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Jean-François Nahmias

by Mariapina Dragonetti

di Giulia Regoliosi


La serie di Titus Flaminius

La fontaine aux Vestales 2003
La Gladiatrice, 2003
Le Mystère d’Eleusis, 2006
La piste Gauloise, 2006 

La serie è ambientata a partire dal 59 a.C., quindi condivide con le serie di Saylor (Gordianus) e di Maddox (SPQR) il periodo storico e i personaggi in scena. Quasi all’inizio del primo romanzo, anzi, il funerale della madre del protagonista (la prima vittima: non si sa perché si chiama anche lei Flaminia) è occasione per una carrellata storica: Cesare, Crasso, Clodia, Clodio, Antonio, Servilia, Fulvia, Giulia, Calpurnia, Lucullo … Soprattutto Bruto, amico di Tito Flaminio, consigliere morale e occasionalmente aiutante. Proprio il monito stoico spinge Flaminio a impegnarsi per indagare sull’omicidio. Accompagnato da un attore che si offre di aiutarlo, svolge un’inchiesta che lo porta dalle Vestali alla Suburra, fino allo scioglimento che comporta alcuni colpi di scena discreti, anche se non tutto è spiegato (soprattutto il primo omicidio, che serve più che altro a far intervenire il protagonista).

Nel secondo romanzo l’attualità storica è praticamente scomparsa, a parte un accenno nell’Avant-propos. Trama e motivazioni del protagonista sono esilissime: una congiura nazionalista-sovranista di patrioti campani provoca uccisioni e attentati, mentre Flaminio ha promesso pubblicamente di aiutare chiunque gli si rivolga e rimane quindi implicato nell’indagine di uno degli omicidi, per poi trovarsi a dover addirittura salvare Roma. Ritroviamo una delle questioni più frequenti nell’opera di un giallista: se il detective non lo è di professione, perché mai indaga continuamente su delitti? Rinviamo a molte altre serie per le risposte più varie a tale questione.
Ma in questo romanzo trama e motivazioni sono in secondo piano rispetto al moltiplicarsi di scene cruente spettacolari, locations terrificanti, situazioni estreme e scelte suicide, come l’arruolarsi fra i gladiatori e combattere nell’arena solo per la vaghissima speranza di trovare indizi. Il colpo di scena finale non persuade molto.


Nel terzo romanzo, ambientato in Grecia, notiamo subito come un errore porti l’autore fuori strada: ritiene infatti che il personaggio storico che nel 196 a.C. proclamò la libertà delle poleis greche si chiamasse Tito Quinto Flaminio e potesse quindi essere antenato del protagonista della fiction: di qui i grandi onori che il giovane riceve quando si reca a studiare ad Atene, l’accoglienza dell’arconte eponimo a casa sua, tutte le porte che gli si aprono, l’iniziazione ai misteri, l’offerta della cittadinanza, ecc. Ma il liberatore della Grecia si chiama T. Quinzio Flaminino, e d’altra parte mentre Quinzio è nomen Quinto è un altro prenome, e così Flaminino è cognomen e Flaminio nomen. Si tratterebbe delle solite anche perdonabili confusioni nell’onomastica latina tipiche dei romanzi se qui l’incidenza dell’equivoco non fosse molto pesante e non riguardasse molti aspetti della storia. In essa moltissimo è riserbato alle istituzioni civili e soprattutto religiose ateniesi, descritte minutamente (una piccola osservazione: a guidare i Piccoli Misteri è l’arconte basileus, non l’eponimo, come testimonia Aristotele); si aggiungono diversi omicidi, indagati da Tito che vi si trova implicato. Lo scioglimento è piuttosto macchinoso, con un colpo di scena finale fin troppo inatteso.


Nel quarto romanzo, ambientato in Gallia, Tito è incaricato da Cesare di recarsi presso gli Edui per indagare sulla loro fedeltà a Roma: qui viene coinvolto in una serie di omicidi legati ad antiche vicende e a culti locali. Poco credibile il fatto che Tito si trovi a partecipare a tutte le imprese più famose di Cesare, dal ponte sul Reno all’invasione della Britannia. Risolti gli omicidi, torna a Roma con una giovane donna, compagna del liberto Palinuro che è divenuto ormai aiutante e spalla. Caratteristico lo stile sintatticamente molto curato, quasi rétro, cui si aggiunge il gusto per il macabro, lo splatter, il freak: paradossalmente si direbbe che proprio questo motivi la destinazione della serie a livre de poche jeunesse.
Infine notiamo una certa componente ideologica, nel primo libro riguardante le condizioni dei poveri e i doveri dei ricchi di prendersene cura, nel secondo la necessità di non giudicare dalle apparenze, soprattutto nei confronti di condizioni sociali inferiori, nel terzo la situazione della donna in Grecia e a Roma, nell’ultimo l’importanza di depurare le altre culture degli aspetti deteriori per poterle inserire vantaggiosamente nella società più evoluta.