Home Biografie storiche James Romm, Dying every day – Seneca at the court of Nero

James Romm, Dying every day – Seneca at the court of Nero

by Mariapina Dragonetti

Alfred A. Kopf, New York, 2014

a cura di Giulia Regoliosi


L’autore è un docente americano di lettere classiche, che ha già pubblicato un’edizione di Arriano e alcune opere di rielaborazione storica. In questa biografia di Seneca già dal titolo e sottotitolo rivela intento e impostazione: si tratta di un ampio excursus sull’impero di Nerone, a partire dagli immediati predecessori: Seneca vi è inserito necessariamente, ma si direbbe che l’interesse dell’autore sia più sul contesto storico e i diversi protagonisti; a sua volta il titolo introduce il tema della morte e del suicidio, Leitmotiven di tutta l’opera, come è chiaro dai titoli dei capitoli: Suicide (I), Regicide, Fratricide, Matricide, Maritocide (sic), Holocaust, Suicide (II), Euthanasia.

Seneca-Socrate

Nell’introduzione Romm pone la questione, da sempre dibattuta, della credibilità di Seneca e della sua coerenza. Nel corso dell’opera torna continuamente su tale questione, ma in realtà non solo non la risolve, ma ne accentua l’ambiguità, ponendo dubbi su azioni e su passaggi di testi che potrebbero essere interpretati in modo univoco. Ne risulta quindi un personaggio ancora più controverso, anche perché le opere senecane prese in considerazione sono una selezione, che elimina De otio, De providentia De constantia sapientis, De tranquillitate animi, apparentemente per motivi cronologici, se di cronologia certa per i Dialogi si può parlare. Molto spazio è dato invece soprattutto al De ira, poi alle Consolationes al De clementia, il De beneficiis, il De vita beata, l’Apokolokynthosis; delle tragedia si considerano Medea e Phaedra soprattutto in rapporto alle donne dei Cesari, e il Thyestes come una sorta di confessione della propria brama di potere, dibattuta, rifiutata ma ultimamente vincente.

Così risulta una scelta discutibile, che elimina o riduce temi importanti come il rapporto con gli dèi, il ritiro a vita privata, l’apatia e l’aponia; anche le Lettere, considerate decisamente come un trattato unico, sono selezionate in modo tale da eliminare, ad esempio, ogni accenno al problema religioso.

Pregi dell’opera sono peraltro i molti riferimenti ai testi coevi o successivi (grande spazio in particolare all’Octavia), l’ampio apparato di note, l’ampia bibliografia, l’apparato iconografico non banale, una scrittura scorrevole e leggibilissima; non ultima l’ottima veste editoriale. Qualche menda: a proposito del liberto Pallante è citato l’omonimo personaggio virgiliano, definito però come principe etrusco; la genealogia della famiglia giulio-claudia (complicatissima, come si sa) è seguita in genere con attenzione, ma in un punto, forse per un copia-incolla avventato, Germanico risulta figlio di Agrippa (pag. 43).