli schiavi in rivolta. Quando tutto il gruppo degli ospiti si trasferisce a Capua, giungono in tempo per la crocifissione dell’ultimo superstite, l’ebreo Davide che era stato il compagno più fedele di Spartaco: l’ultima parte del flashback è realizzata attraverso i ricordi dello schiavo morente.

Come si è detto, il romanzo è pesantemente, e ingenuamente, ideologico: l’itinerario dell’autore, ebreo americano di fede comunista, è tutto presente: nell’utopia di una società di fratelli liberi e pacifici, in un messianismo che ha sostituito l’uomo puro all’unto di Dio, perfino in un accenno alla possibilità di una rivolta futura di operai. La violenza e la corruzione del potere, incarnato in Roma e nella sua società viziosa e sessualmente deviata, ha come unico correttivo la figura di Gracco, che termina la sua vita di politico corrotto e corruttore mettendo in salvo la donna e il bambino di Spartaco (destinati peraltro a morire faticando e lottando contro sempre nuovi oppressori).