La serie di Flavio Callido
Omicidi nell’urbe, la prima indagine del questore Flavio Callido, Piemme, Milano, 2018
Una new entry italiana è sempre benvenuta, soprattutto se sceglie l’età repubblicana e non quella imperiale, ormai sfruttatissima. Astori, un giovane giurista esperto di comunicazione, si mostra informato di fatti e istituzioni (anche di latino, non mi sembra ci siano errori) e vi costruisce una fiction. La storia riguarda la morte sanguinosa di alcuni esponenti della politica e religione: siamo nel 61, ancora recente è la congiura di Catilina mentre non dimenticata è la guerra civile fra Silla e Mario, con le terribili proscrizioni. Flavio è figlio di un seguace di Silla e ha militato con Pompeo che gli ha dato il soprannome di Callidus; ora ha iniziato il cursus honorum come questore. Incaricato di indagare sulle morti in continuo aumento, è accompagnato dall’amico G. Antonio, dal littore Censo e da un trio di donne: anche se finalizzata allo scioglimento finale, troviamo poco credibile la presenza nell’indagine di ciascuna delle tre (una in realtà è superflua, e il fatto che sia ermafrodita serve solo a dare colore alla storia). Anche gli improvvisi incontri sessuali in quel contesto non sono convincenti, così come le sfide di lotta in momenti non proprio opportuni: il protagonista vanta una carriera militare di tutto rispetto, ma sembra un po’ inesperto e molto giovane.
Lo scioglimento è sufficientemente giustificato dai fatti storici.
Omicidi nella domus, Piemme, Milano, 2018
Il secondo della serie, pubblicato a un mese di distanza dall’altro e ambientano nello stesso periodo. Sono stati scritti insieme? La scelta di chiamare primo l’uno e non l’altro sembra quasi casuale, soprattutto perché nel secondo non c’è alcuna traccia o ricordo delle terribili vicende del primo, pure pochissimo precedente nel tempo della fiction.
Anche la vicenda è molto meno elaborata, con un riferimento storico ricordato nella postfazione ma francamente irreperibile nei canali sia scientifici sia mediatici. Il libro inizia con la morte della seconda moglie di L. Calpurnio Bestia, apparentemente d’infarto in seguito alla paura di un incendio. Il fatto avviene nella casa di campagna del padre di Flavio, dove era ospite Calpurnio con la moglie, i due figli, uno dei quali appena adottato, e la suocera; inoltre l’ex console L. Murena con la sorella, la figlia di Silla Fausta e una presunta aruspice, Lucusta. Flavio, giuntoci con L.Antonio per salutare il padre, si trova di fronte a un caso da risolvere, con accuse incrociate, litigi e adescamenti femminili. Inoltre viene a sapere che una giovane schiava è appena stata trovata morta e uno schiavo è scomparso. Non un bel luogo di riposo né una bella compagnia di ospiti, anche perché un figlio di Calpurnio pare dedito all’uccisione di montoni, cavalli, forse topi, e lo stesso Bestia subisce un assalto per strada, piuttosto mal congegnato. La soluzione è raggiunta in base ad alcune osservazioni e intuizioni, ma il plot è abbastanza noioso. L’epilogo porta avanti di alcuni anni, al processo de ambitu in cui Bestia fu effettivamente difeso da Cicerone: un legame storico che serve a suscitare un commento amaro sull’inutilità delle indagini.
Un appunto: dopo la corretta informazione dell’altro libro è stupefacente che nel 61 Catone sia più volte definito l’Uticense!