Home Letture del Sabato Sabato di Zetesis 25 novembre 2023

Sabato di Zetesis 25 novembre 2023

by Mariapina Dragonetti

Resoconto

a cura della Redazione

Ricordiamo anzitutto che i due precedenti resoconti sono stati posti sul sito. Inoltre rileviamo che nel leggere e commentare la favola di Amore e Psiche ci siamo soffermati soprattutto sull’aspetto folklorico e su quello filosofico, finendo per trascurare quello misterico, anche se nel primo Sabato  avevamo notato che la favola è strettamente collegata all’insieme del romanzo, le vicende di Psiche a quelle di Lucio, e che anzi leggendo la favola era possibile comprendere meglio il senso dell’opera. Si suggerisce quindi di far particolare attenzione all’ultima delle prove imposte da Venere a Psiche, perché la discesa agli inferi e il sonno simile a morte richiamano l’iniziazione misterica.

Uno di noi legge XI, 1

– dalla lettura (sono presenti diverse edizioni dell’opera), dalle note e  dall’apparato rileviamo una questione testuale.  Il testo tràdito ha prima alacer e poi laetus et alacer. Il Leo ha espunto quest’ultima coppia di parole, considerando laetus in contrasto con lacrimoso. Un altro editore ha integrato laetus et  prima del precedente alacer.

– l’edizione del Corpus Paravianum conserva il testo tràdito, probabilmente a ragione: laetus è parola frequente nel linguaggio dell’opera, indicando sempre una situazione positiva connessa con la divinità, come abbiamo notato in precedenza; la preghiera può essere accompagnata sia da questa certezza positiva, sia da lacrime di pentimento e commozione.

– perché pavore?  
– è una sensazione di timore dovuta alla percezione della presenza divina.
– qualcosa come l’horror che troviamo più avanti (horrenda Proserpina).

– opposizione fra luce e buio: candore nimio- opacae noctis.
– però l’appellativo di nox può essere formulare.
– caecae noctis ad esempio in Ovidio (Met. 6, 473).

– allitterazioni:  ad es. silentiosa secreta; praesentis deprecari.
il senso del suono evoca l’apparizione rituale.

– preverbo prae- : praemicantis, praecipua, praesentis, praecipue, praepotentem.
– in praemicantis il preverbo indica superiorità ma anche vicinanza: ‘splendente più del solito, splendente di fronte a me’.
– in praesens  la vicinanza ma anche la protezione. Il dio presente è il dio che assiste: aderit vocatus Apollo (Aen. 3, 395)
prae- è segno di una potenza che si percepisce: certus … deam  praecipua maiestate pollere.

summatem è aggettivo maschile e femminile.

specimen indica qualcosa di visibile.

– nel De deo Socratis Apuleio dedica alla luna un’ampia descrizione (I, 3-4), con particolare attenzione alle fasi (suis auctibus ac dehinc paribus dispendiis)  come qui incrementis –detrimentis. 

– compare qui providentia che sarà fondamentale anche in seguito; come nel greco πρόνοια il preverbo significa ‘davanti’  e  ‘a favore’. Allitterazione coi prae-
– providentia è contrapposta a fato, che ha senso negativo ed equivale in quest’epoca a fortuna.

– tornando alla descrizione iniziale noto che la luna sorge dal mare come Venere.
– tutta la descrizione dell’esito della comparsa della dea richiama il proemio di Lucrezio: ci vorrebbe un controllo puntuale delle occorrenze.

– che complementi sono incrementis e detrimentis?
– ablativi strumentali, causa, mezzo, causa efficiente, circostanza.

– perché le fasi della luna  provocano crescita e diminuzione nella natura?
– in effetti oltre alle maree l’influsso della luna si nota in molti aspetti della vita, come il ciclo femminile.
– in Hor. Carm. 4, 7, 13 il passare del tempo e il ciclo delle stagioni modificano negativamente la natura, ma la luna col suo rapido moto permette il  rinnovamento, la rinascita (che all’uomo solo è preclusa): damna tamen tamen celeres reparant caelestia lunae.
– in ogni caso tutto questo lungo periodo coi suoi ritmi crea suggestione. 

fato…meis tot tantisque cladibus satiato ricorda Aesch. Sept. 959-60: δυοῖν κρατήσας ἔληξε δαίμων. 

– il numero 7 per i pitagorici è perfetto perché è senza madre e vergine, in quanto non è generato (è un numero primo, non deriva da moltiplicazione) né genera (non entra in una moltiplicazione all’interno della decina). Corrisponde al numero dei pianeti.
– per la cabala è perfetto in quanto somma di 3-1-3, principio e fine uguali e mezzo che li collega.

– mi sarei aspettato un tipico ‘notturno’, ma qui la natura intorno non dorme, ma è governata dalla luna / dea.

Leggiamo XI, 2

– suggestioni: Regina caeli laetare
                       Rerum exordiis (Lucrezio )
– Regina caeli  richiama la dea celeste importata a Roma da Cartagine dopo la seconda guerra punica: cfr. Venerem caelitem in Apologia, 12.
– fra le diverse ipostasi della dea troviamo Venere onorata a Pafo. Questa località dell’isola di Cipro, colonia fenicia, onorava la dea Tanit o Astarte, identificata con Venere.
– manca in questo contesto l’ipostasi guerriera. E manca Iside, che si autopresenterà nella teofania.
– non si tratta di sincretismo, ma di enoteismo.

– la diversa punteggiatura comporta una differente interpretazione di quoquo nomine, quoquo ritu, quaqua facie. Se con lumina termina la frase precedente, questa triplice relativa dipende dai vocativi successivi, cioè dalla preghiera: indica cioè la liceità (fas) della formula di preghiera, perché sia valida. Se invece la frase precedente prosegue fino a invocare, si tratta della sintesi riassuntiva delle diverse ipostasi.
– ma in questo caso non si spiega il fas.

– tricolon nomine ritu facie.

– importanza del conoscere il nome: il nome è magico e legato all’identità.

– importanza dei luoghi per le tradizioni locali: così in Esiodo (Theog. 53 segg.) le Muse sono collegate a diversi luoghi.

– in Aesch.  Ag. 160 segg. troviamo Ζεύς, ὅστις ποτ᾿ἐστίν, εἰ τοδ᾿αὐτῷ / φίλον κεκλημένῳ, / τοῦτό νιν προσεννέπω.  Il Coro usa il nome tradizionale di un dio considerato unico, nell’ipotesi che il nome sia gradito al dio.
–  in Od. 6, 149 segg. Odisseo si rivolge a Nausicaa tenendo conto della possibilità che sia donna o dea: chiunque sia è degna di onore (γονοῦμαί σε, ἄνασσα).
– in Eur. Tr. 884 Ecuba invoca la divinità δυστόπαστος, ‘difficile da congetturare’, come Zeus, o ἀνάγκη φύσεος  εἴτε νοῦς βροτῶν. Non si tratta qui di diverse ipostasi o diversi nomi, ma di un sincretismo fra religione  e teorie scientifiche, di cui l’interlocutore di scandalizza.

exanclatis significa “esauriti, esausti” e fa riferimento all’acqua di sentina che viene pompata fuori: metafora marinara che ritroviamo all’inizio del 15.

– v. Alceo, 326 LP, 6: πὲρ μὲν γὰρ ἄντλος ἰστοπέδαν ἔχει.  V. Quintiliano, 1, 6 segg., per le parole arcaiche.  

– mi piace molto la preghiera Redde me meo Lucio.

Inevitabilmente siamo andati un po’ oltre il passo letto.

– all’inizio del 3 Lucio sta per riaddormentarsi, quando appare la dea. E’ un sogno o una visione?
– dopo aver confermato le diverse ipostasi, Iside si rivela: appellant vero nomine reginam Isidem.

– suggestioni: apparizione della Madonna di Guadalupe (somiglianza nella descrizione)
                      apparizione di Maria a Lourdes: “Que soy era Immaculada Councepciou”.   
                      “Io sono Colui che sono” nell’Antico Testamento.

Leggiamo XI, 15

– ritorna exanclatis all’interno di un’ampia metafora marinara.

Fortuna, Quietis e Misericordiae sono tutte maiuscole, quindi personificate o divinizzate.
– in particolare  Misericordia ha un altare.
– la parola in ambito pagano ha in genere senso negativo (come ἔλεος): una passione che turba, un sentimento debole. Siamo di fronte ad una nuova sensibilità, forse d’influsso cristiano?
– in Elio Aristide troviamo πρόνοια, τύχη, ἠσυχία, non ἔλεος.

– la liberazione di Lucio richiama la rigenerazione di figure maschili in rapporto con una dea: Attis con Cibele, Osiride con Iside.
– Iside è contrapposta a Fortuna, il servitium alla dea dà riscatto e libertà.
– Iside è Fortuna videns, che illumina tutti gli dèi.
– come mai questa preminenza  sugli altri dèi?

– sembra trasformarli tutti rendendoli capaci di vedere.
– nell’Edipo Re Edipo si proclama ‘figlio della τύχη’ proprio quando meno vede la verità su di sé.
– la Fortuna nefaria ha però condotto senza avvedersene Lucio ad istam religiosam beatitudinem.

inprovida (nominativo o ablativo con malitia) significa ‘senza vedere, senza prevedere’. Ma si rileva l’opposizione a providentia, che prevede ma anche provvede.

sospitator è conio di Apuleio in alternativa a servator o salvator (in Giovenco). Qui è al femminile sospitatricis.

– il sacerdore dice che nobilitas dignitas e doctrina non hanno salvato  Lucio: richiama di nuovo Hor. Carm. 4, 7: non Torquate, genus, non te facundia, non te / restituet pietas. Lo status sociale e la cultura (che anche per Lucio implica facundia) sono insufficienti. Ma Orazio aggiunge come insufficiente anche la  pietas: infatti la pietas di Ippolito non ottiene l’intervento della sua dea.
– nel discorso del sacerdote non compare pietas e nel prosieguo del libro non compare se non al genitivo in riferimento ad oggetti di culto, nel senso di ‘devozionale’. Quello che salva non è il sentimento religioso, ma la grazia divina e la religio, cioè il servizio alla dea. .

– suggestione: inovanti gradu ricorda l’Adeste fideles.