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“Pace” nelle lingue indoeuropee

by Mariapina Dragonetti

di Moreno Morani


Uno sguardo al dizionario di Buck (p. 1376) chiarisce immediatamente come non vi sia, in quello che G. Devoto chiamava il “vocabolario compatto” dell’indoeuropeo, un termine unico per “pace”. Il fatto in sé è scarsamente significativo, in quanto non vi sono neppure termini comuni per “guerra” o per “esercito” o per “nemico”. Più in particolare, i vari termini che il Buck registra si rifanno non solamente a radici diverse, ma anche ad ambiti concettuali differenziati. In estrema sintesi:  la parola germanica comune (da cui ant. nordico friðr, ant. alto ted. fridu > mod. Friede, ant. ingl. friþ) si rifà alla radice che vale ‘amico’ (got. frijonds e termini collegati), ma anche ‘libero’ (got. freis e termini collegati);        la parola slava (ant. sl. mirŭ; russo mir ecc.) è forse corradicale del lat. mītis; i termini indiani (sanscr. samdhi-), iranici (avest. āxəti-), pur con formazioni diverse, accennano all’idea dell’accordo;        i termini celtici (irl. sīd, ecc.) si rifanno all’idea della stabilità: a questa idea si rifanno anche altre voci di origine meno antica, come il boemo pokoj e il polacco pokój in rapporto con l’ant. slavo pokoj ‘tranquillità’.       
Come si vede, pare impossibile stabilire un antecedente comune, sia sul piano formale sia sul piano semantico, per il termine greco e latino.

[In rapporto con l’ant. slavo pokoj era l’antico lituano pakajus, che era nella fase precedente della lingua la parola usuale per ‘pace’, poi sostituita da taika, in relazione con termini che valgono ‘accordo, accordarsi’: cfr. taikyti ‘giungere a un accordo’, taikus ‘pacifico’].