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La Sicilia è una terra piena di miti, che giungono sino a noi dalla notte dei tempi attraverso la voce degli antichi scrittori, o sono impressi nelle vestigia sparse in ogni angolo del suo territorio, o sopravvivono nelle sue tradizioni popolari: alcuni di essi hanno una dimensione prettamente locale; altri, noti a parecchi autori, accolti e assorbiti da ambienti e rituali estranei all’isola, hanno un’importanza e una diffusione riconosciuta in tutto il mondo classico. Tutti esprimono, seppure in forme diverse, il complesso rapporto dell’uomo con la realtà in cui si trova a vivere.
Tra i miti pù suggestivi spicca quello di Kore (o Persefone, chiamata in seguito Proserpina dai Romani), e del suo rapimento avvenuto, secondo la versione più accreditata, in un prato meraviglioso che si estendeva ai piedi del monte su cui sorge la città di Enna, presso le rive del lago di Pergusa, ad opera di Ade, il tenebroso dio dei morti. Questo ratto famoso della figlia di Demetra, che rappresenta un testo chiave per la conoscenza dell’etnologia e della storia delle religioni, ha ispirato autori antichi e moderni, poeti e cultori delle arti figurative, che hanno giustamente trovato in esso motivi drammatici ed amorosi, oltre che simbolici. Ne sono un esempio questi versi dedicati alla Sicilia dal poeta catanese G. Villaroel:
e udisti il grido pauroso e folle
Rapsodia mitica, vv. 21-24
di Proserpina, stretta fra le braccia
del dio infernale, e Cerere, in sua traccia,
piangere errando sulle mute zolle.