da Zetesis 1997-2
La figura di Prometeo viene restituita dal mito antico come una figura doppia. Nella tragedia eschilea superstite non è una figura risolta: è il trasgressore, ribelle che si oppone all’ordine divino, ma anche il benefattore dell’umanità, il dio che si priva della sua condizione divina per l’uomo e per questo è sottoposto al castigo doloroso che tutti conosciamo; altrove è anche il dio creatore che plasma simulacri e procura loro la vita.
Proprio questa ambivalenza, questa domanda lasciata aperta dal mito classico ha intrigato numerosi autori delle moderne letterature occidentali: che cosa rappresenta Prometeo? il colpevole? l’innocente? l’anti-dio? il dio buono? il senza-dio? il super-uomo? l’uomo alle prese con la propria coscienza?
Alcuni autori hanno così accostato il mito trovandovi una fonte di pensiero e di ispirazione, ne hanno quindi prodotto una rivisitazione, parziale o completa, vitale e appassionante che testimonia la sopravvivenza del pensiero mitopoietico anche in tempi molto lontani dal mondo classico.
C’è stato anche chi si è appassionato soprattutto alla lettura eschilea fino addirittura a identificarsi nel mito trovando in Prometeo delle configurazioni del proprio genio.
Molto frequente è stato l’utilizzo ideologico del mito, cioè quando la figura di Prometeo non è stata fonte di pensiero originario, ma immagine da riempire di idee già pensate e da divulgare. Tipico in questo senso è stato ad esempio l’utilizzo politico del mito.
Va inoltre segnalata una vasta produzione di opere sul mito di Prometeo o sull’origine del fuoco finalizzata al divertimento o alla messinscena spettacolare.
Non sempre è possibile evidenziare nettamente l’una o l’altra tendenza, ma suggerire queste grandi linee di sviluppo del mito è utile per avere un criterio con cui aggirarsi all’interno di una produzione vasta e molto lunga nel tempo. Se poi la ricerca volesse seguire non solo la produzione di intere opere dedicate a questo mito, ma anche il filo delle idee che il mito ha generato, penso che la rassegna sarebbe ancor più vasta, suggestiva e implicata con gran parte della cultura occidentale.
D’altra parte miti connessi con l’universale problema dell’origine del fuoco e della civiltà appartengono alla cultura universale.
Medioevo
Grandi autori cristiani alto-medievali che avevano risolto il problema della mediazione fra cultura pagana e cristianesimo cercando il più possibile nella cultura classica le anticipazioni della verità cristiana recuperano Prometeo come figura di Cristo. Gli elementi ci sono: il dio che ama tanto l’uomo fino a sacrificarsi per lui, la passione di Prometeo, il Caucaso ~ Calvario, le Oceanine ~ pie donne, il dio che plasma simulacri.
Più avanti nel Basso Medioevo del mito di Prometeo prevale piuttosto l’aspetto del ribelle a Dio e quindi viene demonizzato e dimenticato.
‘300, ‘400 e ‘500
Il Boccaccio preumanista legge il mito di Prometeo in autori greci e latini: Ovidio, Esiodo, Grazio, Agostino, Eusebio, Lattanzio, Plinio il Vecchio, ma è particolarmente colpito dalla lettura allegorica e fìlosofica del mito. Nel suo grande trattato mitologico Genealogia Deorum Gentilium (1350-1375) trova posto la sua rielaborazione del mito prometeico. Il titano è simbolo del sapiente, l’eroe della conoscenza che ha liberato l’uomo dalla condizione primitiva e gli ha dato la volontà di realizzarsi da solo e non più in funzione di una divinità trascendente. Ogni elemento del mito è letto in chiave metaforica: il Caucaso è la solitudine, l’incatenamento sul Caucaso non è una tortura, ma l’immagine dell’intelligenza legata alla ricerca; l’aquila è simbolo delle alte considerazioni che tormentano il ricercatore solitario. Boccaccio non apprende il mito dai dizionari di mitologia e dalle compilazioni, come ho già detto, conosce ovviamente il latino e primo fra i letterati del suo tempo apprende il greco dal monaco calabrese Leonzio Filato che sopporta ospite in casa propria pur di sfruttarne gli ammaestramenti. La figura di Prometeo che dispensa agli uomini la conoscenza forse intrigò particolarmente l’autore che si sentì fiero di aver introdotto per primo nel mondo neolatino la grande cultura greca origine del sapere.
Nel ‘400 l’esempio di Boccaccio rimane paradigmatico. Nel Rinascimento il mito di Prometeo ricorre senza però opere interamente dedicate. Del 1556 è la prima traduzione latina dell’opera eschilea che era stata già editata nel 1518:
Il ‘600
Il Seicento vede il ritorno del mito sulle scene. Ciò che colpisce il gusto del secolo è più che il contenuto del mito la possibilità che la presenza del fuoco nel racconto mitico offriva di realizzare sontuose e mirabolanti messinscene.
Fa eccezione per la cura al contenuto, pur realizzando sempre un’opera spettacolo, la commedia mitologica di Calderón de la Barca, La estatua del Prometeo del 1669. L’opera si pone in continuità con quella del Boccaccio sia perché ne riprende lo schema mitologico, sia perché prevale l’impostazione allegorica. Anche qui ciò che interessa della figura di Prometeo che non è più dio, ma essere mortale, è la sua funzione di dispensatore di sapienza. Gli elementi sono presentati per simmetrie e parallelismi secondo il gusto del teatro seicentesco: Prometeo è il sapiente astrologo e filosofo dedito allo studio, Epimeteo è l’uomo d’azione e della natura, dedito alla caccia; Minerva dea della ragione è venerata da Prometeo, mentre Pallade, dea della guerra, è adorata da Epimeteo (l’opposizione fra i due fratelli è già di Esiodo); è plasmata da Prometeo la statua di Pandora di cui però si innamora Epimeteo, ma Pandora ama Prometeo; Minerva fa ascendere al cielo Prometeo per scegliere un dono, il dono scelto è la luce del Sole-Apollo; l’antagonismo Minerva-Pallade (uomini civilizzati-uomini bellicosi) fa scoppiare la guerra; Pandora è condannata quale causa del male, Prometeo da cavaliere vuole difenderla e è incarcerato; l’intervento di Apollo sistema le cose: Prometeo e Pandora si amano e si sposano, Epimeteo guarisce dalla passione, finisce la guerra. L’interpretazione allegorica ha un nucleo centrale nell’opposizione ragione-passione e la sapienza è l’unica vera luce che viene dal cielo. L’opera di Calderón rimane la prima grande opera dedicata a Prometeo dalla tragedia eschilea.
Il ‘700
È nel 1740 con la Pandora di Voltaire (operetta in cinque atti, libretto per melodramma) che viene finalmente recuperato il grande motivo eschileo della lotta del titano contro Giove e i celesti. Prometeo non è qui il sapiente, ma colui che agisce seguendo il dio che regna nel suo cuore, cioè Amore. La contesa fra Prometeo e i titani da una parte e Giove e i celesti dall’altra è Pandora, la creatura di Prometeo che egli ama a sua volta riamato. Giove invaghitosene manda Mercurio a rapirla. È in nome della giustizia e della libertà, soffiano i venti della rivoluzione, che i Titani ingaggiano battaglia contro i celesti-tiranni (ovviamente). Amore, fonte unica di felicità per gli uomini, infine riscatta tutto riportando l’ordine e la giustizia.
Nel settecento oltre a continuare l’utilizzo del mito di Prometeo come semplice divertimento o satira dell’eterno femminino, vi si aggiungono temi più seri. Interessante è lo svilupparsi di una prospettiva pessimistica in cui Prometeo è visto negativamente. Rousseau ad esempio sostiene la tesi di Prometeo corruttore del felice stato naturale dell’umanità. Il mito si inserisce così nei grandi dibattiti sul progresso scientifico e progresso morale e alla già ambivalente interpretazione del mito si aggiunge un altro doppio: Prometeo colpevole, malefico ~ Prometeo innocente e benefico per l’umanità. È la protesta contro lo spirito illuminista.
Un altro autore settecentesco, Shaftesbury, teso a rivalutare il mito di Prometeo, si sofferma hi particolare sull’aspetto di Prometeo creatore di poesia e arte.
Fu questo Prometeo estetico a influire su Goethe e a suggestionare la fase giovanile e sturmeriana dell’autore tedesco.
Nel titano demiurgo e creatore Goethe si identificò quando volle diventare il poeta “artefice” di uomini dalla “grandezza colossale”.
Due sono le raffigurazioni del genio goethiano, l’immagine del viandante prima e in seguito quella del titano demiurgo legata alla scoperta del demoniaco in se stesso e nella natura. Nascono in questo momento il Prometheus, tragedia di cui furono scritti solo due atti, e nell’autunno dello stesso 1773 viene composto l’inno Prometeo che avrebbe dovuto aprire il terzo atto. Prometeo rifiuta di spartire con gli dei il cielo e sceglie la terra, rifiuta anche di far animare dai celesti le figure da lui create; gli uomini da lui plasmati devono riconoscere di non avere bisogno degli dei e devono aver la certezza che questi senza i tributi umani non disporrebbero più del necessario per continuare a esistere; Minerva, anche qui ben disposta verso Prometeo, gli rivela che uomini e dei sono ugualmente sovrastati dal Destino, vera fonte della vita. C’è tutta la revisione romantica del mito eschileo nel genio che si ribella per amore all’umanità e nella finale conferma che tutto è in potere del destino. Da questa posizione giovanile Goethe si evolve e dopo i primi dieci anni dell’esperienza di Weimar il sentimento della natura diventa in lui più contemplativo e purificato, così come si viene formando una nuova concezione del rapporto dell’uomo col divino. Non più ribellione quindi, ma reverenza; l’uomo che trova il suo centro è colui che si autolimita, non il Prometeo che osa misurarsi con gli dei. Il mito viene abbandonato.
Un ritorno al mito è della fase della vecchiaia quando, esaurita la vena fantastica, Goethe riprende i temi della propria giovinezza e li sviluppa in modo nuovo e insospettabile grazie alla saggezza acquisita in seguito a esperienze ricche e molteplici. Esempio di tale atteggiamento è il dramma, anche questo incompiuto, Pandora, ripresa ideale della tragedia giovanile interrotta proprio alla scena fra Prometeo e Pandora. Pandora è un dono degli dei che però Prometeo rifiuta, è invece accettata da Epimeteo che ha da lei due figli. Pandora si allontana e Prometeo soffre per il rimpianto di ciò che non ha mai voluto, Epimeteo per la nostalgia di ciò che ha perduto, intanto il figliodi Epimeteo si scontra per gelosia e corre pericoli. È sottolineato il contrasto fra vecchi e giovani e c’è l’esortazione a recuperare i valori dello spirito, dell’arte e della scienza nell’importanza che viene data alla figura di Epimeteo (qui simbolo della saggezza e della contemplazione) e soprattutto nella parte finale in cui Pandora ritornando avrebbe dovuto dare agli uomini in dono i grandi valori neoclassici.
NB. Il poemetto di Goethe venne musicato nel 1819 da Franz Schubert come Lied per baritono e pf. Il brano (nella tonalità di Si magg., ma con una conclusione in Do magg.), indicato come D 674 nel catalogo delle opere di Schubert, è costituito da una pagina tesa e drammatica. Nel filmato Youtube qui riportato una esecuzione corredata dal testo musicale. Successivamente il Lied di Schubert fu orchestrato da Max Reger e altri autori.
Un verseggiare alla maniera dei classici e un Prometeo-Napoleone che combatte contro il dispotismo terreno è il Prometeo di Vincenzo Monti. L’opera però si rivela di maniera e ben presto superata dagli eventi: Napoleone imperatore preferì la proiezione in Giove signore dell’Olimpo che nel titano ribelle.
Ottocento
In epoca romantica il mito o viene rifiutato perché sentito lontano dalla nuova cultura o se ne teorizza la moderna e libera rielaborazione. Percy Bysshe Shelley è su questa seconda linea e trova la giustificazione di questa licenza proprio nell’imitazione degli scrittori tragici greci che già adottavano, secondo le parole del poeta romantico, “a certain arbitrary discretion” nel trattare soggetti tradizionali del mito o della storia. Non c’è dunque interesse a fare una restaurazione del mito eschileo, ma piuttosto a esaltarne e potenziarne il messaggio morale. Fu questa l’epoca in cui il mito di Prometeo ebbe la maggiore popolarità.
L’utilizzo del mito di Prometeo per esprimere ad esempio la fede nel progresso civile dell’umanità fu assai diffuso.
Schlegel volle fondere nel suo poemetto Prometeo (1797) il tema della fede nell’ azione della civiltà con la critica alla rivoluzione francese, implicito esempio della continua presenza sulla terra delle mitiche sventure e sciagure di Nemesi. Prometeo crea un uomo di argilla capace di essere sempre felice sia nella gioia sia nel dolore, prototipo della nuova umanità che dovrebbe far progredire l’uomo dallo stato di miseria materiale e morate dei tempi antichi. Nemesi però continua a imperversare, come fa notate a Prometeo la madre Temi, ma la fede nell’uomo e nella sua azione di civilizzazione vincerà anche i tempi più iniqui.
Giovanni Daniele Falck, amico di Goethe, afferma nel suo Prometeo (1803) che la civiltà è necessaria all’uomo. Questa volta però Prometeo diventa il sostenitore dello stato di natura dell’uomo contro Giove propugnatore della civiltà e del progresso attraverso le arti. C’è una chiara critica alle tesi roussoiane.
Goffredo Herder esprime la sua fede profonda nel progresso dell’umanità con il suo Prometeo disciolto (1802); qui Prometeo è colui che reca sulla terra la fiamma simbolo della civiltà umana in continuo progresso.
L’interpretazione del mito di Prometeo come vittoria della scienza e dell’ intelligenza umana sarà ripresa più avanti in epoca positivista, con una forte tendenza però a cancellare il ruolo del divino e a divinizzare semmai la scienza.
Il tema già goethiano e di gusto molto romantico del “titanismo”, inteso come rifiuto di un’etica della sottomissione e della fede cieca in nome di un’esigenza di libertà e responsabilità, raccoglie varie interpretazioni di Prometeo.
Il Prometeo in rivolta contro la tirannia e il dispotismo o contro un dio ingiusto e nemico fu frequentemente rappresentato. All’interno di questa opposizione i due antagonisti mutano di volta in volta caratteristiche. Prometeo in alcuni autori è il Faust, il Satana, l’angelo caduto che si rivolta titanicamente, lo spirito del male in opposizione al Dio-bene; altrove invece è il giovane dio portatore del bene oppure il riformatore sociale o il filosofo scientista che demistifica il divino e in opposizione Dio sarà rispettivamente l’antico dio della vendetta, l’ordine esistente, la superstizione religiosa.
Interessante la posizione di Byron di fronte al mito. Egli infatti assimila dal personaggio Prometeo, a cui si appassiona leggendo Eschilo, il carattere del titano ribelle. Nel suo Prometeo, canto composto nel 1816, esalta la forza d’animo di Prometeo che si raddoppia nelle sventure e nella sfida fino alla morte concepita dal poeta inglese quale vittoria finale.
Il tema della rivolta in senso byroniano continua anche nella seconda metà dell’800, ad esempio in Mario Rapisardi, Lucifero 1877 e in Carducci in I due titani, Rime Nuove, VI, XXXV.
Con il Frankenstein or the modem Prometheus di Mary Shelley del 1818 è sviluppato il tema del Prometeo malfattore e ribelle. Qui il protagonista è fornito del gusto faustiano della conoscenza proibita: si macchia della colpa di ergersi contro Dio nel tentativo di superare i propri limiti cioè dare vita a una nuova creatura; la punizione sarà di essere distrutto dalla sua stessa creatura. Il messaggio è che scienza e ragione umana non possono svilupparsi senza il consenso divino, come anche sostiene Salvatore Viganò nel suo balletto mitologico Prometeo, 1813.
Il Prometheus Unbound di Shelley, dramma lirico in quattro atti scritto e elaborato fra il 1819 e il 1820, riassume in sé i motivi romantici (perfettibilità dell’uomo, ribellione al dio oppressivo e tiranno in nome della libertà, fede nella scienza e nella ragione). Di segno opposto l’operetta morale di Leopardi La scommessa di Prometeo, ove Prometeo fallisce perché ha creato il genere sommo per imperfezione: l’uomo. Il fuoco non è segno di progresso, ma di morte.
Il tema politico ricorre soprattutto dopo la restaurazione con l’immagine Prometeo-Napoleone. Quale figura meglio di Prometeo fornisce la possibilità di rappresentare un Napoleone ora visto come strumento della Provvidenza e liberatore, ora come traditore della sua missione? Oppure Prometeo è l’umanità soggiogata dai tiranni che Napoleone non ha saputo liberare.
J. E. Reade nel dramma in dieci scene del 1842 Record of the Pyramids offre la prima interpretazione secondo la prospettiva del socialismo utopico. Celebre l’affermazione di Marx che vuole Prometeo il santo e il martire della filosofia che libera l’uomo dalla superstizione, a cui si uniscono tante altre voci.
Prometeo non è solo il ribelle, ma anche il martire fino a essere identificato con Cristo. È l’interpretazione di E. Quinet che scrive una trilogia Prometeo inventore del fuoco, Prometeo incatenato. Prometeo liberato (1838). Questa interpretazione in senso religioso cristiano del mito avrà un seguito in altri autori francesi.
Dall’età del positivismo alla prima guerra mondiale il mito di Prometeo continua a essere sfruttato ora per divinizzare la scienza sviluppando come abbiamo visto una posizione già romantica, ora per far rinascere il Dio che la forza della scienza aveva ucciso, ma che l’incertezza e il dubbio risuscitano.
Alexandre Saint-Yves nella tragedia Il mistero del progresso (1878) tenta di riconciliare la volontà umana del progresso con la volontà divina e Prometeo è simbolo della perfettibilità dell’uomo di segno divino, oppure Prometeo e Zeus vengono hi questo senso identificati affermando che sono della stessa natura nel Prometeo donatore di fuoco di Robert Bridges (1883); c’è il tentativo di opporsi all’agnosticismo positivista con una fede senza dogmi e senza chiesa. Si distingue il Delaporte nella trilogia Prometeide (1895) che, pur in una complessiva fedeltà al mito greco, introduce un Prometeo che pur non avendo fatto dei mali soffre dei mali altrui (la somiglianzà a Cristo è evidente) e consegue saggezza e giustizia attraverso la sofferenza.
Altre opere (J.A. Symons, Morte di Prometeo 1880, M. Goldberg, Prometeo pentito 1904) rappresentano una rivisitazione del mito in chiave nichilista: Prometeo o muore con gli dei o è dimenticato insieme a Zeus dagli uomini: della sua lotta, del suo tormento non rimane nulla. O ancora E. Delebecque in Morte di Prometeo 1905 conclude il poema con un Prometeo che invoca la morte di prenderlo perché la vita e la volontà di vivere sono malvagia in sé.
Di grande rilievo è il lungo poema in prosa ritmica di Carl Spitteler, premio Nobel nel 1919. Si tratta della prima opera del poeta svizzero scritta nel 1881, importante sia per l’interpretazione del mito frutto di un pensiero moderno e originale sia perché testimonia una scelta poetica dell’autore di segno contrario al gusto contemporaneo. Spittler infatti attraverso la lettura dell’ Orlando Furioso si convince che in forma di racconto fantastico, ricco di immagini e di mitiche figure si potevano efficacemente rappresentare anche i moderni conflitti di pensiero, descrivere i grandi impeti collettivi, giudicare gli uomini. Fin dall’introduzione del Prometeo e Epimeteo si coglie il tema centrale della riflessione di Spittler sul mito inquadrabile nel pensiero filosofìco del periodo (Hegel, Nietzsche, Schopenhauer); l’eroicità di Prometeo sta nella scelta radicale di vivere secondo un unico comandamento: il bisbiglio della propria anima contro tutte le regole e le ipocrisie della morale corrente; non c’è più filantropia, c’è individualismo eroico.
È un racconto mitico in quanto vi operano figure analoghe a quelle del mito antico, ma la loro personalità è ripensata in chiave moderna Prometeo non è il titano ellenico e neppure è l’orgoglioso ribelle di Goethe; non ha rapito il fuoco dal ciclo, né l’aquila gli rode il fegato sul Caucaso. È invece una mitica personificazione dell’ideale etico ed umano dell’autore. Tutta la vicenda del poema è incentrata sulla rappresentazione simbolica del contrasto dialettico fra due concezioni di vita: quella dell’autore e quella di tanta parte dell’umanità lusingata dagli splendori mondani. Prometeo si ritira dal consorzio umano in nome della libertà della propria anima e affronta in letizia le prove più dure; Epimeteo,lusingato dall’angelo sollecito dell’ordine e del bene comune del mondo, sacrifica la propria libertà spirituale e conquista il trono. Il gesto di Prometeo è un gesto di ribellione contro tutti gli opportunismi e le costrizioni della coscienza, contro gli splendori terreni che traviano dalla verità e alla fine trionfa salvando anche la traviata anima di Epimeteo.
Per certi aspetti richiama l’opera di Spittler il Prometeo mal incatenalo di Gide (1899). Qui però non vi è tono epico o fantastica, il mito viene “desacralizzato” e annullato. I personaggi sono uomini moderni incontragli nei boulevards di Parigi, la vicenda diviene assurda perché la vita è assurda se non si è capaci di ribellarsi alle convenzioni per credere solo nell’io.
Prometeo stanco e anchilosato dal mantenere sempre la stessa posizione sul Caucaso si volta sul!’altro fianco e si libera, eccolo a Parigi che scende il boulevard dalla Madeleine a l’Opera, Presto si accorge che l’aquila che gli rode il fegato è la sua coscienza, quindi incomincia a nutrirla abbondantemente contento di vederla imbellire anche a scapito della sua sofferenza e del suo deperimento. Si improvvisa apostolo di un simile modo di vita e fa proseliti dopo una conferenza parigina. Alla fine però si mangia la propria aquila. Il finale è ambiguo come sempre in Gide perché la verità può essere rappresentata solo attraverso specchi deformanti.
Novecento
Un’opera di inizio secolo sintesi di molte tendenze come era stata per il Romanticismo il Prometeo di Shelley, è E. Bourges La nave, 1904. Prometeo qui insegue un sogno: la fine del mate universale che coinciderà con la vittoria su Zeus. La creatura che Prometeo progetta è un superuomo che un giorno diventerà dio non con la rivolta, ma con l’evoluzione. Il figlio del titano però vivificato dalla fiamma dell’intelligenza nasce cieco e rimprovererà suo padre di averlo creato.
Nel ‘900 si possono individuare alcune ricorrenze:
a) identificazione dell’eroe titano con alcuni geni creativi della storia: Goethe, Mozart, Bruckner etc. ad opera in particolare di autrici femminili
b) desacralizzazione del mito
c) banalizzazione del mito
d) uso del mito a fini propagandistici filonazisti o ami bellici o a favore della lotta di classe
e) esaltazione della tecnologia (dominio pratico sulla natura da cui viene benessere) attraverso Prometeo che diventa il campione del pensiero e della attività umana o visione pessimistica per sentimento dell’assurdo e inquietudine e angoscia creata nell’uomo dal progresso tecnologico
g) Prometeo che ritrova la fede nel fondo della sua coscienza.
Vale la pena soffermarsi sulla riflessione di Albert Camus sul mito di Prometeo nel breve saggio Prometeo agli inferi in L’estate (1946). Camus si interroga sul destino dell’uomo di fronte alla società delle macchine. E’ consapevole che la sua generazione non ha più il compito di cambiare il mondo, ma almeno di preservarlo dalla distruzione.
In questa ottica si inserisce la riflessione sul divario arte ~ macchina, cioè bellezza e aspirazione al benessere, che dichiara insostenibile se si vuoi mantenere l’integrità umana.
“Prometeo è l’eroe che amò troppo gli uomini per donare loro nello stesso tempo il fuoco e la libertà, le tecniche e le arti. L’umanità oggi ha bisogno e si cura soltanto delle tecniche. Essa si ribella attraverso le sue macchine, considera l’arte e ciò che reputa arte come un ostacolo e un segno di servitù. Quel che caratterizza Prometeo è al contrario che non può separare la macchina dall’arte”. La riflessione su Prometeo qui apre la strada a un nuovo umanesimo: il potere di giudicare l’assurdo rende l’uomo lucido di fronte all’assurdo.
Molto interessante è la considerazione che diede Cesare Pavese al mito di Prometeo nel quadro degli studi che con assiduità intraprese da autodidatta negli anni giovanili. Egli affrontò con gran convinzione e passione la traduzione del poema drammatico di Shelley Prometheus Unbound. In tale esercizio l’autore cercava la propria identità di scrittore secondo il dettato romantico e shelleyniano dell’arte come imitazione.
La passione per Shelley è qui passione per il “poeta del liberato mondo”, e si fonda con quella per il mito di Prometeo. Il poeta inglese attraverso il mito canta l’amore per l’umanità e l’universo e vi infonde gli ideali di libertà della rivoluzione francese; attraverso il risveglio della sensibilità alla bellezza, cioè attraverso la poesia, si attua il risveglio morale e si apre la strada alla libertà.
In questa fase fondamentale per la propria formazione culturale e ideologica, Pavese sulla scia di Shelley alimenta la coscienza del conflitto fra ideali romantici e realtà, inesorabile nell’ottocento come nel novecento. Da qui l’identificazione del giovane scrittore nel Prometeo incatenato alla rupe, stanco, angosciato e soprattutto solo nell’aspirazione al bene in un mondo malvagio e in lotta con l’amore. Questo senso di impotenza, ma nello stesso tempo il “titanico” rifiuto di venire a patti con la propria epoca rimarranno una costante del pensiero dello scrittore piemontese.
Vedi una rilettura della figura di Prometeo da parte del card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano
Lo spettacolo dedicato a Prometeo presentato da Zetesis al Meeting 2006
Bibliografia
Boccaccio, Genealogia deorum gentilium, IV, e. 44.
Thomas Campion, The Lord’s Masque, 1613;
Andre Catulle, Prometheus sive de origine scientiarum drama, 1613.
Calderón de la Barca, La estatua del Prometeo, Comedias V, 1669.
Bergamori, Prometeo liberato, 1683.
Shaftesbury, Soliloquio o consiglio a un autore, 1710.
J.J. Rousseau, Discorso sulle scienze e sulle arti, 1750.
Voltaire, Pandora, 1740.
Schlegel, Prometeo, 1797.
Mary Shelley, Frankenstein or the modem Prometheus, 18XX.
Goethe, Prometheusin Opere, 1830.
Byron, Prometeo (canto); Età di bronzo 1823.
Leopardi, La scommessa di Prometeo, Operette Morali.
P.B. Shelley, Prometeo liberato, 1820.
Marx, Differenza della filosofia della natura presso Democrito e presso Epicuro, pp. XIV, XV.
E. von Feuchtersleben, Prometeo, 1829.
A. Pasquet, Prometeo, 1838.
L. Schefer, Prometeo e il guardiano notturno, 1846.
L. Menard, Prometeo liberato, 1843.
E. Grenier, Prometeo liberato, 1857.
Spittler, Prometeo e Epimeteo, in Scrittori del mondo: i Nobel, UTET 1970.
Gide, Il Prometeo mal incatenato, Einaudi.
M. Morhardth, Prometeo, 1919.
G. Shoeppel, Prometeo, 1938.
E. Gerabek, Prometeo, 1955.
Camus, Prometeo agli inferì, L’Estate 1946.
M. Aub, Confessioni di Prometeo N., 1960.
P.B. Shelley, Prometeo Slegato, trad. di C. Pavese, Einaudi 1997.
N.B. Per alcuni dei titoli indicati nella Bibliografia si è provveduto a creare dei link con siti che offrono la versione elettronica dell’opera. Trattandosi di siti esterni a Zetesis, ovviamente non possiamo assumerci nessuna responsabilità per quanto riguarda la qualità e la completezza dei testi.