Mozione approvata dalla Redazione della Rivista Zetesis
a cura della Redazione
La Redazione e i collaboratori di Zetesis, Rivista di cultura classica, riunitisi il 26/02/05 per esaminare la bozza di decreto attuativo della legge 28/3/03 n. 53 relativa alla scuola secondaria di II grado, desiderano esporre le seguenti considerazioni:
1.
L’impostazione prevista per i percorsi liceali è essenzialmente piramidale: molte materie all’inizio, poche e professionalizzanti nell’anno finale. Invece l’impostazione di scuole destinate alla prosecuzione universitaria, e soprattutto di scuole non nettamente caratterizzate come i licei classici e scientifici, dovrebbe essere fondata su poche materie di base all’inizio, e su un ampio ventaglio orientativo alla fine. Come non accorgersi che le scelte universitarie si indirizzano da sempre verso una vasta pluralità di opzioni? Una classe di liceo classico ha attualmente un elevato numero di futuri ingegneri, fisici, chimici (o di nuove professioni del settore); una classe di liceo scientifico indirizza spesso a lettere moderne, o a scienze della comunicazione, o studi simili. Non crediamo si tratti di vocazioni sbagliate o tardive: caratteristica dei licei è di fornire una preparazione di base ampia e metodologicamente fondata, così da aprire ad ogni scelta. Così com’è concepito, invece, l’anno terminale è peggio che inutile.
2.
Il primo anno delle superiori è sempre più un anno difficile, con giovani studenti incapaci di ascoltare, studiare e memorizzare: ridurre l’insegnamento di italiano, latino e inglese (e rendere sostanzialmente confuso l’impianto scolastico nel suo complesso, per un affollarsi incongruente di materie giustapposte senza un criterio) pesa non solo sulle tre lingue, ma su tutto il percorso formativo successivo. L’aver anticipato ore di materie scientifiche non farà che rendere più precario l’apprendimento, senza che si possa prevedere un reale aumento di conoscenze in ambito scientifico, considerata la successiva riduzione di queste stesse materie negli anni successivi.
3.
Non si capisce in particolare perché, dopo aver tanto insistito sull’importanza dell’inglese, se ne siano ridotte le ore. Non è che imparando eventualmente un’altra lingua si sappia meglio quella ridotta: non se ne sapranno due. Al contrario, andrebbe esaminata (ed eventualmente valorizzata) la via percorsa da molte scuole: una lingua curricolare, e un ventaglio di lingue extracurricolari, con eventuale certificazione esterna ma senza obbligo per tutti e senza incidenza sulla pagella: l’esperienza di questi corsi mostra che funzionano, perché frequentati da studenti motivati.
4. Il sistema delle ore opzionali appare estremamente confuso, poiché rischia questa alternativa:
a. di ricreare le scuole attuali reinserendo le ore perdute;
b. di trasformare le scuole in mercati sulla base non della serietà dello studio ma di quelle poche ore in più.
Pertanto, mentre esprimono un giudizio di sostanziale perplessità sul progetto di riforma, il cui impianto generale non sembra discostarsi più che tanto dalla velleitaria e confusa progettualità della linea berlingueriana, da cui l’attuale governo all’inizio della legislatura aveva coraggiosamente e meritoriamente voluto prendere le distanze, auspicano che nella versione finale e definitiva del decreto attuativo si tenga conto di queste osservazioni, nate da una ormai lunga esperienza sul campo e da un’attività di insegnamento e di contatto con la realtà scolastica in tutti i suoi aspetti, e che si eliminino le più vistose incoerenze del progetto attualmente in discussione, da cui rischia di discendere un impianto di scuola superiore debole sotto molti aspetti.
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Aggiungiamo per completezza che preoccupazioni analoghe alle nostre sono state manifestate anche da altre associazioni che si occupano di problemi scolastici o di cultura classica.
Il CNADSI (Comitato Nazionale Associazione Difesa Scuola Italiana) ha diffuso un “accorato appello” in cui fra l’altro “esprime la propria delusione per i difetti contenuti nel testo e il più netto dissenso da ipolesi normative che, se approvate, avrebbero conseguenze estremamente pericolose − forse non sufficientemente valutate sullo spessore culturale e sulla sopravvivenza stessa soprattutto dei Licei Classico e Scientifico” e osserva che “privare il quinto anno del liceo classico dell’insegnamento della fisica e delle scienze naturali segnerebbe di fatto la ghettizzazione di tale liceo essendo impensabile che studenti intenzionati a frequentare facoltà scientifiche scelgano di iscriversi ad un percorso che li penalizzerebbe proprio nell’ultimo anno; inoltre un tale impoverimento snaturerebbe l’essenziale caratteristica del liceo classico in quanto percorso di studi mai strettamente specialistico, bensì finalizzato ad una formazione culturale di spessore, equilibrata e completa” e che “per ragioni analoghe appare ugualmente inaccettabile, perché dannosa alla serietà del percorso di studi, la riduzione del numero delle ore di italiano e di latino nel liceo classico e, ancora di più, l’eliminazione del latino dall’ultimo anno del liceo scientifico”. Pertanto si augura che “tali rilievi, in quanto provenienti da docenti con lunga esperienza di insegnamento nei licei, non vengano sottovalutati o sacrificati, per motivi politici, sull’altare dell’ideologia progressista, da sempre nemica acerrima degli studi liceali seri” (il testo completo dell’appello può essere letto sull’organo ufficiale dell’Associazione, La Voce del CNADSI, gennaio-febbraio 2005; ulteriori notizie sull’Associazione stessa nel sito www.cnadsi.it).
L’AICC (Associazione Italiana di Cultura Classica) ha approvato, al termine di un incontro svoltosi a Palermo il 14 novembre 2004, un documento in cui esprime “preoccupazione per le sorti del Liceo-Ginnasio Classico, che rischia di essere assimilato non solo ai Licei: Scientifico, Linguistico e Artistico, ma anche ai cosiddetti Licei: Economico, Musicale e Coreutico, Tecnologico e Delle Scienze Umane”. In particolare si dichiarano preoccupati perché, “relativamente al quinto anno, si profila l’ipotesi che non sia un vero completamento del quinquennio, ma assuma come primarie le funzioni che la legge riconosce come accessorie”, ritengono utile una diversificazione dei programmi delle materie comuni tenendo conto delle caratteristiche specifiche di ogni singolo corso di studi, chiedono che il quinquennio non “snaturi la fisionomia dell’attuale Ginnasio-Liceo, riconosciuto unanimemente, anche da recenti sondaggi, come la scuola più formativa ed aperta a qualunque scelta di studi universitari” e “affermano che sarebbe un errore se l’Italia, che vanta una sua collaudata formazione liceale classica, indulgesse, per scarsa lungimiranza, a mode didattiche transitorie o a deteriori modelli esterofili”.