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Lindsey Davis

by Mariapina Dragonetti

di Giulia Regoliosi

1. La serie di M. Didius Falco 

  1. The Silver Pigs, 1989, trad. it. Le miniere dell’imperatore, Il Giallo Mondadori 1994 – NET 2002
  2. Shadows in Bronze, 1990, trad. it. Misteri imperiali, Il Giallo Mondadori 1994 – NET 2002
  3. Venus in Copper, 1991, trad.it. La Venere di rame, Tropea 2001-NET 2005
  4. The Iron Hand of Mars1992trad. it. La mano di ferro, Tropea 2002 – NET 2006
  5. Poseidon’s Gold, 1992 / 2013, trad. it. L’oro di Posidone, Tropea 2003
  6. Last Act in Palmyra, 1994, trad. it. Ultimo atto a Palmira, Tropea 2004
  7. Time to depart1995 / 2013, trad.it. Fuga o morte, Tropea 2005
  8. A Dying light in Corduba, 1996, trad. it. Notte a Corduba, Tropea 2006
  9. Three Hands in the Fountain, 1997, trad. it. Tre mani nella fontana, Tropea 2007 
  10. Two for the Lions 1998, trad. it. In pasto ai leoni, Tropea 2008
  11. One Virgin too many1999/2009, trad. it. Una vergine di troppo, Tropea 2010
  12. Ode to a Banker, 2000 , trad. it. Ode per un banchiere, Tropea 2011
  13. A Body in the Bath House, 2001 , trad. it. Assassinio alle terme, Tropea 2012
  14. The Jupiter Myth2002
  15. The Accusers, 2003
  16. Scandal Takes a Holiday2004
  17. See Delphi and Die, 2005
  18. Saturnalia, 2007
  19. Alexandria, 2009
  20. Nemesis, 2010

 La scrittrice inglese ha pubblicato venti romanzi con lo stesso protagonista, l’investigatore/informatore politico M. Didius Falco, tutti ambientati nel decennio dell’impero di Vespasiano con cui il protagonista ha un rapporto di lavoro e stima, mentre più difficile è il rapporto coi due figli, Tito e soprattutto Domiziano.
Alcuni romanzi costituiscono delle miniserie: la prima che ha un metallo nel titolo, e l’altra che ha un numero nel titolo. I titoli seriali sono del resto un’abitudine del giallo anglosassone: vedi ad esempio i primi romanzi di Ellery Queen, il cui titolo comprende un aggettivo geografico; ma evidentemente appartengono alle fasi iniziali della produzione di un giallista. Peraltro fra le due miniserie ci sono tre romanzi non marcati, Last Act in Palmyra, Time to Depart, e A Dying Light in Corduba. I titoli seriali cessano del tutto da Ode to a Banker.


Nel primo romanzo la tradizione poliziesca prevale nettamente sull’interesse per l’antichità, che fa da sfondo e pretesto. Il protagonista è modellato su decine di investigatori della giallistica americana (anche italiana, ormai). Basta leggere come descrive il suo ufficio: “Il mio ufficio consisteva in due stanze al sesto piano di un edificio umido dove i muri erano costituiti soprattutto da una secolare sporcizia e dai cadaveri di numerose cimici” (Le miniere dell’imperatore, trad. it., p. 8: è possibile che anche il cognomen Falco sia un omaggio al falcone maltese?). Il plot è serrato, secondo i ritmi americani.


Successivamente vi è un mutamento notevole: già il secondo è molto lungo e prolisso (notiamo che l’edizione italiana ha fatto dei tagli qua e là, probabilmente condizionata dal numero fisso di pagine, ha accorpato capitoli ed eliminato la divisione in parti con titoli specifici: ne risulta una falsa impressione di stringatezza). Inoltre inizia in questo secondo romanzo la tendenza a illustrare luoghi in una sorta di percorso turistico: qui siamo in Campania, Napoli, Pompei, Ercolano, Pozzuoli, Oplontis…; inizia anche la tendenza a coinvolgere parte della numerosa famiglia di Falco. Il plot, incentrato su congiure ai danni di Vespasiano e dell’impero, ha come leitmotiv il rapporto di Falco con Helena (già iniziato nel primo romanzo), complicato dall’incertezza sulla morte del primo marito.


Il terzo (Venus in Copper) raggiunge una buona compattezza e un equilibrio fra amore, momenti drammatici e aspetti umoristici. Helena ha avuto un aborto che l’ha resa incerta e inquieta sul futuro del rapporto con Falco, ancora quasi clandestino; Falco vorrebbe che andassero ad abitare insieme, pur non potendo sposarsi per la differenza sociale, e a questo scopo affitta un appartamento che sembra in migliore stato e accetta un incarico al di fuori degli impegni imperiali: le cognate di un ricchissimo liberto, imprenditore edile e implicato in altri traffici, lo assumono per indagare sulla fidanzata, una giovane donna già vedova di tre mariti morti in situazioni dubbie. L’indagine si svolge nell’ambiente degli speculatori edilizi e in quello degli allevatori di animali da circo e pone Falco a contatto con varie (quattro!) donne di grande fascino (senza però che vi ceda). La morte del liberto per avvelenamento, seguito dalla morte del suo cuoco, non interrompe l’indagine, anche perché lo stesso Falco diviene vittima della speculazione edilizia ed è quindi direttamente implicato. La soluzione è complessa e vede diversi colpevoli, nessuno dei quali arriverà in tribunale anche se per tutti ci sarà un avvertimento e un cambiamento. La storia con Helena diviene definitiva ed è accettata come tale dalla famiglia di Falco e, a malincuore, dai genitori di lei.Una famosa satira di Giovenale offre uno spunto umoristico per una festa familiare, a cui partecipa lo stesso Tito Cesare.


Il quarto (The Iron Hand of Mars) è ispirato sia agli Annales sia alle Storie di Tacito: con notevole informazione storica e geografica, l’autrice conduce Falco attraverso la Gallia fino alla Germania romana e, oltre il Reno, alla Germania libera. L’incarico avuto da Vespasiano, oltre alla consegna di una pesante statua di ferro (la “mano” del titolo), riguarda la pacificazione della Germania attraverso il ritrovamento di un legato rapito, di un capo ribelle e di una profetessa, personaggi storici liberamente rivisitati. Con Falco si trovano Helena fuggita dal corteggiamento di Tito, una nipotina intraprendente, un barbiere in cerca di folclore e il fratello minore di Helena, Quinto Giustino, molto più capace di quanto la giovane età e l’apparente ingenuità farebbe pensare: un bel personaggio e un bel plot.


Il quinto ed ultimo con un metallo nel titolo (Poseidon’s Gold) inizia con l’albero genealogico della famiglia di Falco da parte di padre e di madre. Si capisce quindi fin dal principio che la vicenda di Marcus Didius Falco ed Helena, di ritorno dalla Germania, si incentra su vicende familiari. Falco vorrebbe sposare Helena, ma per farlo deve procurarsi il denaro necessario per entrare nell’ordine equestre, altrimenti non potrebbe sposare la figlia di un senatore. D’altra parte la famiglia della donna sta cercando il denaro per far entrare in senato i due figli maschi, quindi non può essere d’aiuto. Altrettanto la famiglia della madre di Falco, piccoli proprietari terrieri con pochi soldi e molti nipoti. Ci sarebbe il padre di Falco, Favonio Gemino, ricco mercante di antichità e banditore d’aste, ma da quando ha abbandonato la famiglia per una “rossa” i rapporti sono virtualmente recisi. Stanziati provvisoriamente a casa della madre di Falco, dato che hanno trovato il loro modestissimo appartamento devastato, i due protagonisti vengono coinvolti in un problema che ha origine nel fratello di Falco, Marcus Didius Festus, morto nella guerra giudaica ormai da tre anni. Osserviamo di passaggio che non potrebbe chiamarsi anch’egli Marcus: i nomi propri non sono condivisi fra fratelli (uno dei pochi errori dell’autrice)! Un suo commilitone, di passaggio a Roma, pretende la restituzione del denaro che ha messo in un’impresa di esportazione di statue e oggetti preziosi organizzata da Festus: litiga con Falco nel bar vicino e il giorno dopo è scoperto assassinato con un coltello che proviene dalla cucina di famiglia. Falco si trova ad affrontare una serie di problemi oltre a quello di procurarsi il denaro per sposarsi: un’accusa di omicidio, il desiderio della madre di salvare la memoria del figlio morto da eroe, la questione della o delle statue importate, forse naufragate o forse no, forse legittimamente pretese da committenti che usano metodi terroristici o forse no. Inevitabilmente è costretto a operare insieme al padre, coinvolto nei traffici del figlio maggiore. Alla fine di un plot che ha momenti divertenti e una buona informazione l’assassinio è risolto in modo inatteso, il rapporto padre-figlio diviene meno critico (anche per la scoperta che la “rossa” è un’anziana signora grigia), la memoria di Festus in qualche modo avvalorata dai prigionieri giudei che stanno costruendo il Colosseo, i soldi recuperati: ma l’intervento di Domiziano impedisce di farne uso per il passaggio di classe. Tuttavia Helena considera il loro un matrimonio già adeguato.


Il sesto libro, fuori dalle serie (Last Act in Palmyra), molto lungo, quasi 500 pagine di grande formato, insiste più sul contesto che sulla detection: c’è il tema del viaggio, il gusto per i luoghi esotici, il tema del teatro sia come descrizione realistica sia come metafora. Ne risulta un’opera che, come quelle della Doody, è qualcosa di diverso rispetto ad un giallo, pur rispettandone gli elementi fondamentali (whodonit, colpi di scena, riconoscimenti).


Il settimo, Time to depart, uno dei più belli della serie. E’ nuovamente preceduto dall’albero genealogico di Falco, peraltro non aggiornato: mancano nomi rilevanti, specie della famiglia di Galla. Ma è chiaro che il tema familiare ha un posto notevole, dalla gravidanza di Helena, che crea dubbi, imbarazzo ed equivoci, al pranzo presso la sua nobile famiglia, in cui ricompare il fratello Quinto e si conosce Aulo, l’altro fratello altezzoso e ostile, ai traffici loschi del padre di Falco, alla scomparsa della figlia di Galla Tertulla, che vede riuniti per la ricerca e presentati dall’autrice i mariti delle sorelle di Falco e diversi nipotini, alla scoperta di un trovatello che sarà accolto da una delle coppie, fino alla festa nuziale di una bizzarra coppia di maturi sposi a cui partecipano attivamente tutti quanti. La vicenda familiare è inserita, a volte anche drammaticamente, nella caccia ad un boss della malavita che dovrebbe essere andato in esilio per evitare la condanna a morte (è il senso del titolo): una serie di colpi straordinari e diversi omicidi di persone coinvolte nel processo del boss fanno pensare o al sorgere di un nuovo capo o al ritorno del precedente; si fa strada il sospetto di corruzione e spie nel corpo dei Vigili (per l’occasione abbiamo una vasta presentazione del sistema poliziesco romano); Falco, incaricato di indagare, rischia di rompere con l’amico Petronio, offeso dei sospetti. Una grandiosa lotta di tutti contro tutti in un bordello risolve, con qualche amarezza, molti dei nodi, fino al colpo di scena delle ultime pagine: ma attenzione all’elenco dei personaggi.  L’ottavo (A Dying Light in Corduba), anch’esso come il sesto eccedente i limiti del romanzo d’azione, è ambientato in Spagna, dove Falco, insieme alla quasi-moglie Helena che attende il figlio, deve indagare nell’ambiente dei produttori d’olio: l’indagine, partita da un omicidio e un tentato omicidio fra gli informatori politici, segue diverse piste, porta a nuovi omicidi e a diversi colpi di scena. Ma il Leitmotiv è la futura paternità, che si compie nelle ultime pagine con un parto travagliato e glorioso.


Con Three hands in the Fountain (1997) inizia la miniserie “numerica”. Benché il primo macabro ritrovamento avvenga in effetti in una fontana, e altri nel Tevere o nella Cloaca Massima, il luogo più importante, anzi il vero protagonista del romanzo, è l’acquedotto, descritto minutamente e appassionatamente. Si potrebbe anzi dire che esiste un tema per aficionados della grande edilizia idrica romana: si vedano Pompeii di R. Harris, Los arcos del agua di M.Barderi e per i ragazzi Die Spur fuhrt zum Aquadukt di F.Lenk, alle cui recensioni si rimanda. Il tema comporta l’introduzione del personaggio storico Giulio Frontino, autore dell’opera De aquae ductu urbis Romae ma qui exconsole incaricato dell’indagine sui resti umani in collaborazione con Falco e Petronio: un bel personaggio. Il plot s’intreccia con le vicende personali di Petronio, lasciato dalla moglie e sospeso dal lavoro per la sua relazione con la figlia del boss della malavita di Time to depart, la cui famiglia è variamente coinvolta nella vicenda, e con le vicende amorose dei fratelli di Helena. Libro interessante, con buone scene ad effetto e un buon colpo di scena finale; ma molto lungo e a tratti un po’ noioso.


Two for the Lions (1998) è il decimo libro della serie, e il secondo della miniserie “numerica”. In questo il numero del titolo è assolutamente inutile e richiede un certo sforzo per capire che cosa c’entri (la traduzione italiana l’ha eliminato). La storia in sé è molto prolissa, piuttosto monotona soprattutto nella prima lunghissima parte, con un plot complicato e alla fin fine poco credibile nei moventi. Tuttavia è interessante l’ambientazione, nella prima parte a Roma fra i lanistae, le cui rivalità e i cui intrighi sono collegati abilmente sia ai controlli fiscali di Vespasiano (73 d.C.), sia ai progetti del nuovo anfiteatro; nelle altre due parti in Nordafrica (Cirenaica e Tripolitania), ricreata con lo stesso gusto dell’esotico e la stessa credibilità dimostrata per l’oriente in Last Act in Palmyra (si veda in particolare la ricerca del silphium). Le vicende familiari di Didius Falco s’intrecciano con la storia, anche tragicamente, e comprendono varie svolte le cui conseguenze risulteranno nei libri successivi. In uno dei capitoli intermedi, quasi a chiusura della prima parte, la Davis cede al vezzo diffusissimo nei giallisti di polemizzare con i topoi del proprio genere letterario, dimenticando forse volutamente che l’io narrante, lo stesso protagonista, non aveva certo dimestichezza con esso.


One Virgin too many (undicesimo) e Ode to a Banker (dodicesimo) sono ambientati a Roma, dove Falco e Helena vivono in un appartamentino con la figlia in attesa di trasferirsi in una casa affidata a costruttori disonesti e quindi destinata a non essere mai terminata (ritroveremo gli stessi costruttori nel romanzo successivo, ma in Britannia). Come contorno, le vicende della multiforme famiglia di entrambi, e in particolare della sorella più giovane di Falco, Maia, rimasta vedova e assediata da due corteggiatori. Nel primo, che chiude la miniserie numerica, si ha anzi una specie di riassunto delle puntate precedenti, per cui alla famiglia di Falco e a quella di Helena è dedicato molto spazio, forse anche troppo per l’economia del romanzo. L’ambientazione è quella del sacerdozio romano, Flamini, Vestali e oscuri incarichi come il controllo delle oche capitoline e dei polli sacri: un ambito presentato come retrivo, ridicolo e soffocante, con conseguenze devianti sulle persone coinvolte. Il plot è incentrato su una di quelle famiglie maledette care ai romanzi vittoriani della Perry, con un’affannosa ricerca finale dell’unica persona sana, un’industriosa e solitaria bambina. Il secondo, uno dei più belli della serie, inizia con una pubblica lettura di poesie a cui partecipa Falco, che a tempo perso è un aspirante poeta. In seguito Falco viene avvicinato da un rappresentante editoriale, che gli propone di pubblicare le sue opere: così Falco entra a contatto col mondo dell’editoria, un quadro piuttosto divertente per chi ha qualche esperienza (in genere negativa) in questo campo – ma naturalmente l’autrice precisa che il suo editore e i suoi colleghi scrittori sono molto diversi! L’editore viene assassinato e i vigili assumono Falco come consulente per l’indagine. Questa si svolge sia nell’ambito familiare del morto, sia nell’ambito dell’editoria, sia in quello bancario, dove l’editore aveva in realtà i principali interessi (anche il banchiere della scrittrice è naturalmente del tutto diverso). Al termine si ha una tipica scena da whodonit inglese (una scena da Poirot): tutti i sospetti sono radunati nella casa del morto, dove il detective dipana l’intera vicenda e giunge all’accusa finale. Una piccola civetteria la battuta finale di Helena (Tomorrow is another day, cui Falco risponde Sounds like some daft girl in a romance, trying to console herself): si perdona solo perché Helena risulta lettrice accanita di romanzi d’amore e avventure.


A Body in the Bath House e The Jupiter Myth (numeri 13 e 14) sono ambientati in Britannia e sono la continuazione immediata l’uno dell’altro: prendendo spunto da ritrovamenti archeologici recenti l’autrice si getta entusiasticamente in uno dei topoi prediletti della giallistica inglese (si veda la serie sulla Britannia): i rapporti romano-britanni. Poiché il lettore italiano è meno nazionalisticamente coinvolto, i libri risultano i meno attraenti della serie, complicati, poco credibili e ripetitivi.


Con The Accusers (15) si torna a Roma: nella vicenda hanno ruoli fondamentali due personaggi storici, Silio Italico e Paccio Africano. La scelta del mondo giudiziario, cinico e corrotto, richiama il primo Saylor e ancor più i romanzi di Grisham. Anche questo romanzo, pure molto lungo, può piacere meno dei primi a chi ama un giallo rapido e incentrato sulla detection, di più invece a chi ama una storia dai risvolti complessi. L’ambientazione antica è comunque pienamente giustificata.


Piuttosto discutibile quanto a credibilità il sedicesimo, Scandal takes a Holiday, incentrato su una complessa vicenda di pirateria. E’ ambientato ad Ostia, dove l’intera famiglia di Falco si reca per salutare il cognato Aulo che parte per Atene a studiare legge: da notare che le vicende personali, amorose e professionali dei fratelli di Helena hanno nei romanzi continue svolte, per un certo tempo sono anche aiuto-detective, l’ingresso in senato va a rilento, la rivalità matrimoniale li divide.


Nel diciassettesimo (See Delphi and Die) un gruppo di familiari parte per la Grecia per visitare il giovane studente e per indagare su uno, o forse due, casi di omicidio da lui segnalati e avvenuti in giri turistici organizzati da una losca agenzia.
Le indagini portano Falco e i suoi da Olimpia a Corinto, a Delfi, a Lebadia, ad Atene, mentre si aggiungono altre morti. L’opera è disarmonica e, a nostro parere, poco riuscita, poiché si tratta di una mescolanza di: 1. topos del piccolo gruppo costretto a stare insieme da cause esterne e funestato da successive morti (il topos dei dieci piccoli indiani); 2. civetterie quali My name is Falco, Didius Falco; 3. apparentemente scanzonata ma in realtà pesantissima e inutile descrizione dei siti turistici e della loro storia (del resto già il titolo, costruito ovviamente su “vedi Napoli e poi muori” fa il verso al turismo); 4. demitizzazione insistita e al fondo piuttosto sgradevole della religione greca; si aggiunge anche un episodio in cui compaiono i cristiani, noiosi e appiccicosi sul tipo dei Testimoni di Geova. A proposito dei punti 3. e 4., constatiamo la negativa influenza che l’ambientazione greca esercita sui giallisti, portati a puntualizzare, razionalizzare, ecc., come se fossero in soggezione (l’ambientazione in Germania, oriente o Africa di opere precedenti era molto più gradevole). Aggiungiamo che il colpevole è sospettabilissimo, per cui non c’è praticamente suspense. Di positivo rileviamo la caratterizzazione di molti personaggi minori e, per quanto sia del tutto assurdo, il colpo di scena finale, che dà ragione dei lunghi racconti mitologici disseminati abilmente qua e là.


Il diciottesimo (Saturnalia) è collocato immediatamente dopo il ritorno della famiglia dalla Grecia (tranne il cognato studente), ma idealmente si riallaccia alle vicende germaniche di The Iron Hand of Mars. Falco è incaricato di ricercare una prigioniera germanica fuggita dalla casa dove era custodita: si tratta di un personaggio storico, la sacerdotessa Velleda, già figura di rilievo nel libro citato dove faceva innamorare di sé il giovane Quinto e salvava la vita alla guarnigione romana. La ricerca della fuggiasca si mescola con l’indagine per un omicidio avvenuto nella stessa casa della sua prigionia e con la scoperta di un serial killer che uccide vagabondi e barboni. Nonostante qualche lungaggine, la mescolanza di trame è interessante, qualche scena d’insieme divertente, buone le soluzioni e l’ambientazione, nel complesso uno dei libri migliori della serie. 


Può darsi che nella mia lettura di Alexandria (19) abbia avuto un ruolo non piccolo il fatto di aver partecipato ad un convegno nella nuova Biblioteca di Alessandria d’Egitto. In ogni caso il romanzo mi è piaciuto molto, uno dei più gradevoli della serie.
L’occasione è di nuovo legata al cognato studente, che ha lasciato Atene e si è trasferito ad Alessandria. Falco e la sua famiglia, moglie incinta, figliolette e figlia adottiva, decidono di approfittare dell’occasione per un viaggio in Egitto a vedere il Faro e le piramidi (di passaggio anche i resti del colosso di Rodi, per allargare il numero delle meraviglie del mondo visitate); Falco ha anche una sorta di incarico ufficiale da Vespasiano, di cui si parla continuamente ma la cui effettiva esistenza e consistenza risulta solo molto tardi. Ad Alessandria sono ospitati dal losco zio Fulvius (già protagonista di Scandal Takes a Holiday) che vive di oscuri traffici col compagno Cassius e lo stesso padre di Falco (scritto e pronunciato localmente Phalco: una chicca).
Subito avviene un coinvolgimento col personale della Biblioteca, del Museion e della Biblioteca secondaria del Serapeion: prima una morte col topos della camera chiusa, poi altre due morti, una forse naturale l’altra forse accidentale. Falco è incaricato dal Prefetto di indagare e trova due piste: la successione alla carica di Direttore e la sparizione di una parte del patrimonio di testi. Sviluppo avventuroso (anche troppo, visto che comprende l’assalto di un coccodrillo), buoni colpi di scena, personaggi vecchi e nuovi ben delineati; il contesto culturale ha ampio spazio, ma non pesante o pedante: ho apprezzato come l’autrice snobba la visita alle piramidi, un passaggio obbligatodelle agenzie turistiche. Interessante, per una parte della detection, l’intervento di Erone d’Alessandria, perché si ha una contaminazione fra il detective inventato in contesto storico e il personaggio storico che funge da detective, in questo caso ben inserito nell’ambientazione: dato che la collocazione cronologica di Erone è molto vaga, può essere accettata la sua esistenza in quest’epoca. Alcune obiezioni: qualche lungaggine quando Falco lamenta la scelta del suo mestiere e i trascorsi della famiglia d’origine e qualche nota di colore di troppo (ma sembrano entrambe dovute all’intento di protrarre la suspense); sconcertante l’indicazione di Callimaco come direttore della Biblioteca (è fin troppo risaputo che non lo è stato!). Inoltre il cognato di Falco, che è figlio di un senatore, dovrebbe conoscere Plinio come uomo politico, amico personale di Vespasiano e (all’epoca o appena più tardi) comandante della flotta al capo Miseno, mentre, trovandone il nome nel carteggio di un frequentatore della Biblioteca, ne parla come di un vecchio studioso sconosciuto.


Particolarmente drammatico, il ventesimo, Nemesis, inizia con la morte di Geminus, il padre di Falco, e del piccolo neonato, prosegue con una famiglia di serial killer e termina con una vendetta che conclude definitivamente un lungo ambiguo rapporto. Il titolo allude a questo, con una scelta decisamente abusata (c’erano già un romanzo della Christie e un romanzo della Comastri con lo stesso titolo).
Appare evidente che siamo alla fine di una serie. La morte di Geminus rimette insieme tutta la famiglia e permette di riepilogare parentele, sorelle e cognati, nipoti vari: un ruolo gioca anche Marcia, una ragazzina sveglia figlia (presunta) del fratello morto in guerra e responsabile in passato di aver inghiottito le ricevute di una vittoria sportiva. I fratelli di Helena sono entrambi sposati e si preparano ad entrare in senato, anche se si coinvolgono ancora nelle indagini. Si preannuncia una prole (anche questa presunta) di Geminus e di Thalia, bizzarra circense rivista nel viaggio ad Alessandria ma già nota al lettore di Venus in Copper: fino alla fine la questione è se si tratterà di un maschio o di una femmina, con notevoli differenze patrimoniali. Infatti l’eredità di Geminus è molto ingente: un’altra questione dibattuta in tutto il romanzo è pertanto se Falco continuerà a fare il detective o sostituirà totalmente il padre nel suo lavoro di gestore di una casa di aste; al momento sembra che l’interesse per il vecchio lavoro prevalga, ma è lasciata aperta la possibilità contraria. D’altra parte assume un ruolo sempre crescente la figlia adottiva diciassettenne, Flavia Alba: molto spazio è dato ai suoi amori delusi (in particolare con Aulo, il fratello di Helena – quello antipatico – che ha amoreggiato con lei ma poi arriva con una moglie), alla sua crisi d’identità per l’infanzia travagliata e le origini ignote, alla sua curiosità per il lavoro del padre. Alla fine decide di abitare per conto proprio e di diventare lei stessa detective: e si apre una nuova storia.
Un buon libro (un’ottima fine, si direbbe), che alterna momenti di grande tensione e tristezza a passaggi decisamente umoristici. Il gusto per le descrizioni paesaggistiche, tipico dell’autrice, si esercita questa volta sulle paludi Pontine, con esiti di un certo fascino.

 2. Serie Falco: The new generation

The Ides of April, 2013

Preceduto da una sorta di manuale per riepilogare le vicende della famiglia (Falco: The official companion), è uscito il primo libro della serie spin-off rispetto alla precedente. Sono passati 12 anni ricchi di eventi: l’impero è arrivato a Domiziano, con il suo carico di violenze; Falco, anche per l’antica inimicizia con l’imperatore, si è ritirato dalla detection e si occupa solo della casa d’aste; anche Petronio è in pensione. I cognati sono in senato, la famiglia è aumentata per l’aggiunta del dodicenne Postumus, fratellastro/figlio adottivo di Falco, sgradevole e ostile. Va detto tuttavia che l’intera famiglia, a parte appunto Postumus e Iunillo, figlio adottivo di una delle zie e, nonostante l’handicap (è sordo), gestore molto sveglio del bar ereditato, è assolutamente dietro le quinte: colpisce che papà, mamma, sorelle, nonni, zii, cugini, siano solo vagamente nominati, ogni tanto intravisti, quasi affidati alla memoria del lettore. Flavia Albia, ormai adulta, abita da sola nella vecchia casa di Falco e svolge il lavoro di investigatrice: tuttavia, data la situazione romana, l’autrice è costretta a fornirle uno status di donna sposata: si allude quindi ad un breve matrimonio, che dovrebbe essere avvenuto subito dopo Nemesis e terminato con un incidente mortale dello sposo. Il nome del marito è Lentullo: si presume che si tratti del personaggio già noto, un giovane simpatico ma un po’ sciocco, anche se non risultava alcun sintomo d’amore fra i due e una storia fra loro sembra abbastanza incongrua.
Il romanzo è vivace e si fa leggere, ma è un po’ troppo concentrato sulla protagonista e sui suoi rapporti con due uomini che lavorano negli uffici degli edili: un archivista affascinante e un factotum scontroso. Questo rende molto prevedibili i colpi di scena finali, lasciando in secondo piano le fragilissime motivazioni del serial killer che uccide con un ago (non lo diremmo, se su entrambe le copertine, fronte e retro, non apparisse un ago insanguinato).

Enemies at home, 2014

Secondo libro della nuova serie, posto  cronologicamente a breve distanza dal primo. L’edile già conosciuto nel primo libro incarica Flavia Albia di investigare sull’assassinio di due maturi sposini, strangolati in casa dopo la festa nuziale nonostante la presenza di un gruppo si schiavi. Secondo la legge romana, gli schiavi in caso di assassinio sono ritenuti colpevoli o del fatto stesso o di omissione d’intervento: pertanto gli schiavi di casa sono fuggiti cercando la protezione di un tempio e portando su un carro il portiere rimasto gravemente ferito. L’unica schiava restata in casa era in avanzata gravidanza e partorisce poco dopo. Scopo dell’incarico assegnato ad Albia è cercare altri possibili colpevoli, in modo da salvare gli schiavi.
L’indagine comporta una ricerca del bottino (è sparita l’argenteria usata nella festa), interrogatori degli schiavi con risposte sempre diverse (dormivano, cenavano tutti insieme, comunque non hanno sentito nulla), indagini sui coinquilini fra cui il liberto che funge da maggiordomo, pericolose incursioni nel mondo della malavita. Frattanto muore il portiere ferito, uno degli zii di Albia viene assalito dalla gang sospettata, e anche il maggiordomo è assassinato.
Mentre si precisano sempre più le dinamiche interne nella familia, il maturo sposo, la nuova moglie, gli schiavi di entrambi, l’ex moglie con i figli già adulti, il liberto con moglie, figli e schiavetto, Albia vive una lovestory iniziale, prudente e ancora in divenire. A poco a poco si svelano colpevoli e complicità, con una certa amarezza che esclude il lieto fine.
Il titolo già indica il Leitmotiv del romanzo, cioè il posto degli schiavi  nella casa romana: nonostante l’autrice corra il rischio di insistenze anacronistiche, riesce a salvarsi sia rifacendosi all’esperienza infantile della protagonista, sia alludendo al pensiero di autori pagani (Seneca in particolare) sia soprattutto  costruendo con  realismo i personaggi.
I protagonisti sono simpatici, soprattutto l’innamorato. Della famiglia di Albia si dice poco: lo zio Aulo è al terzo divorzio (così impara a illudere la nipotina), Camillo Giustino ha sei figli dalla moglie spagnola nonostante i rapporti sempre incerti fra loro, due dei nipoti sono morti tragicamente, uno nell’eruzione del Vesuvio –non poteva mancare!- l’altro in un incendio che ha distrutto la raccolta di oggetti d’arte della famiglia: i due fatti appena accennati come eventi del passato servono a dimostrare ad uno schiavetto l’importanza degli affetti familiari. Ma certo far sparire così due vecchi personaggi è un po’ strano.

Deadly Election, 2015

Nel terzo libro della serie Flavia Albia, dopo una vacanza di convalescenza in famiglia, torna a Roma ed è coinvolta in una macabra scoperta fatta al deposito di beni per aste che il padre ha ereditato e che gestisce un anziano banditore: in una cassapanca c’è un cadavere sconosciuto e in condizioni così disperate che viene rapidamente cremato.  La cassa fa parte di un lotto che la famiglia dei Callisti intende vendere, ma il rapporto stesso dei tre maschi della famiglia, due fratelli e un cugino, con l’oggetto appare subito ambiguo, tanto più che il capofamiglia risulta nel frattempo scomparso e il trafficante che svolge compiti vari per la famiglia è poco dopo trovato anch’egli cadavere nella stessa cassapanca.  Un legame unisce questa vicenda con l’altro compito richiesto a Flavia: uno dei Callisti era stato candidato all’edilità e per lui, ora dimissionario,  erano state fatte tante spese da richiedere l’asta dei beni; fra gli altri candidati ancora in lizza c’è un amico di Tiberio Manlio Fausto, che incarica Flavia di fare indagini sui rivali. A poco a poco emerge la figura centrale dell’intera vicenda, una matriarca le cui figlie sono o sono state sposate con diversi protagonisti delle due storie: l’indagine giunge al compimento con un processo familiare.
Leitmotiv del romanzo è comunque la vicenda d’amore, che procede lentamente fino a realizzarsi: finalmente, si direbbe, e attendiamo  un matrimonio, che certo renderebbe un po’ difficile il lavoro autonomo di detective per una matrona. Nel frattempo l’autrice ha deciso che doveva comunicarci qualcosa di più del pregresso, sia sul primo marito di Flavia sia su alcuni altri parenti bruscamente spariti di scena. Peraltro la famiglia principale è opportunamente al mare.
Qualche appunto: in un complesso in genere molto informato e corretto stupisce un Domitianus adoranda est (fra l’altro in un contesto in cui si parla di regole grammaticali, a meno che l’errore non sia voluto!).E una volta per tutte diciamo che disturba la forma Camillus family o Callistus family, con una concordanza che andrebbe ripensata.

The Graveyard of the Hesperides, 2016

Al quarto appuntamento con Flavia Albia siamo immersi nei preparativi per il matrimonio, pomposamente organizzato dalle due sorelle: cosa già in sé piuttosto strana, visto che i genitori non si sono mai sposati e del primo matrimonio di Flavia non di sa un granché. Sembra più che altro l’occasione per creare una cornice e riunire un po’ degli antichi protagonisti, anche se proprio sul più bello si ha una  brusca sorpresa.
La storia gialla ha a che fare con sei cadaveri (o forse più?) scoperti nel cortile di un bar che l’impresa messa su dal fidanzato di Flavia sta ristrutturando: la sposina s’incarica delle indagini. Veniamo a sapere tutto sui bar (interessante almeno l’editto di Domiziano che proibisce la vendita di carni cotte), sui diversi tipi di prostituzione, sulla vendita di granaglie e legumi, sui tipi di marmi per il banco, in attesa di scoprire l’identità delle vittime e degli assassini.
Plot fragilino, scrittura lentissima con troppe digressioni. Il personaggio di Flavia, dai ricordi d’infanzia sempre ricorrenti, non riesce ad essere attraente, quello del fidanzato si è decisamente perso per strada. Simpatiche le due sorelle e qualche personaggio minore.

The Third Nero, 2017

Il giorno delle nozze di Flavia Albia un fulmine ha colpito lo sposo: il quinto romanzo inizia con la sposa che bene o male è entrata a casa dello sposo completando il rito,  ma si trova con un marito stordito e confuso. Un espediente?  Avevamo previsto che il matrimonio avrebbe provocato necessariamente dei problemi all’autrice: far muovere liberamente una matrona per Roma, con un incarico professionale, per di più con un marito impegnato in politica, era decisamente a rischio di credibilità.  Il rischio è parzialmente aggirato: lo sposo resta in casa, dà consigli senza forzare troppo, si dispiace delle troppe assenze e dei pericoli della sposa senza voler / poter intervenire più che tanto. Ma non è una situazione che può durare;  e al di là del permesso del marito, la possibilità di una donna di aggirarsi nei palazzi e nelle caserme, di partecipare a intrighi politici uscendone indenne ci pare esca dai limiti della verosimiglianza, seppure di una fiction.
La trama: dopo la morte di Nerone spuntano diversi truffatori che si spacciano per l’imperatore redivivo; in particolare i Parti sostengono la candidatura di uno di questi pretendenti, il terzo (o il quarto?). L’indagine di Albia,  all’inizio rivolta a ricercare la colpevolezza di due governatori di provincia, s’indirizza poi all’interno stesso del palazzo, in cerca di una talpa che mira a rovesciare Domiziano.
Gli aspetti positivi di questa poco credibile trama sono il recupero di due simpatici membri della famiglia di Falco, Marius figlio della sorella Maia e Marcia figlia (presunta) del fratello morto in guerra; inoltre la capacità sempre sorprendente della Davis di creare scene corali, qui con carri, muli, catafratti, arcieri, soldati, portantine e un rovinoso elefante. Piuttosto ovvia la scoperta della talpa, abbastanza inattesa quella dell’ultimo falso Nerone.

Pandora’s boy, 2018

Sesto libro della serie di Flavia Albia. La Davis si destreggia con una certa fatica a proposito dell’inconsueto lavoro di investigatrice di Albia e del rapporto col marito: in altre serie la donna è collaboratrice, qui dovrebbe essere la protagonista, col marito come aiutante: ci riesce solo la serie televisiva di Bones!
Comunque inizialmente l’incarico affidato ad Albia sembra adatto ad una donna: scoprire se una ragazzina morta nel sonno ha preso una pozione magica; e con un esile pretesto il marito è fuori causa per una parte della storia. Ma dopo una serie di indagini fra le famiglie e i giovani della Roma-bene Albia si trova coinvolta  nella faida fra  due gruppi di gangster già incontrati nella serie Falco (Time to depart): ci va di mezzo un amico del padre e al termine dell’indagine principale (che finisce quasi in niente) viene ucciso un giovane di una delle due gangs.
Tutto l’insieme resta poco credibile: il rapporto coi gangster, il rapporto colle forze dell’ordine (i vigili e una specie di Gman), la modalità d’intervento del marito, la tipica scena con tutti i sospetti riuniti (chi glielo fa fare di intervenire? ne è capace solo Poirot). L’atmosfera dell’impero di Domiziano è ribadita come oppressiva, ma sembra che tutti ci vivano benissimo, per cui manca il contesto politico.
Insomma molto discutibile. Restano personaggi simpatici, fra cui i due che finiranno ammazzati e tutto sommato il marito.

Capitol Death, 2019

Domiziano sta per tornare da una spedizione contro Daci e Chatti, su cui afferma di aver riportato grandi vittorie. Pertanto si prepara un grandioso trionfo, al cui allestimento collaborano moltissime persone, con gli inevitabili litigi. Una mattina uno degli organizzatori, responsabile dei trasporti, viene trovato morto ai piedi della rupe Tarpea: parrebbe un suicidio, ma una testimone dichiara di averlo visto gettare giù. Dato che Campidoglio e Rocca sono entrambi interessati alle fasi del trionfo, l’urgenza di risolvere l’omicidio porta all’affidamento del caso agli edili, e da questi ad Albia su proposta dell’edile suo marito. Intanto si aggiunge un’altra morte, di un augure precipitato anch’egli dalla rupe. Come già detto molte volte, il compito di Albia è assolutamente incredibile nella società romana: ancora più incredibile, soprattutto al confronto con le avventure dei detective maschi di altre serie, il fatto che si aggiri nei luoghi più malfamati a qualunque ora senza che sia picchiata, ferita o peggio. L’esilissimo motivo, l’esperienza infantile di monella di strada che le dà particolari capacità, non è sufficiente. E’ merito della Davis l’aver costruito una storia interessante, ricca di bei personaggi e in un contesto vivace e attraente, su queste basi. Il libro piace, la soluzione convince; il marito, per lo più ridotto a un ruolo marginale, si riscatta alla fine.

The Grove of the Caesars, 2020

E’ terminato da poco il trionfo di Domiziano, si raccolgono i resti e si riorganizza la vita in attesa dei Saturnali. L’impresa edile di Tiberio ha l’incarico di abbattere una grotta rocciosa ormai in disuso che fa parte del Nemus Caesarum , il sito all’interno dei giardini cesariani dedicato ai nipoti di Augusto. Ma di nuovo opportunamente Tiberio è fatto uscire di scena dall’autrice, perché la moglie abbia libertà di movimento, che una matrona romana difficilmente avrebbe (ne abbiamo ormai parlato più volte come del grosso limite della serie): questa volta il marito si reca a Fidenae dalla sorella morente e vi resta per assistere la zia e i nipotini. Così Albia rimane in carica a sorvegliare i lavori, oltre a gestire una casa che è diventata complicata: l’ultima aggiunta sono due ragazzini abituati ad ammiccamenti e danze oscene, regalo ambiguo dell’imperatore agli zii senatori di Albia e rifilati rapidamente a lei dalle zie scandalizzate. Durante una festa di compleanno nei giardini di Cesare la moglie del festeggiato viene violentata e strangolata. La stessa sera i due ragazzini, che insieme allo staff di Tiberio hanno assistito alla festa, scompaiono. L’indagine è assunta dai vigili, con la scomoda aggiunta di un sovrintendente ambizioso, ma i familiari della donna chiedono anche ad Albia di occuparsene. Frattanto emergono nuovi fatti: da decenni molte donne sono state violate, uccise e sepolte nei giardini, senza che si sia fatta una vera e propria indagine, anche perché molte, seppure non tutte, erano prostitute. L’indagine dei vigili e di Albia, spesso in collaborazione, va indietro nel tempo, ricerca i pochi nomi dati ai resti, le famiglie di alcune vittime, e s’incentra su frequentatori abituali dei giardini. Il ritrovamento dei ragazzini, uno morto e l’altro traumatizzato, non fa fare molti passi avanti sull’identità del serial killer, ma pone il problema della salvezza del testimone. Parallelamente alla storia principale se ne inserisce un’altra: la scoperta nella grotta da smantellare di materiale scrittorio sepolto, che contiene testi di autori greci sconosciuti, filosofi, un botanico, una poetessa. Albia quindi indaga sul mondo delle biblioteche, dei librai e degli scrivani, scoprendo una realtà di bibliomani fanatici e di falsificatori, anche grazie all’attività paterna di banditore d’aste. Plot complesso, con vari percorsi che s’inseriscono e rallentano la storia principale, certo appositamente. Nell’insieme risulta molto interessante nei vari aspetti anche laterali, con personaggi ben delineati e la ricomparsa di alcuni membri della famiglia (in particolare la cugina Marcia, ma anche altri). La soluzione dei due percorsi è abbastanza ovvia, anche se abilmente condotta. Alla fine il sospirato ritorno del marito (fino alla prossima scusa per non farlo comparire) accompagnato da due nipotini orfani destinati ad accrescere il numero di figli adottivi tipici dei libri gialli.

A comedy of terrors, 2021

Seguito immediato del precedente, s’incentra sulla preparazione e la celebrazione dei Saturnali e, come il titolo fa prevedere, mescola comicità e dramma, con un mix piacevole anche se un po’ troppo prolungato.  La novità è la scarsa attività lavorativa di Albia, i cui possibili impegni falliscono prima di cominciare o risultano fondati su equivoci: Albia si trova quindi maggiormente alle prese con la gestione della casa e col nuovo compito di madre adottiva. Nel frattempo però riemerge la figura del marito, edile quasi al termine del suo compito, svolto con molto impegno e rigore. Insieme al detective dei vigili Morellus, Tiberio svolge un’indagine sulla diffusione di frutta in guscio avariata, imposta con la violenza da una gang che giunge ad uccidere i venditori renitenti o troppo loquaci. Si scoprono i legami con un’altra gang dedita all’usura, connessa a quella più importante tramite complessi legami familiari e amorosi. Albia finisce per coinvolgersi nell’indagine, che culminano nell’arresto del boss e del suo aiutante durante la grandiosa festa offerta da Domiziano ai Romani nel Colosseo: secondo il tono semiserio del romanzo, uno dei due fa una tragica fine e l’altro è trattenuto con un’accusa al limite del ridicolo. 

Desperate undertaking, 2022

Il decimo libro della serie si situa anch’esso a breve distanza dai precedenti, verso la scadenza dell’edilità di Tiberio. Si tratta di un libro ad effetto: una serie di omicidi non solo orrendi ma spettacolari, con un deciso gusto splatter.

La storia. Un’anziana coppia che dirige una compagnia di attori è vittima di cruente uccisioni costruite sul modello di miti ed opere teatrali, che richiedono un’organizzazione complicata e abilità tecnica. Albia, interpellata dalla fantasista Thalia che era stata l’amante del padre di Falco e amica degli uccisi, guida l’indagine insieme ad uno dei vigili, con l’occasionale intervento del marito, ormai quasi al termine della sua carriera di edile. Il sospetto si rivolge subito verso un gruppo di attori amatoriali, a cui i defunti avevano lasciato sperare una collaborazione per poi respingerli. Seguono altre morti sempre collegate con miti e opere teatrali e connesse con l’ambiente dello spettacolo. La scoperta che uno dei sospetti era già noto ai genitori di Albia e ai lettori al tempo di Last Act in Palmyra è una piccola sorpresa. La conclusione è altrettanto spettacolare quanto il resto, con morti violente sulla cui eticità ci sarebbe da dire. Nel complesso il libro, oltre a ribadire i limiti della serie (soprattutto l’incongruità del detective-matrona romana, peraltro sempre illesa e intoccata) non soddisfa come whodonit, troppo scontato e con moventi esigui.

Secondo il gusto dell’autrice vi sono lunghe descrizioni della Roma al tempo di Domiziano, anche troppo dettagliate.

Fatal legacy, 2023

Con un completo capovolgimento rispetto al libro che lo precede, in questo undicesimo “dov’è il cadavere?”, come chiede ad Albia uno degli zii. In effetti per quasi tutto lo svolgersi della storia, peraltro lunghissima, l’attenzione della detective è rivolta ad una serie di problemi e cause civili relativi a due famiglie: anzitutto lo status sociale di un componente, nato schiavo e forse mai emancipato, e di conseguenza le vicende amorose della figlia, nata da madre libera ma rifiutata dalla famiglia del fidanzato se il padre risulta schiavo. Nella ricerca del testamento e dei codicilli lasciati dal padre/padrone al momento della morte, Albia  risale all’indietro, scoprendo via via storie pregresse e ramificazioni familiari che le erano state celate, mentre il matrimonio risulta impossibile per motivi che con lo status del padre della sposa non hanno niente a che fare; appare invece chiaro che il problema più dibattuto riguarda un controverso lascito, un frutteto conteso fra diversi membri delle famiglie e ultimamente di proprietà dell’esecutore testamentario, persona e identità rimaste nascoste fin quasi alla fine. In una riunione che raccoglie tutti i protagonisti anche alla lontana (topos particolarmente amato dall’autrice e in effetti efficace), Albia svela le vecchie storie (anche truci), rimette d’accordo le famiglie e sistema pure l’emancipazione del poveretto a rischio di rovina sociale. Nell’ultima pagina finalmente arriva il “cadavere” che manca alla storia, e si capisce il senso dell’immagine di copertina.

Non è priva d’interesse la descrizione dell’ambiente dei tribunali e dei testamenti. Torna un certo coinvolgimento di vari componenti della famiglia d’origine, gli zii avvocati, le sorelle e il fratellastro, genitori e cugini; scialbo invece il ménage attuale, pur ricco di componenti: lo scarso passare del tempo fra un libro e l’altro limita la possibile evoluzione di caratteri e rapporti.

Death on the Tiber, 2024

Un libro faticosissimo da leggere, anche se si saltano le troppe descrizioni. Riprendendo persone e storie di libri precedenti delle due serie, l’autrice ci fornisce una carrellata sulle diverse famiglie di gangster e sulle diverse forze dell’ordine operanti a Roma, in un continuo intreccio di vendette e collusioni. Il filo conduttore è un personaggio della malavita, Florius, ricomparso in città dopo anni trascorsi in Britannia, mentre la sua amante, che l’ha seguito a Roma con un giro turistico, viene uccisa e il cadavere vilipeso. Albia persegue una personale vendetta contro Florius, che nella giovinezza trascorsa in Britannia l’aveva rapita e violata, e lo ricerca accanitamente attraverso il susseguirsi di morti e faide della malavita; a loro volta Maia e Marcia, zia e cugina della protagonista, perseguono una loro vendetta contro la moglie legittima del gangster, per motivi piuttosto sbrigativamente introdotti. La conclusione della ricerca di Albia rimane sospesa, forse definitivamente, quella delle due donne riecheggia la fine della serie precedente (e quindi siamo alla fine?).

Storia al limite dell’assurdo, con la protagonista che penetra in caserme, case di gangster, funerali riservati, rifugi di sicari, bordelli, uscendone sempre illesa. I grandi momenti collettivi tipici dell’autrice, pur spettacolari, (funerale faraonico con festa funebre trasformata in caos e conclusa con uno struzzo assassino, invasione di tutte le forze dell’ordine in una casa equivoca) non riescono vincere il generale disagio e, al fondo, la noia.

Un paio di civetterie: a pag. 51 l’autrice si riferisce alla regola grammaticale latina dell’uso di nonne e num, peraltro disattesa dai destinatari della domanda retorica; verso la fine compare una scrittrice di romanzi disinvoltamente ambientati in luoghi ignoti: possibile riferimento autoironico all’autrice stessa, come fece la Christie col personaggio di Ariadne Oliver?