La serie di Libertus
The Germanicus Mosaic (1999)
La scrittrice britannica, linguista e già autrice di fiction ambientate nella nativa Cornovaglia, inizia ad occuparsi di fiction sulla Britannia romana con un racconto inserito nella raccolta Classical Whodunnits del 96, Mosaic. In esso compare per la prima volta Libertus, un ex-schiavo celta liberato dal padrone, divenuto cittadino romano e abile mosaicista. Nel racconto risulta che già in precedenza aveva risolto almeno un delitto, ma la novità è che incontra un potente romano amico del governatore, M. Aurelius Septimus (presunto parente dell’imperatore M.Aurelio: le vicende sono ambientate all’epoca di Commodo): questi in seguito diverrà suo patronus e lo assumerà per risolvere altri delitti che possono mettere in pericolo l’ambiente romano di provincia. Nel 99 esce il primo romanzo della serie, The Germanicus mosaic, che riprende nel titolo quello del racconto nonché Leitmotiv di tutta la serie: un’indagine è come un mosaico, in cui tutti i pezzi devono andare al loro posto: l’aveva già detto Poirot (a proposito di un puzzle). Qui il protagonista diviene l’io narrante, e sappiamo di lui molte altre notizie: era stato rapito dalla sua casa di giovane sposo vent’anni prima, e serba ancora nostalgia della giovanissima moglie Gwellia, anch’ella portata via come schiava e di cui tenta di recuperare notizie. Lo aiuta nel mestiere un ragazzo, Junio, sua spalla anche nell’investigazione. Il plot, piuttosto abile con un protagonista interessante e personaggi minori ben caratterizzati, ha i topoi della giallistica ambientata nella Britannia dell’età imperiale: antiche tradizioni religiose e civili, la presenza dei Cristiani, l’organizzazione romana.
Murder in the forum, 2001 (III)
Un arrogante romano, Perennis Felix, protetto dell’imperatore Commodo, giunge a Glevum (Gloucester, dove sono ambientati tutti i romanzi), si fa ospitare da un notabile locale che ha già verso di lui un lontano rancore e costringe la cittadina ad offrirgli un banchetto. Il patronus di Libertus, forzato a parteciparvi, annuncia pubblicamente di essersi appena sposato: in effetti le nozze sono state celebrate in gran fretta, perché M.Aurelius temeva di dover sposare, per ordine dell’imperatore, la figlia brutta e sgraziata del pericoloso nuovo venuto. Al banchetto, cui anche Libertus è presente, interviene un vistoso celta, presentatosi come Egobarbus ma in realtà un impostore (Libertus infatti conosceva da giovane il vero Egobarbus). Inoltre compare anche un giovane, innamorato della pur brutta aspirante sposa. In un clima estremamente teso Perennis soffoca inghiottendo una noce: mentre tutti si affannano intorno, offrendo diversi rimedi, il romano muore.
Libertus, incaricato delle indagini, segue sia la pista dei celti (il vero Egobarbus viene trovato ucciso), sia quella dei nemici personali del morto, sia quella dello schiavo favorito di Perennis, legato a lui da misteriosi traffici politici. Benché le indagini portino Libertus addirittura ad essere processato per offesa all’imperatore, tutto si risolve felicemente, anche per la magnanimità del governatore Pertinace, ormai in procinto di lasciare la provincia. Una fuggevole visione della moglie su un carro incrociato per caso lascia aperto il sogno di ritrovarla.
Un plot gradevole, con un paio di limiti: anzitutto il titolo incongruo (la morte di Perennis avviene in casa, quella di Egobarbus in una specie di albergo: che c’entra il foro?), poi il curioso uso costante di octio invece di optio (nel senso di ufficiale dell’esercito).
The chariots of Calyx, 2002 (IV)
Libertus si trova a Londinium ospite di Pertinace, governatore della Britannia, che, a differenza del patronus M.Aurelius Septimus, è umano e cortese. Durante il suo soggiorno in casa del governatore viene incaricato di indagare sull’assassinio di un importante personaggio, il responsabile dell’approvigionamento e della distribuzione di grano, strangolato di notte mentre gli schiavi dormivano presumibilmente drogati e la giovane moglie veniva ferita nella propria stanza. La madre del morto, una matriarca quasi simpatica, accusa dell’omicidio la moglie e il suo amante, un famoso auriga dei Blu: risulta scomparsa anche una grossa somma insieme ad alcuni documenti. Libertus indaga nella casa del morto, con tutte le difficoltà legate al contemporaneo svolgersi delle cerimonie rituali: conosce la prima moglie, brutta e meschina, il figlio viziato e immaturo, la moglie che racconta dell’assalto notturno a cui è sopravvissuta gridando, e gli schiavi, in particolare la vecchia ancella troppo ciarliera nello zelo di difendere la padrona; conosce anche un commerciante celta che ha delle pretese economiche nei confronti del defunto. Successivamente l’indagine porta Libertus nell’ambiente delle corse e in quello dei magazzini di granaglie, mette a rischio la sua vita e si conclude con un’altra morte inaspettata. Alla fine emergono diverse colpevolezze di diversi reati, non tutti perseguibili: e vale la pena, concluso il libro, di andarsi a rileggere il prologo, costruito con molta abilità.
Un buon plot, con vivaci descrizioni della città di Londinium/Londra, delle corse, del commercio di grano, della navigazione fluviale. Le pagine finali aprono un grande mutamento nella vita del protagonista.
Qualche appunto di latino: nuncios incongruamente soggetto, più volte mobius invece di modius, Pulchrissima (nome proprio) invece di Pulcherrima. Questa volta però optio è corretto.
The ghosts of Glevum, 2004 (VI)
Libertus ha ritrovato la moglie e ha costruito nel bosco una casa rotonda, la tipica casa indigena (un altro topos dell’ambientazione in Britannia). Nella provincia romana, essendo vacante il posto di governatore per il ritiro di Pertinace, si è creato una specie di triumvirato civile/militare, di cui è parte M.Aurelius, da poco divenuto padre. Uno degli altri due, comandante di legioni provenienti dalla Gallia, muore durante un banchetto in casa di M.Aurelius, e il patronus di Libertus si trova ad essere accusato dell’omicidio: ben presto, in seguito alla perquisizione della casa, si aggiunge un’accusa di tradimento verso l’imperatore.
Libertus, costretto alla fuga, privato della casa e della bottega, deve salvare se stesso e il patronus: trova aiuto in una banda di mendicanti, prostitute e ladri che raccolgono informazioni, penetrano nei luoghi meno accessibili e lo proteggono anche quando il tradimento penetra fra loro stessi. Con abilità la Rowe dipinge il miscuglio di cinismo, follia, astuzia e bizzarro senso dell’onore di questo sottobosco britanno, creando personaggi interessanti (qualcosa di dickensiano, forse). Al termine, Libertus recupera i suoi beni, cui si aggiunge una schiava, bruttina ma subito adocchiata dal Junio.
Pur avendo letto solo alcuni romanzi, noto che la scelta dell’impero di Commodo ha qualche limite: dura solo dodici anni ed è così negativo da giustificare continui complotti: si finisce per ripetersi un po’.
Enemies of the Empire (VII)
Libertus deve accompagnare il patronus in un viaggio dalla loro residenza di Glevum a Isca (Caerleon). Durante la sosta a Venta (Caerwent) scorge un uomo che riteneva morto: nell’inseguirlo incappa in una serie di persoaggi pericolosi, e finisce accusato di omicidio. Assolto dal patronus che funge da giudice al processo, prosegue il viaggio fra agguati di ribelli britanni e voltafaccia: nello scioglimento finale è aiutato dalla moglie, accorsa insieme allo schiavo Junio e partecipe in modo inusuale allo smascheramento dei colpevoli. Alla fine si accenna al progetto di adottare Junio, qui opportunamente separato dalla nuova schiava (rimasta a Glevum) per evitare di affrettare troppo la love story.
Nonostante l’incalzare degli eventi in tempi molto stretti e alcune scene ad effetto, il libro risulta un pochino noioso.
A roman ransom, 2006 (VIII)
Mentre Libertus è gravemente ammalato (presumibilmente di tifo) la moglie e il bambino del suo patronusscompaiono e viene chiesta come riscatto la liberazione dalla prigione di un delinquentello di poca importanza. Il patronus conduce da Libertus un medico greco con la speranza che lo rimetta in piedi al più presto, permettendogli di aiutarlo a recuperare i suoi cari: intanto con un pretesto religioso annulla una serie di procedimenti giudiziari fra cui quello riguardante il prigioniero richiesto. Ma appare chiaro che qualcosa è andato storto: il bambino viene depositato nella lettiga che trasporta Libertus alla villa, mentre della donna non ci sono tracce, anzi compaiono richieste pesanti di denaro; la nutrice del bambino, sospettata di complicità, viene trovata assassinata e la sua casa saccheggiata. Libertus indaga con molta difficoltà, indebolito dalla malattia e sempre osteggiato dal medico, che giunge ad accusarlo del rapimento. Con l’aiuto della moglie e dei giovani schiavi (compresa una schiavetta del patronus, per cui si crea un buffo triangolo) riesce a scoprire tutta la trama, con un finale colpo di scena.
Dopo un inizio lentissimo il plot è discreto.
A coin for the ferryman, 2007 (IX)
Il romanzo inizia con l’affrancamento sia di Junio, adottato come figlio, sia della schiava Cilla, sua promessa sposa. Gwellia ha dovuto rinunciare al suo sogno di una piccola figlia e sembra aver accettato di acconsentarsi di vegliare sui giovanissimi sposi, in attesa di futuri nipotini. Per la prossima coppia i servi del patronus stanno preparando il terreno della nuova casa rotonda: ma vi scoprono un cadavere, e la vicinanza della festa romana delle Lemuria, la feste degli spiriti dei morti, spinge Libertus ad affrettare le indagini. Mentre la stessa identità del cadavere è in discussione (alla fin fine cosa piuttosto incongrua), si aggiungono altre morti e scomparse. La denuncia del colpevole risulta molto rischiosa per Libertus, ma si risolve in un nuovo successo. Alla fine la famigliola britanna decide di celebrare le Lemuria seguendo le usanze romane, per pacificare i poveri morti della storia: intanto si sono aggiunti alla casa nuovi membri, già noti in precedenza e destinati a futuri sviluppi.
Death at Pompeia’s Wedding, 2008 (X)
Ritroviamo i personaggi con qualche modifica. I due giovani si sono sposati. Libertus e Gwellia hanno adottato Junio e liberato la schiava: i due giovani si sono sposati. Junio, benché aiuti il padre nel lavoro di mosaicista e occasionalmente nelle indagini, è quasi uscito di scena: la sorte dei figli adottivi cresciuti, come Eco nei libri di Saylor. Perciò Libertus è assistito nella detection da un giovane schiavo, Minimus, ancora alle prime armi ma destinato a divenire una buona spalla.
Il patronus, in partenza per Roma, incarica Libertus di rappresentarlo ad un matrimonio e, nell’occasione, di sorvegliare un invitato che ha mire politiche ma una reputazione discutibile. La morte del padrone di casa impedisce il matrimonio (con molta gioia della sposa forzata) e poco dopo muore anche l’invitato da sorvegliare. Libertus è assunto per svolgere l’indagine dallo sposo mancato (è necessario che qualcuno l’assuma, visto che il patronus è assente), ma si trova anche ad essere fra i sospettati dell’uno o dell’altro delitto.
In questo romanzo l’ambientazione romano/britanna è sostanzialmente inutile. Si tratta alla fin fine di una vicenda che potrebbe svolgersi altrove, ad esempio nell’Inghilterra vittoriana (ricorda molto i romanzi della Perry): il padre nobile e severo ma non poi integerrimo, la matriarca, le giovani donne infelici, gli adultéri soffocati, i segreti di famiglia, i ricatti… Ci si stupisce quasi che tutto termini nella casa rotonda dei Britanni.
The Vestal Vanishes, 2011 (XII)
Il dodicesimo romanzo della serie contiene alcuni topoi un po’ abusati dell’ambientazione britanna (il contrasto romani/celti, i druidi, un cenno alle comunità cristiane) e un topos molto frequente nei gialli d’ambientazione romana, la comunità delle Vestali coi loro obblighi e la loro sacralità. Due persone della stessa famiglia sono votate a Vesta, una che ha terminato i trent’anni di consacrazione alla dea ed esce dal tempio per sposarsi e una bambina, sua nipote, che sta per iniziare il noviziato. Zia e nipote s’incontrano a metà strada, passano insieme la notte in una sorta di locanda accompagnate rispettivamente da un’ancella e dalla balia oltre che da una coppia di patrenti e da una guardia del corpo, che però viene allontanata alla ricerca di un bagaglio perduto. Al mattino si separano con l’intenzione di recarsi una a casa per il matrimonio l’altra al tempio. Ma nessuna giunge a destinazione. La bambina semplicemente sparisce, la donna giunge cadavere (decapitato) chiuso nel baule all’interno della carrozza.
Libertus viene inizialmente incaricato dal mancato sposo di recuperare l’ex-vestale, ma dopo la macabra scoperta prosegue nelle indagini, che coinvolgono anche la sparizione della bambina. Il plot è complesso, incentrato su due casi di “camera chiusa” (anche se una è una carrozza), con una soluzione abbastanza soddisfacente anche se al limite della realizzabilità. Curioso il fatto che Libertus trova una sorta di spalla nella padrona della locanda, che si trova qui a svolgere il compito, tipico dei gialli classici, di partner femminile nella detection.
A whispering of spies,2012 (XIII)
Libertus è obbligato dal patronus ad andare nella casa di un ricco ex-littore che sta per giungere dalla Gallia e, fingendo di proporsi come mosaicista, indagare presso la servitù sull’origine della ricchezza del padrone. Infatti il patronus teme si tratti di una spia dell’imperatore, nel qual caso sarebbe costretto a visitarlo e festeggiarlo. E con questo è esaurito il titolo, e non se ne parla più. Però Libertus giunge alla casa dell’ex-littore quando è arrivata la notizia che parte dei bagagli preziosi sono stati rubati durante il viaggio, e la scorta, il guidatore, persino i cavalli sono stati assassinati e mutilati. Per una serie di interpretazioni malevole il suo colloquio col maggiordomo della casa viene interpretato come complicità nel furto e nell’assassinio: da qui accuse, arresto, fuga, avventure, fino allo scioglimento finale con la scoperta di un complotto economico/amoroso.
Il romanzo parte da un coinvolgimento del protagonista per un’esilissima circostanza, prosegue alternando vicende un po’ fantozziane e genialità rocambolesche. Il rapporto con la Britannia è molto scarso, alcuni personaggi fissi (tutte le donne) non compaiono; alla fine alla famiglia si aggiunge l’ennesimo schiavetto.
Nel complesso un brutto plot. Il solito octio per optio e qualche altro errore.
Dark Omens, 2013
Il romanzo inizia il primo gennaio del 193, festa di Giano. Durante i saluti e gli scambi di auguri e piccoli doni Libertus riceve l’incarico di rifare un pavimento per una casa di Glevum il cui proprietario, un ricco commerciante, è morto in mare (e la morte appare subito sospetta). Il fratellastro del morto, ansioso di subentrare nei suoi beni e nelle nozze con la vedova, commissiona il lavoro insistendo sulla fretta: desidera infatti concludere il matrimonio e il passaggio dei beni per poter aspirare alla carica di edile in Glevum, di cui non è attualmente abitante. Nonostante una fitta nevicata che blocca spostamenti e provviste, Libertus con il figlio riesce a terminare il lavoro, ma il committente non si fa vivo e risulta scomparso nella strada da Glevum alla cittadina in cui risiede. Mentre si comincia a indagare sulla sua scomparsa giunge la notizia della morte di Commodo (finalmente, aggiungiamo: non potevano starci troppi romanzi in un impero piuttosto breve): il patronus di Libertus decide di partire per Roma per assistere il suo vecchio amico, Pertinace, divenuto imperatore; incarica quindi Libertus di affrettare le ricerche dello scomparso perché è divenuto il guardiano legale della promessa sposa e desidererebbe partecipare all’affare relativo ai beni ereditati. Alla vicenda si mescolano un fallito sacrificio a Giano, la morte del sacerdote trovato poi mutilato, le sfortune di un vicino, i festeggiamenti per il cambio dell’imperatore trasformati in incendi e tumulti. Quando anche lo scomparso è trovato mutilato, Libertus mette insieme le varie parti della storia e la risolve favorendo generosamente le due coppie di colpevoli.
Nonostante alcune scene ben costruite (i tumulti, il ritrovamento dei cadaveri) il romanzo è piuttosto noioso, con molte lungaggini e con particolari superflui: uno per tutti il coinvolgimento iniziale di Libertus, dato che il rifacimento del pavimento, inteso come delicato omaggio alla vedova, sembra poco coerente col carattere sgradevole del committente e facilmente si sospetta sia un pretesto per introdurre Libertus nella storia.
The Fateful Day, 2014
Marco, il patronus di Libertus, è in viaggio per Roma con l’intento di aiutare coi suoi consiglio l’amico Elvio Pertinace, divenuto imperatore. La moglie, in procinto di avere il secondo figlio, non lo ha accompagnato, ma per essere più tranquilla circa il parto imminente ha preferito non restare nella villa di campagna. Così Libertus ha il compito di tenere d’occhio la villa coi pochi schiavi rimasti e i terreni in cui per volontà del patronus dovrebbe essere piantata una vigna, nonostante lo scetticismo degli stessi contadini. In un controllo alla villa scopre che tutti gli arredi preziosi sono stati rubati, gli schiavi uccisi e decapitati, uno dei custodi impiccato e l’altro scomparso. Dagli schiavi dei campi viene a sapere che un ordine col sigillo del padrone ha permesso la consegna degli arredi e ha tenuto i contadini lontani dalla villa. Solo uno schiavetto, Tenuis, ha visto i ladri senza essere notato.
Libertus si reca a Glevum per avvertire la guarnigione del furto e dei delitti, e per ottenere che ne sia mandata notizia al patronus in viaggio e alla moglie; inoltre deve chiedere alla Gilda degli schiavi di organizzare il funerale comune delle vittime. Ma Glevum è in grande agitazione: ottenuto a fatica un colloquio col capo della guarnigione, Libertus viene a sapere che Pertinace è stato assassinato dai Pretoriani, e gli è succeduto chi ha offerto di più, in un’asta scandalosa. Intanto uno dei suoi due schiavetti dai capelli rossi, antico dono del patronus, viene trovato morente nella bottega: ben presto si capisce che si tratta di un nuovo delitto. Libertus deve risolvere il duplice caso nella generale confusione per le notizie da Roma, per le preoccupazioni sul futuro della Britannia (fedelissima a Pertinace) e dello stesso Marco. E’ aiutato dal figlio (ricomparso nel plot) e da alcuni personaggi di Glevum conosciuti in circostanze precedenti. Terminata l’indagine può finalmente celebrare il funerale dello schiavetto e ottiene dalla moglie del patronus, che nel frattempo ha avuto una figlia e attende il ritorno del marito, uno nuovo schiavo, il piccolissimo Tenuis.
Ritmo lentissimo, colloqui verbosi, riferimenti a storie precedenti piuttosto oscuri, una lotta finale poco credibile. Solo un piccolo colpo di scena connesso con la decapitazione delle vittime. Qualche problema col latino: il solito octio per optio, un incongruo nome Pauvrissimus, una concordanza mare nostra.
Prevalgono decisamente gli aspetti privati: la vecchiaia incombente, l’affetto per i giovani schiavi che sostituiscono i figli mancati, il legame con terra e tradizioni britanne, una generica religiosità.
The Price of Freedom, 2017
Il titolo, in sé non chiarissimo, rivela però ancora più del solito il tema sotteso a tutta la serie, cioè quello della schiavitù. Il protagonista, lo ricordiamo, è un britanno rapito e reso schiavo, poi liberato e legato da un rapporto di rispetto e obbedienza al patronus; sua moglie, rapita anch’essa, ha potuto riunirsi a lui solo dopo molti anni di umiliante schiavitù; diversi giovani schiavi sostituiscono, insieme al figlio adottivo, la famiglia che la lunga separazione dei due sposi non ha permesso di formare. Nei vari libri della serie troviamo spesso riflessioni sul rapporto padroni / schiavi e sul pericolo che ogni cambiamento ed ogni evento possono costituire per gli schiavi della casa; così come troviamo la sollecitudine comprensiva con cui Libertus cerca di aiutare i suoi ex colleghi in difficoltà.
Qui, come vedremo, si esce più allo scoperto.
Il plot: il patronus invia Libertus a rappresentarlo ad un matrimonio di Britanni che lo hanno invitato; durante il viaggio verso il luogo del matrimonio, però, Libertus riceve anche l’incarico di indagare sul presunto suicidio di un appaltatore di tasse, nonché su un cadavere trovato decapitato e forse ucciso da Britanni ribelli. Risolto parte dell’intrigo, giunge al luogo del matrimonio per scoprire che è stato preceduto da un truffatore con documenti falsificati: viene considerato uno schiavo e destinato ad essere venduto, insieme ad uno sventurato soldatino che gli faceva da scorta. La salvezza giunge insperata all’ultimo momento, ma Libertus ha temuto di ricadere nella tragica condizione della schiavitù; fortunatamente era riuscito a mandare un messaggio che rivelava la sua identità.
Fra i personaggi c’è lo schiavo del presunto suicida salvato dall’indagine di Libertus, lo schiavo della sposa avviato ad un futuro non troppo lontano con la donna amata, un piccolo pastore vendutosi come schiavo per la salvezza della famigliola, lo schiavo cocchiere venduto a caro prezzo per sostituire il colpevole. Insomma sono loro i veri protagonisti.
Il libro si fa leggere, uno dei migliori della serie. Fra i non molti rilievi un evidente lapsus nelle prime pagine: il nuovo imperatore è citato come Severius Severus invece che Septimius. Inoltre sarebbe stata gradita una cartina della Britannia, dato il complesso itinerario seguito da Libertus; e magari un riepilogo dei personaggi.
A Prisoner of Privilege, 2019
Libertus è ormai legato al ruolo politico di duumvir, che lo impegna e gli suscita invidie e gelosie: di qui il senso del titolo. Ha avuto dal patronus Marco (in “dono” provvisorio) un appartamento a Glevum per poter partecipare alle riunioni: ma il patronus gli chiede di metterlo a disposizione di un suo parente, ex pretoriano, che sta per giungere a Glevum come inviato di Settimio Severo per controllare presunte irregolarità: Marco non si sente di ospitarlo a casa sua perché teme che il figlioletto si lasci sfuggire qualche frase ascoltata ai banchetti e non proprio fedele al nuovo imperatore. Avvengono però morti misteriose: un cambiavalute, apparentemente morto per una caduta alle terme ma in realtà drogato da un presunto medico e poi soffocato; il suo vecchio schiavo, forse ucciso da Druidi ribelli; in seguito lo stesso inviato dell’imperatore e il suo schiavo. Libertus si trova ad essere implicato in queste morti e accusato ufficialmente da un politico suo rivale con l’appoggio dell’apprendista del cambiavalute. Mentre lotta per resistere agli effetti di una droga che lo stordisce, Libertus tenta di imbastire un’accusa contro uno schiavo da poco acquisito e alcuni importatori disonesti, ma fortunatamente riesce a individuare i veri colpevoli. Nuovamente il tema della schiavitù tende a prevalere. Per il resto l’ambientazione molto ristretta rende un po’ monotona la serie.