1) Friedrich Klingner, Horaz, in Die Antike, Bd. XII (1936), p. 65 (anche in Römische Geisteswelt, Monaco 1965, p. 327)
2) Significativo, a questo proposito, il titolo del saggio di A. La Penna premesso all’ edizione sansoniana delle opere di Orazio: Orazio e la morale mondana europea.
3) Numerosi sono gli studi specifici sulla cultura filosofica di Orazio e sui suoi rapporti con le varie scuole filosofiche del tempo. Tra i più importanti si ricordano: E. Courbaud, Horace. Sa vie et sa pensée à l’époque des épîtres: étude sur le premier livre, Parigi 1914 (In quest’opera si sostiene la tesi di una “conversione” di Orazio dall’epicureismo allo stoicismo); J. Kroll, Horaz’ Oden und die Philosophie, in “Wiener Studien” 1915, pp. 223 ss.; V. Ussani, Orazio e la filosofia popolare, in “Atene e Roma” 19 (1916), pp. 1 ss.; H. K. Beck, Das Verhältnis des Horaz zum Epikureismus in historischer Entwicklung, Erlagen 1921; A. Rabe, Das Verhaltnis des Horaz zur Philosophie, in “Archiv für Geschichte der Philosophie und Soziologie” 1929, pp. 77 ss.; O. Tescari, La filosofia in Orazio, in “Convivium” 1937, pp. 193 ss.; C. Diano, Figure del mondo augusteo: Orazio e l’epicureismo, in “Nuova Antologia” 1 settembre 1938, pp. 83 ss.; G. Vanella, Il mondo di Orazio satiro. Fonti. Pensiero. Originalità, Napoli 1968.
4) Occorre, naturalmente, tener conto anche della “voga che già nel I sec. a.C.hanno autobiografìe in cui elementi miracolosi, specialmente prodigi preannunzianti il futuro, hanno un peso non trascurabile” (A. La Penna, Orazio e la morale mondana europea, in: Q. Orazio Fiacco, Tutte le opere, Firenze 1968, p. XII. Il La Penna suggerisce di chiamare “carismatico” questo tipo di autobiografia).
5) Scrive A. La Penna: “…(in Orazio) 1’autobiografia riflette la vita reale e quotidiana, ma spogliata di dettagli gratuiti: il fine non è la ricchezza di particolari e neppure la vivacità: Orazio trasceglie alcuni particolari densi di significato. I particolari si iscrivono in un destino unitario dell’uomo e del poeta, lo preannunziano; direi, se non temessi l’ambiguità del termine, che lo simboleggiano” (o. c., p. XI).
6) In: Orazio, Le opere. Antologia, Firenze 1969, p. 355.
7) Se effettivamente Orazio abbia frequentato il circolo epicureo napoletano, è questione che, come è noto, dipende dall’integrazione del nome proprio, di cui si leggono solo le ultime lettere, nel papiro filodemo di Ercolano 253 fr. 12. Cfr. W. Schmid, Epicuro e l’epicureismo cristiano, tr. it. Brescia 1984, p. 127 (l’opera è la traduzione italiana della voce Epikur, che W. Schmid scrisse per il Reallexikon für Antike und Christentum, Stoccarda 1961, vol. V, 681-819). Qui si possono trovare ulteriori indicazioni bibliografiche sull’argomento.
8) Cfr. E. Mandruzzato: “… proprio Orazio … è forse il più genuino esempio del sincretismo spirituale del suo tempo” (in: Orazio, Le lettere, Milano 1983, p. 42). Eccessivamente schematica la sintesi proposta da A. Rabe (o. c., p. 87): “1. Horaz war im Grunde seines Herzens ein Anhänger Epikurs. 2. Nachdem er in seiner Jugend und im frühen Mannesalter, in der Zeit seiner Satiren und Epoden, als Epikureer aufgetreten war, zeigte er sich im reiferen Mannesalter, in der Zeit seiner Oden und Episteln, als Eklektiker. 3. Hierbei bekannte er sich in den zunächst für seine Freunde bestimmten Oden und Briefen zu einem fast reinen und unverfalschten Epikureismus, aber in den von vornherein für das römische Volkund den kaiserlichen Hof verfärbten Oden und Briefen zu einem ebenso fast reinen und unverfalschten Stoizismus”.
9) E’ sicuramente da rivalutare 1’importanza che ebbe Aristippo nella formazione di Orazio. Si leggano, al proposito, le osservazioni dì E. Mandruzzato (o.c., pp. 42 ss.) e le sue considerazioni conclusive: “Probabilmente, se potessimo dire a Orazio che del suo Aristippo non abbiamo letto neppure una riga, dubiterebbe molto della nostra possibilità di capirlo” (p. 44).
Oltre che in questa epistola, Aristippo è ricordato anche in ep. 17,13 ss., dove ne viene lodata la condotta di vita.
10) E’ la risposta di Aristippo a chi gli rimproverava la sua relazione con l’etera Laide: ἔχω, ἀλλ᾿ οὐκ ἔχομαι. ἐπεὶ τὸ κρατεῖν καὶ μὴ ἡττᾶσθαι ἡδονῶν ἄριστον, οὐ τὸ μὴ χρῆσθαι (Diog. Laert, II 75).
11) Il didici sembrerebbe essere un accenno più esplicito a un regolare insegnamento epicureo; ma probabilmente vuole soltanto esprimere una divertita e bonaria ironia, rivolta più a se stesso che all’epicureismo e ai suoi seguaci. Le osservazioni di A. Ronconi, che parla di “sorridente scetticismo verso tutte le filosofie” (in Orazio satiro, Bari 1946, p. 23 = Introduzione a Orazio satiro in Da Lucrezio a Tacito. Letture critiche, Firenze 1968, p. 161) vanno forse oltre il segno, nel negare a Orazio un seppure minimo interesse alla filosofia, ma sono in linea con l’interpretazione complessiva che questo studioso dà dell’opera oraziana.
12) Secondo R. Heinze, per esempio (in Vom Geist des Romertums, 1938, pp. 240 s.), il primo libro delle epistole oraziane sarebbe stato stimolato dalle lettere di Epicuro. Cfr. W. Schmid, o.c. , p.128.
13) Q. Cataudella, Filodemo nella satira I, 2 di Orazio, in Utriusque linguae. Studi e ricerche di letteratura greca e latina, tomo II, Messina-Firenze 1974, pp. 79 ss. (già pubblicato nella “Parola del Passato” 1950). Il passo di Origene è Contra Celsum VII 63 (riportato, come fr. 53, negli Epicurea di H. Usener). Un confronto puntuale tra lo svolgimento della satira oraziana e il passo origeniano è anche in G. Pasquali (nell’appendice Cercida e Orazio del suo Orazio lirico, Firenze 1920, pp. 226 ss., soprattutto 234 ss.), che però non giunge a riconoscere la fonte comune in Filodemo.
14) Cfr. A. Rabe, o.c., p. 88. Fondamentale, sull’argomento, R. Heinze, De Horatio Bionis imitatore, diss. Bonn 1889.
15) o.c., p. XLV.
16) “Questo Ofello è un uomo alla buona, simbolo di quella morale spicciola del buon senso e dell’equilibrio che Orazio mette al di sopra di tutte le dottrine e dei loro, spesso derisi, paradossi” (A. Ronconi, o. c., p. 112)
17) A. La Penna, in: Orazio, Le opere. Antologia, cit., p.19.
18) D. Pesce, Saggio su Epicuro, Brescia 1988, pp. 163 s.
19) D. Pesce, o.c., p. 167
20) o.c., p.l67.
21) W. Schmid, o.c., p.69.
22) D. Pesce, o.c., p.119.
23) W. Schmid, o.c.,p.69.
24) Per gli “esercizi spirituali” nel mondo antico, fondamentale è l’opera di P. Rabbow, Seelenfuhrung. Methodik der Exerzitien in der Antike, Monaco 1954 (l’autore, tra l’altro, inserisce gli stessi Exercitia spiritualia di S. Ignazio da Loyola nel solco tracciato dalla tradizione antica). Più recente, e altrettanto prezioso, P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofìa antica, tr. it. Torino 1988 (qui a p. 31 n. 6 si può trovare ulteriore bibliografia sull’argomento). Per gli esercizi spirituali epicurei, in. particolare, si veda P.-H. Schrijvers, Horror ac divina Voluptas. Etudes sur la poétique et la poesie de Lucrèce, Amsterdam 1970.
25) o.c., pp. 41 s.
26) A. J. Festugìère, Epicuro e gli dèi, tr. it. Milano 1987, p. 55. L’opera del Festugière è una delle sintesi più preziose e più profonde sull’epicureismo; essa “non si limita alla sola presentazione della teologia e della religiosità del Giardino” e “risulta particolarmente indicata per un primo accesso allo spirito della filosofia epicurea in generale: al di là della semplice esposizione dei ‘dogmi’ filosofici, Festugière cerca di dare una risposta alla domanda più importante, cioè: come ha potuto una dottrina, al cui centro si trova un calcolo razionalmente misurato di ‘quanti’ di piacere e di dolore, acquistare quella forza di attrazione che poi esercitò, come è pur documentabile, ben oltre il periodo ellenistico?” (W. Schmid, o.c., p. 64). Notevoli, in particolar modo, le pagine dedicate all’amicizia epicurea (pp. 42 ss.).
27) Precisamente ai versi: 1, 5, 26, 33, 38, 41, 43, 50, 54, 69, 73, 84, 93, 140; per due volte, poi, amicus è congiunto con l’aggettivo dulcis (v. 69 e vv. 139-140, una volta con iucundus (v. 93).
28) Per l’esame di coscienza cfr. P. Rabbow, o.c., pp. 180 ss. e 344 ss.; e P. Hadot, o.c., p. 37.
29) Per questo particolare cfr. P. Rabbow, o.c., p, 311 n. 64 e P. Hadot, o.c., p.37 n. 41.